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Facciamo il punto della situazione sul caso #Ferraz

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Sentivamo la necessità dell'ennesimo post su Chiara Ferragni? Avevamo bisogno di altri aggiornamenti sulla coppia del momento, ovvero i Ferraz, ovvero Chiara Ferragni e Fedez? Forse, anzi, molto probabilmente no, ma 'sta storia mi sta divertendo troppo e quindi adesso vi beccate il mega recap sul caso più chiacchierato su Snapchat di questi giorni.






Forse, a causa della recente, e inaspettata, rottura tra Brad Pitt e Angelina Jolie, ci sentiamo tutti un po' orfani di amore, di sentimenti spontanei e di scatti rubati a un appuntamento romantico al chiaro di Luna. Ecco, forse proprio perché poveri di storie passionali e appassionate ci siamo buttati a capofitto nella storia d'amore più screenshottata del momento, ovvero quella tra il rapper Fedez e la fashion blogger ChiaraFerragni

Galeotto fu non si sa bene cosa – forse Chiara e Fedez già si conoscevamo da tempo e stavano covando il loro amore segretamente, fatto sta che la storia tra i due personaggi sembra essere arrivata a un punto decisivo. E quindi sì, amici, smettete di chiedermelo esterrefatte: Chiara Ferragni e Fedez sono ufficialmente fidanzati. 

Perché lo so? Perché sono così informata? Semplice: negli ultimi due giorni sono stata inondata, assalita, tempestata in tutti i luoghi, in tutti i laghi, da ogni tipo di informazione, screenshot, rumors e documenti ufficiali riguardanti il caso #Ferraz. Dunque, oltre a essere super aggiornata sulla questione, ormai sento anche un certo obbligo verso tutti i fedelissimi che mi hanno eletta come loro confidente personale per discutere la faccenda. Anzi, colgo l'occasione per ringraziare tutti voi che mi state inviando il materiale, vvb non smettete mai.

Dunque, come neo eletta Regina del Gossip, mi sento in dovere di fare chiarezza sulla storia d'amorahah… tra Chiarona e Federico Lucia e rispondere ad alcune domande. Iniziamo.



Come ogni storia d'amore che si rispetti, anche quella tra Chiarona e Fedez è iniziata con un articolo esclusivo su Chi, il settimanale di gossip diretto da Alfonso Signorini. Il servizio immortala e getta in pasto ai lettori affamati di pettegolezzi la coppia paparazzata mentre è intenta in uno spontaneissimo brindisi, più altri scatti in bassissima risoluzione che farebbero intendere che i due abbiano passato la notte insieme. 

E da qui è stato tutto un susseguirsi di interrogativi e corse a spiare i due piccioncini. E, soprattutto, le prime conclusioni a riguardo.

Premetto che quel servizio di Chi mi sembra autentico come quello che mostrò Chiarona come mamma l'ha fatta, ovvero in un topless mingherlino mentre amoreggiava col suo Richie su una spiaggia paradisiaca. Certo, niente di preparato, nessuna posa plastica, nessun tentativo di conquistare il pubblico medio italiano nel più misero dei modi, qui siamo tutti stupidi, cresciuti a pane e salame sugli occhi, credeteci, certo.

Dunque, partendo da questi presupposti, io, personalmente, ho etichettato subito la notizia come un tentativo imbarazzante di catturare non so quale fetta di pubblico italiano. 

E qui altri interrogativi: Perché mettere in scena questa storiella? Perché Chiara Ferragni ha bisogno di simili stratagemmi? Perché Fedez non si accontenta di X Factor e ci lascia in pace? Perché? Signori, perché? Svariate ipotesi mi hanno offuscato la mente.
  1. Chiara Ferragni ha bisogno, per qualche oscuro motivo, di accattivarsi il pubblico medio italiano, assiduo lettore di giornali scandalistici, fetta di mercato che evidentemente gli sfugge;
  2. Fedez ha bisogno di una fidanzata come George Clooney aveva bisogno di una moglie per il bene della sua immagine. Ipotesi supportata dal fatto che negli ultimi mesi Fedez ha fatto sfoggio delle sue fiamme,: dopo la rottura con Giulia Valentina, il rapper ha avuto una relazione con la dj di cui non ricordo il nome, quella australiana (?) con i capelli turchesi e con una youtuber di cui ho scoperto l'esistenza solo ieri l'altro, una certa Greta Menchi– "Chi è Greta Menchi?" [cit.]. Dunque, Fedez è in cerca di una donna che possa spalleggiarlo adeguatamente nel suo personaggio pubblico.



Poi sono arrivati i primi rumors da fonti attendibili e, soprattutto, i primi video insieme su Snapchat e le fotine su Instagram. La situazione allora si fa seria e urge capire dove cazzo vogliono andare a parare questi due.

E qui i primissimi tremendi sospetti: 

NON È CHE ADESSO LA CHIARONA SE NE ESCE CON UN DEBUTTO COME CANTANTE RAP?! Panico, ansia, terrore, brividi lungo la schiena. Già immaginavo un nuovo singolo di Rovazzi feat. Lil Kiara intitolato "Vorrei Ma Non Lo Indosso"

Oppure, sospetto sempre tremendo, ma non paragonabile al primo: 

NON È CHE ADESSO LUI SE NE ESCE CON UNA LINEA D'ABBIGLIAMENTO COME TUTTI I RAPPER AMERICANI?! Una capsule collection di t-shirts e sneakers Fedez X Chiara Ferragni Collection? O, peggio, un suo omonimo sporty brand dal piglio urban, con uno spirito street, ma che soddisfa le esigenze di una donna rock contemporanea, ma anche un po' romantica, che ruba i jeans dall'armadio del suo lui? 

Alzo le mani e mi arrendo a capire.


E poi la svolta: inizio a seguire Fedez su Snapchat – la Ferragni già la seguivo – e inizio a stalkerare i due innamorati anche sulle loro Instagram Stories. Mi consola il fatto che, stando a quello che molti, molti, molti di voi mi hanno scritto, quel giorno non sono stata l'unica a iniziare a followarli. Anzi, è come se tutti noi fossimo stati colti improvvisamente da un'epidemia virale che ci ha fatto seguire in massa chi la Ferragni, chi Fedez (alzo la mano colpevole) e chi entrambi. 


A questo punto dobbiamo ammettere: Ferraz 1 – Noi 0

Ma ormai è troppo tardi: gli snaps di coppia di susseguono freneticamente, scatti rubati, voci fuoricampo nei video che alimentano i rumors, e poi lui che vola a Parigi, lei a cena con un misterioso cavaliere di cui fa vedere solo la mano, poi di nuovo lui nell'appartamento di lei, lo snap col maxi colbacco di Louis Vuitton di Chiara (prendiamo fiato) e poi boom… la foto di coppia su Instagram, il karaoke in macchina dopo un party troppomoda, il pranzo insieme il bomber di Vetements indossato da lui sotto consiglio di lei e così via in un turbinio di immagini strappate alla quotidianità della coppia.

Quel che è certo è che i due stanno guadagnando in visibilità, followers e, almeno lei, in simpatia, che da questa storia ne esce più umana, una di noi, una che sotto una foto del cazzo su Instagram scrive una frase sdolcinata a un "Tu" etereo di cui vorrebbe urlare il nome, ma preferisce frenare il suo amore – alzi la mano chi non l'ha mai fatto perché non ci credo.


Come se non bastasse, ciliegina sulla torta, arriva il colpo di classe del maestro Fedez: durante una sua performance in TV, nel momento in cui canta il verso "Il cane di Chiara Ferragni ha il papillon di Vuitton", il rapper mostra alla telecamera un biglietto su cui c'è disegnato sopra un bel cuore rosso. Top del top. Il fatto è talmente imbarazzante e plateale da risultare quasi sincero. Come quando hai quindici anni e sei innamorato e vuoi dirlo a tutti, anche a costo della dignità. Eppure, il fantasma della messa in scena pubblicitaria è sempre lì che aleggia sulla coppia.



Poi arriva il turno delle frecciatine sui social, in primis quelli della (presunta?) ex Greta Menchi, la già citata prima e che ribadisco "Chi è Greta Menchi?" [cit.]. Ma non tardano ad arrivare anche i primi commenti da bimbaminkia della Chiarona sotto le foto lui #unadinoi #laccettiamounadinoi.



Il dubbio persiste: o sono molto bravi e geni del marketing, sono solo molto stupidi. Mistero.


E poi ieri sera arriva la bomba, la svolta definitiva: Chi tira fuori un nuovo servizio fotografico esclusivo che becca la coppia nientepopodimenoche mentre limona con aggiunta di dichiarazione ufficiale della Ferragni che ammette ufficialmente il fidanzamento col rapper. 


Baaamè fatta! Fan di Fedez mettetevi l'anima in pace, perché sì, le fashion blogger adesso rubano anche i rapper. 

Ovviamente i più attenti, che hanno studiato bene la situazione, fanno notare che lui non è più a Parigi da qualche giorno, che lei negli snaps non indossava quegli abiti, che è impensabile indossare le maniche corte di questi tempi a Parigi, ecc ecc… Che siano foto di un unico servizio fatte uscire in un secondo momento per aumentare le vendite e alimentare il chiacchiericcio? Probabile, in fondo anche Signorini doveva guadagnarci qualcosa da questa storia.


Che pensare di tutto questo? C'è chi dice che i loro sentimenti siano reali, chi invece continua a vedere questa storia come l'ennesima trovata pubblicitaria. Sì, pubblicitaria, ma per cosa? Ok, accaparriamoci l'interesse del pubblico italiano medio, ma perché? Perché, qualcuno me lo dica o impazzisco, perché?
Non mi meraviglierei se a breve uscisse una qualche collaborazione lavorativa della coppia che spiegherebbe tutto questo chiacchiericcio intorno a loro. All'ipotesi di un qualche singolo rap di lei, invece, preferisco non pensarci più, ma, attenzione, è sempre lì in agguato che si nasconde dietro l'angolo del"e se poi facesse…"

Nel mentre che attendiamo la loro prossima mossa, accettiamo il fatto che Chiarona Ferragni e Fedez sono ufficialmente una coppia. E forse, sotto sotto, anche ci piace questa storia, perché anche noi, adesso, abbiamo finalmente i nostri Drake e Rihanna del Lidl di cui parlare, su cui fantasticare romanzi d'amore o su cui sputare un po' di veleno per sentirsi delle persone migliori. 

Alla fine anch'io accetto la coppia, mi arrendo, spio gli innamorati dalle loro Instagram Stories e un po' me ne dispiaccio perché il format "Fashion Blogger fidanzata con Rapper" avrei voluto lanciarlo io. Li mortaccia tua, Chiara, sempre un passo avanti a tutte. 


Cecilia

Parliamo del Piumino

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La scorsa settimana sono andata qualche giorno a Londra per far visita a una mia amica. Passeggiando per la città, facevamo a gara a chi indovinava quali passanti erano italiani prima che dicessero qualcosa. Ok, giochino vagamente arrogante, lo ammetto. Poi la mia amica mi ha confessato un terribile trucco per riconoscere l'Italiano Medio all'Estero: "allora, ho notato che la maggior parte degli italiani, soprattutto i turisti, indossano il piumino".

CAZZO QUANTO È VERO

Sì, amici, noi italiani, all'estero, siamo "quelli col piumino"


Una volta tornata a casa, in Italia, ho portato avanti questa interessante teoria e, guardandomi intorno, mi sono accorta che i Piumini sono ovunque. Breve, e forse stupido, parallelismo: a Londra la ragazza media indossa il cappotto. Ok, ci sono le fighe col bomber all'ultima moda, quelle col chiodo, quelle con la giacca a vento che sembra uscita da un cassonetto della Caritas. Ma, in linea generale, la ragazza londinese indossa il cappotto. Anche il ragazzo, tendenzialmente opta per il capospalla, magari alternandolo con una giacca sportiva dal materiale tech o roba tipo Barbourche spacca il culo, solo noi non lo abbiamo ancora capito
Da noi no. La ragazza media indossa il piumino. Il ragazzo medio indossa il piumino. Attillato, over-size, stretto in vita o lungo fino alle caviglie, con o senza impunture, coloratissimo o nero, con cappuccio oppure senza, col pellicciotto o no. Piumini in ogni modi, per ogni occasioni, per ogni esigenza e gusto personale. 

Penso che non ci sia nessun altro luogo al mondo che utilizzi con simile frequenza e passione questo tipo di indumento. Ognuno di noi ha posseduto, almeno una volta nella vita, un piumino – io ne avevo uno della Onyx blu scuro. Ognuno di noi ha indossato, almeno una volta nella vita, un piumino. E ognuno di noi conosce almeno due persone che indossano regolarmente il piumino. È la legge della moda media italiana, non si cappa.

Riconosco che l'uso del Piumino – che da ora in poi chiameremo nel più glamorous Puffer Jacket per darci un tono e farci illudere di star affrontando un argomento molto serio – attinge alla subcultura italiana dei Paninari, movimento giovanile nato a Milano negli anni Ottanta e caratterizzato dalla passione per le griffe di lusso dei suoi membri. Nel dresscode del vero Paninaro troviamo il Piumino, vero must-have per appartenere alla gruppo.



Capisco anche che ci sono state recenti fenomeni pope di costume che hanno riportato il Puffer Jacket sotto una luce diversa. Vedi i giaglioncelli napoletani di Gomorra che, con i loro Piumini smanicati, hanno dato una nuova immagine a questo infausto capo d'abbigliamento. 

[ inserite immagine a caso dei ragazzini di Gomorra che io non posso farlo perché devo ancora finire la seconda stagione e ho paura di spoilerarmi qualcosa ]


Ma prendiamo anche l'esempio della nuovissima scena trap italiana che fa largo uso di queste giacche, in particolare il fronte romano capitanato dalla Dark Polo Gang– e se non sapete di cosa sto parlando vuol dire che siete troppo vecchi o indifferenti alla tendenze giovanili, quindi correte a documentarvi. 
I loro piumini della Stone Island hanno dato nuova linfa vitale a questo capospalla, donandogli una fighezza, una coolness, una urban attitude degna di Highsnobiety.com che non gli si addiceva da molto, molto tempo. 



Quindi, capisco come il Piumino possa non fare schifo e tanto meno adesso, in questo preciso momento storico. Ok, capisco tutto. Accettiamo il fatto che il Puffer Jacket sia una piaga della Moda Media Italiana che non possiamo eliminare, ma che dobbiamo accettare come il nostro peggior compagno di banco alle elementari. 

Ok, lo accettiamo.


Tuttavia, se Gomorra e la DPG avevano già abbastanza rivoluzionato le carte in tavola, un altro fattore rilevante si è imposto sullo scacchiere delle tendenze di merda per scombinare i nostri giudizi. Sto parlando proprio di lei, sempre lei, sempre quella stramaledetta #TroppoModa che ci fa piacere il beige, le felpe, le zeppe a carro armato e il cappello di Zio Misseri. E anche questa volta, la #TroppoModa ci ha messo lo zampino.

Via non l'RVM


Acne Studio; Carven



Marques'Almeida; Yeezy


Raf Simons




E poi lui, la causa di tutti i nostri mali: il maxi-piumino rosso di Balenciaga– che cela sempre quel maledetto che ci fa piacere le cos più brutte del mondo, ovvero Demna Gvasalia.


Bello, bellissimo, farei pazzie per averlo. Eppure, è solo un brutto, banale piumino rosso fuori taglia che chiunque al Luna del paesello avrebbe indossato nel 1999 alla pista delle macchine a scontro.

Cosa sta succedendo? Il Piumino sta diventando il nuovo must-have di stagione? Sì.
Questa tendenza era nell'aria già da un po' e, dopo la moda sporty, le sneakers, i Nineties e le felpe, il Puffer Jacket sembra essere l'ovvio continuo. 


Dunque, la storia si ribalta a favore dell'Italiano Medio, a favore dei ragazzini tamarri delle vostre periferie, a favore dei trentacinquenni nostalgici che ancora ascoltano in macchina Gigi D'Agostino a tutto volume. La moda si sta schierando dalla parte di tutti noi italiani che nel Piumino abbiamo sempre creduto.
È il nostro momento, possiamo volare alle stelle dalle stalle, possiamo diventare i nuovi pionieri della prossima tendenza streetwear, indossando a testa alta il Piumino, non più vergogna della moda nazionale, ma rinato baluardo dei trend mondiali. 

È l'ora di chiedere scusa a tutti voi, a tutti quelli che hanno sempre creduto nel Piumino, a tutti gli italiani a Londra. Da voi abbiamo molto da imparare nei prossimi sei mesi. È il vostro momento, è la vostra occasione di riscatto: brillate come non avete mai fatto, portate luce su tutti noi e nel mondo, divulgate il verbo del Piumino in ogni dove e godetevi questa meritata rivalsa finché siete in tempo.


Cecilia

SalvaSalvaSalvaSalva

365 giorni di amazing outfits troppomoda

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Mi hanno fatto notare che una Fashion Blogger, di norma, dovrebbe postare foto dei suoi outfits. Ora, su quanto io sia catalogabile come Fashion Blogger, potremmo parlarne per ore. Su quanto io sia credibile come Fashion Blogger, nutro seri dubbi. 
Tuttavia, ho un blog e, di tanto in tanto, mi diletto a scrivere cose che spesso riguardano il fantastico mondo glitterato della moda. 

Dunque, sono una Fashion Blogger. E, fino a prova contraria, tutti quelli che mi fanno notare che hey, dovresti mettere qualche foto di come ti vesti sul tuo blog non hanno tutti i torti.

Perché non faccio mai i cosiddetti outfits post?

Semplice: mi vesto un po' di merda. O meglio: non credo di avere uno stile degno di nota o meritevole di attenzioni sul Web. Ho pochi abiti, molti dei quali risalgono ai ruggenti primi anni di università che vorrei dimenticare di aver comprato, molti altri sono di Zara e la maggior parte sono acquisti da pochi euro ai mercatini dell'usato. In poche parole: mi vesto sempre uguale.

Ho altisonanti marche da sfoggiare?

Ovviamente no. A parte capi di Dolce&Gabbana, Yves Saint Laurent e Max Mara trovati casualmente in qualche banco vintage del mercato, nel mio guardaroba non spiccano felpe Vetements o scarpe Céline– ma non sono una umile ribelle controtendenza che vuole fare la pecora fuori dal gregge, no, sono solo povera. 

Chi mi fa le foto?

Non conosco nessun fotografo professionista – e, francamente, frega'ncazzo di avere delle foto in alta risoluzione scattate con una Nikon digitale – e non ho un fidanzato da schiavizzare. Perché vi sto dicendo questo? Perché volevo cogliere l'occasione per ringraziare amiche e, soprattutto, coinquiline pazienti che si prestano "spontaneamente" per fotografarmi. Grazie, quando sarà ricca e famosissima vi ringrazierò a dovere. 

Detto questo, potremmo partire – mamma che emozione, che ansia da prestazione – con le foto dei miei #amaaaazing #troppomoda looks. Ma, visto che non carico una mia foto in questa sede da, boh, secoli credo, mi pare giusto fare una giga-raccolta unica di tutti i miei outfits che vi siete persi negli ultimi dodici mesi – che si trovano sul mio Instagram, ve lo dico così, a titolo informativo.

Basta chiacchierare, ecco le foto.


Ottobre. Fare brutto in biblioteca


felpa: vintage; Jeans skinny nero: H&M; Stivali neri in pelle: boh, comprati in un negozio del mio paese; Voglia di studiare in biblioteca: poca.




Novembre. Fare brutto nei camerini.


Beanie: comprato dalla mamma; Felpa: Fruit of the Loom; Gonna in pelle nera: vintage; Sneakers: Nike; Cappotto in ecopelliccia: Zara Kids.



Marzo. Vorrei vivere in un film di Wes Craven. No, wait.


Maglione bianco: qualche banco dell'usato a caso; Blue Jeans: second-hand Dolce&Gabbana; Sneakers: Nike; Bellissssima carta da parati alle mie spalle: Pollaz.




Aprile. Finché vedo tutto viola rosa.


Maglia nera trasparente: vintage; Pantalone in cotone: Zara; Scarpe: un banco a caso del mercato; Giacca militare: vintage; Free drinks: saved my life.




Aprile. Feeling like Anna Wintour at Yeezy Season 3 show.


Bomber in seta: un colpo di fortuna a un banco dell'usato; Maglia a collo alto: bòh; Gonna nera: sempre banco dell'usato; Sneakers: Nike; Borsa: Furla "presa in prestito" da ormai sei anni dalla zia.




Aprile. Coachella.


Top: Onyx; Jeans skinny: sempre quello di H&M; Giacca di jeans: vintage.




Maggio. Quando mi chiedete cosa ne penso delle penne lisce.


Camicia bianca in seta: vintage; Gonna cotone: banchi dell'usato e fuori taglia; Borsa: la solita di Furla [vedi sopra]; Faccia imbarazzata dalla gente: molto spesso.




Giugno. Vuol dire che ho fatto schifo la sera prima.


Minidress nero: Zara; Giacca sportiva: Adidas; Sneakers: Nike; Stavo bene: non molto.




Giugno. Gobba.


Maglia a righe: trovata su Donna Moderna quindici anni fa giuro basta non la posso più vedere regalatemene una nuova per favore; Jeans: sempre quello di Dolce&Gabbana [vedi sopra]; Ballerine: distrutte, di H&M.




Giugno. Bellissima opera d'arte con quadro alle spalle.


Abito grigio di cui mi pento: Benetton; T-shirt bianca: boh; Casa molto figa: amica.




Luglio. If you can't have it, you can copiarlo.


T-shirt wannabe-Thrasher: DIY; Hot pants: DIY; Bandana: trovata in un cassetto di casa.




Agosto. "Mamma, mi scatti una foto?"


Maglia a righe: Viviana Mori; Hot pants: [vedi sopra]; Sneakers: Nike.




Agosto. I'm still, I'm still Cecilia from the block.


Maglia fake-Gucci: usato; Shorts: DIY; Favolose ciabattine rosse in spugna da nonna: orgogliosamente del mercato; Capelli di merda: molto spesso.




Settembre. Acting like you're on Festival del Cinema di Venezia red carpet.


Maxi camicia dress-like a right: vintage della mamma; Sneakers: Nike




Ottobre. Il sabato sera puzza di cibo cinese.


Dolcevita in lana: usato; Jeans: usato + customizzato da me; Sneakers: Nike; Location: Chinatown.




Ottobre. #SquadGoal


Felpa: Oysho; Gonna in finto cavallino: Zara; Stivali bellissimi che non ho comprato porca troia: Primark; Vecchietta che mi faceva un sacco di complimenti: bellissima.




Ottobre. Coccodrillo verde cucito sul petto, bbrrrrraah.


T-Shirt: Spalato Wyale; Hot pants in spugna; Adidas vintage; Cerchietto: miao.



Novembre. Posing like a random It girls from Grazia.it


Maglia rosa: usato; Boyfriend jeans: del fratello quando era ragazzino; Bomber-kimono: Kenzo X H&M – che non ho comprato.




Novembre. Thank you, Zara, for dressing me up like a chic bitch.


Maglia rosa: [vedi sopra]; Gonna effetto vernice; Zara; Stivali: Zara – gli ultimi due capi non sono stati acquistati dalla sottoscritta perché è una cogliona.



Novembre. Posing in my fav place in Bologna:bagni del Covo.


T-Shirt bianca: Spalato Wyale [vedi sopra]; Jeans: usato+ customizzato [vedi sopra]; Stivali neri in pelle: quelli di prima, comprati in un negozio a caso; Orecchini pacchiani: banco dei paki al mercato.



Conclusioni:

–  Perché non facciamo tornare di moda la Fruit of the Loom?
– Mi piacciono molto le scarpe della Nike, così, nel caso ci fosse qualcuno in ascolto che volesse regalarmene un paio.
– Sono una cogliona che non acquista e poi se ne pente.
– È una fortuna che io non abbia molto cash, altrimenti comprerei una sacco di cose orrende.
– Vado molto fiera del mio top della Onyx.
– Se qualcuno volesse regalarmi degli stivali a metà coscia, non sia timido e si faccia avanti.
– Se qualcuno volesse regalarmi dei vestiti, non abbia paura, mi contatti. 
– Forse, dopo anni di tentativi, ho finalmente trovato la mia "espressione da foto".



Cecilia 
SalvaSalva

Analisi di Rory Gilmore, una perfetta fallita.

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Arriva a grande, grandissima richiesta la mia personale recensione dell'ultima stagione di Una Mamma Per Amica: Di Nuovo Insieme

"E chi cazzo te l'ha chiesta?" penserete giustamente voi. Ebbene, visto che su Snapchat in molti – leggi "in molti" come "tre persone"– mi hanno chiesto la mia opinione sulle quattro puntate più chiacchierate della serie televisiva Gilmore Girls, bèh ecco, adesso ve la beccate qui.

Allora, visto che la storia di Una Mamma Per Amica la conosciamo bene tutti e penso che ormai l'ultima stazione sia stata vista da tutti quelli che erano interessati a farlo e che magari si trovano casualmente qui a leggere, se siete d'accordo, io salterei come un ninja tutti i preamboli formali del caso, per arrivare dritti dritti al cuore della discussione, ovvero Rory Gilmore.



[ SPOILER ALERT! ]



No, dai, ok, facciamo un brevissimo recap delle mie impressioni sull'ultima stagione di GG:

  • In linea generale, le quattro puntate mi sono piaciute.
  • La terza puntata fa cagare come poche altre cose mai viste. Cioè, la parte del musical qualcuno me la deve spiegare, perché venti minuti di scena totalmente inutile io proprio non me la spiego. Stessa cosa per la scenetta di Rory e Lorelai che girano tutto il paese per consegnare le copie della Gazzetta di Stars Hollow: dieci minuti abbondanti di nulla. In tutto, una buona mezz'ora sprecata in cui la mia coinquilina, per la disperazione, ha preferito mettere in ordine la propria camera, piuttosto che continuare a subire quel supplizio televisivo. 
  • La protagonista indiscussa è Emily. L'ho amata, mi ha fatto ridere, piangere, di nuovo ridere, rivelandosi un personaggio dinamico, che si è messo in gioco e ha saputo rivoluzionare tutta la sua vita #TeamEmily4ever.





















  • Siamo tutti d'accordo nel dire che Zach l'ha accusata male, vero? Cioè, quanto è invecchiato?!
  • Ho apprezzato moltissimo l'idea di mantenere viva la presenta del nonno Richard.
  • Sookie personaggio inutile e insopportabile potevamo benissimo farne a meno.
  • Jess muscoloso, oddio, non me lo aspettavo, lo preferivo mingherlino e ggiòvane.
  • La telefonata tra Lorelai e sua mamma mi ha fatto piangere come una disperata. E non ero nemmeno in preciclo.
  • Lorelaiè un altro punto dolente: è passa sempre da vittima, nonostante faccia sempre come le pare, senza tener presente le opinioni degli altri – vedi la storia con Luke, la decisione di non avere bambini, poi di averne e poi se ne va e poi torna e poi decide che si devono sposare e poi e poi… ok, ma Luke in tutto questo? –. Inoltre, non ho mai sopportato il suo atteggiamento nei confronti dei genitori: volendo fare la superiore, quella che sa vivere, quella che è scappata da una cella borghese fatta di etichette formali e regole di comportamento, alla fine i suoi pregiudizi contro i genitori sono allo stesso livello di quelli che lei ha sempre combattuto – o creduto di combattere – per una vita. Cioè, i tuoi genitori hanno un certo stile di vita? Ok, cazzo te ne frega, perché devi giudicarli per questo? Perché devi sfotterli o considerarli imbarazzanti, stupidi, bigotti e chi più ne ha più ne metta. Avete capito? Tuttavia, penso che Lorelai si porti dentro dei nodi allo stomaco, delle incomprensioni e delle situazioni mai chiarite– altro punto debole del telefilm: i personaggi non sanno comunicare –, frutto della sua vita familiare, che giustificano questi suoi atteggiamenti e quindi alla fine per me è ok– oppure sospetto sia Toro. Però, la richiesta di denaro alla mamma dopo che l'hai insultata, non si fa Lorelai, no no. 
  • E poi arriviamo a Rory.

Rory. Da dove cominciare con Rory? 
Premessa: io odio Rory. Ok, nelle prime stagioni, quando lei è una giovane ragazzina carina, ma determinata, intelligente e piena di interessi e passioni come tutte noi adolescenti, Rory ci piace. Rory ci piace molto, al punto di invidiarla, di voler essere come lei, soprattutto quando ha una storia con Jess, il tipico cattivo ragazzo che fa battere il cuore, quello di cui ti innamori, anche se sai benissimo che porterà solo del gran dolore. Jess il ragazzo che ti ruba un libro per scriverci sopra degli appunti personali sulla trama. Jess, insomma, il ragazzo che le tutte noi quindicenni hanno sognato di avere. E poi ascolta musica figa, ha una conoscenza cinematografica invidiabile, legge tantissimo e bla bla… insomma, la super-ragazzina che tutte noi sognavamo di essere.

Poi, però, questa teenager sopra le righe diventa grande e, sotto i suoi abiti bon ton e i capelli da brava ragazza, ecco comparire la vera persona che è. Non so a casa vostra, ma dalle mie parti le ragazze come Rory si chiamano "acque chete"– che, notoriamente, rompono i ponti. Ecco, Rory è la tipica ragazza tutta sorrisi e gentilezza che, però, ottiene sempre quello che vuole, che all'occorrenza risulta arrogante, egoista e ingrata. Aggiungerei anche viziata e che ha sempre sputato nel piatto dove ha abbondantemente mangiato per anni. Attenzione: non voglio dipingere Rory come un mostro, no, voglio solo dire che Rory è umana, ha dei difetti, sbaglia, commette degli errori e può risultare anche antipatica. Insomma, Rory è una di noi. Quello che condanno, invece, è l'immagine che il telefilm costruisce di lei, rendendola, agli occhi di tutti noi, una super-donna impeccabile, meritevole, benevola, spesso anche la povera, ingenua vittima di situazioni più grandi di lei. TUTTE STRONZATE. RORY È UMANA, È UNA COJONA, NON È PERFETTA.

Alcuni esempi: Rory scopa con Dean, felicemente sposato, distrugge un matrimonio, non ammette la sua colpa e, in tutto questo, lei è la vittima. Rory sbaglia, la madre giustamente la riprende, ma lei no, no, no, tu non mi capisci, tu hai fatto di peggio… e in tutto questo lei è la vittima. Rory lascia il college, se ne va di casa perché è incompresa dalla madre, non fa un cazzo nella sua vita, non lavora, manco cerca un'occupazione, viene accolta nella dependance della villa – povera stella – dei nonni ecc ecc… e in tutto questo lei è la vittima. Addirittura, accusa i nonni di averla assillata, soffocata, li offende e, una volta seppellita l'ascia di guerra con la madre, si rifiuta di volerli perdonare. E, ovviamente, la madre la supporta anche in questo caso. POVERA RORY UN CAZZO, DAI.

Siamo tutti d'accordo?

Bene, andiamo avanti. Le ultime puntate della serie, poche settimane fa, sono, secondo me, la ciliegina sulla torta della mia teoria su Rory Gilmore. Seguite il mio ragionamento.




Rory e la carriera. Ok, non è facile trovare lavoro, c'è la crisi e, si sa, il mondo del giornalismo è una giungla spietata in cui centinaia di speranzosi freelance perdono la vita. Ok. Ovviamente, però, anche in questa occasione Rory non si smentisce. Ha trentadue anni, ha scritto cinque articoli buoni e un breve pezzo per il The New York Time. Tuttavia, punta dritta a Condé Nast, non vuole sentire nient'altro, nemmeno il sito che la sta corteggiando da mesi. Ok. Ha un primo lavoro, la scrittura di una biografia. Però, non si trova con la sua datrice di lavoro e, stranamente, è colpa sua, di quella pazza, isterica, ubriacona che non capisce un cazzo. Certo, Rory. Ok, andiamo avanti. Trova un incarico niente meno che per GQ, un articolino di poca importanza, ma, hey! può essere un inizio, Rory. E invece no, si lamenta anche qui. Ok. Alla fine cede malvolentieri a incontrare la fondatrice del sito che la venerava. Ma è un disastro clamoroso. Perché? Bèh, perché Rory pensava di andare lì, parlare del suo cazzo di articolo per il The New York Time e avere il posto. E invece no, Rory, la vita non funziona così. Ha fatto scena muta, è stata imbarazzante, per niente brillante, eppure, indovinate di chi è la colpa? Della direttrice del sito, ovvio. CAZZO RORY PERFINO IO HO SCRITTO PIÙ ARTICOLI DI TE, SVEGLIA.




Rory e Logan. Io per sempre #TeamJess, però Logan è l'uomo maturo dei sogni. È l'uomo da sposare. E invece Rory lo molla proprio quando lui volava sposarla. Ok, Rory cinque alto, ti capisco, l'emancipazione femminile, la libertà della donna, la carriera prima di tutto. Grande, siamo sulla stessa lunghezza d'onda. Però poi cosa fai? Dopo quasi dieci anni dalla rottura della tua storia d'amore con Logan, scopriamo che continui a frequentarlo. Anzi, peggio: sei la sua amante. CAZZO RORY MA LA STORIA CON DEAN NON TI HA INSEGNATO NIENTE?! Ci racconti la storiella della donna indipendente ed emancipata, che è troppo impegnata col lavoro per avere una storia seria e quindi vuole solo una relazione aperta, part-time, certo Logan, sto da te solo nel weekend, non sono gelosa della tua ragazza – che tra poco sposerà, tra l'altro. Brava, Rory, ci avevo quasi creduto. E invece no. Rory è ancora innamorata di Logan e soffre come un cane a causa dell'impossibilità della relazione con lui. E chi è la povera vittima? Rory, ovvio. Io penso, invece, che sia stata una cojona LEVEL MAX, un po' come tutte noi, certo, però io non riesco a commuovermi nel vedere lei in lacrime pensando a Logan, scusatemi.




Rory e Lorelai. Potrei scrivere un trattato di cinquecento pagine sul rapporto tra Lorelai e Rory, il cuore di tutto il telefilm intorno cui girano tutte le intricate storie di Stars Hollow. Ma non lo farò. Mi limiterò ad analizzare solo una cosa dell'ultima stagione: il libro di Rory. Allora, a parte il fatto che doveva arrivare Jess a dare l'idea del libro a Rory. Cioè, ma che senso ha? A parte questo dettaglio, sull'argomento "libro" Rory ha toccato il fondo. Allora, tua madre, di cui tu conosci benissimo la storia e la vita personale, dice ragionevolmente no al fatto che tu scriva un libro su di lei. E cosa fa Rory? Si incazza, ovvio. E qui io la prenderei a calci nei denti. Cioè, ma cazzo Rory TUA MADRE, LA DONNA CHE TI HA SEMPRE DIFESA, CHE TI HA DATO TUTTO, CHE È PIÙ DI UNA SEMPLICE MADRE, INSOMMA LA DONNA CHE È TUTTO PER TE, TI DICE NO, PUNTO, BASTA, CAMBIA IDEA. Ma lei no, è la vittima, è offesa, la madre non capisce e bla bla bla… NO RORY, SEI TU CHE NON CAPISCI UN CAZZO. Tra l'altro, visto che sei così brava, potresti benissimo trovare un'altra buona idea e invece no. Inutile dirvi come andrà a finire questa storia: Rory la spunterà per l'ennesima volta e avrà il suo stupido libro. 


Ah, adesso mi sono liberata di un peso.
Ovviamente, ci sarebbero altre cose da dire, tipo l'inutilità del fidanzato Paul (?) di Rory e il rapporto con Paris e il suo ex-marito, e il breve incontro con il padre Christopher – qui un punto a Rory. Ma direi che può bastare così.

Tuttavia, in queste ultime quattro puntate, ha una svolta inaspettata che mi ha dato speranza per il personaggio. Rory, alla fine dell'anno-stagione, ha fallito. Non perché è tornata a vivere a Stars Hollow, non perché [SPOILER]è incinta, non perché non ha l'amore della sua vita o il colloquio per Condé Nast. No, semplicemente perché le cose non sono andate come lei voleva, come lei si aspettava, come tutti noi ci aspettavamo. 
Vi spiego. Nei quattro episodi Inverno-Primavera-Estate-Autunno il mio odio verso Rory è lievitato fino all'inverosimile – la mia coinquilina può confermare – perché ero certa che alla fine Rory avrebbe ottenuto quel dannato colloquio da Condé Nast, magari aiutata dal padre di Logan, e la sua carriera di giornalista sarebbe decollata verso un futuro di successo. 
E invece no. Rory non ha realizzato i suoi piani, quelli per cui lavorava dall'età di cinque anni. Ha fallito. Forse non su tutta la linea, non per sempre, ma in questo momento ha fallito. Rory è una di noi. 

Ecco, se il telefilm avesse presentato fin da subito una Rory così umana, forse ci saremmo illuse di meno, immedesimate di più nel personaggio e, chissà, magari io stasera uscivo di casa invece di bruciarmi gli occhi davanti lo schermo del computer per scrivere questo articolo. 
È vero, il finale è amaro, perché la donna determinata a cui tutte noi segretamente ci ispiravamo – forse anch'io –, la ragazzina che tutti consideravano un genio infallibile destinata a grandissime cose è, in realtà, una comune mortale che sbaglia. Ed è strano, è come quando vedi che il tuo idolo su Snapchat non è così fantastico come pensavi e allora si perde un po' quella magia che lo rendeva così speciale. E così è successo con Rory.
Ma, allo stesso, tempo, è rassicurante: insomma, se perfino Rory Gilmore ha fallito nella vita, anche noi possiamo superare i nostri piccoli fallimenti.


Ultima cosa: ma il padre del bambino di Rory è Logan? Io ho sospettato anche Jess. Ma quindi ci sarà una nuova stagione? Io spero di no, cioè dai, mille menate sull'ultima stagione definitiva di Gilmore Girls e poi se ne escono con questa stronzata?! Ah, Netflix io non dimentico che non ci hai fatto vedere il matrimonio di Luke e Lorelai, non dimentico! Mi è venuta voglia di caffè. 



Cecilia

Il ritorno di Enrico Papi è Tutto Molto Interessante

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Benvenuti alla seconda puntata della rubrica "La Gente Chiede Cose a Cecilia e Cecilia Risponde" [vedi primo episodio qui]. Oggi affronteremo un argomento che sta molto a cuore ai miei amatissimi fans, ovvero il nuovo video di Fabio Rovazzi. O meglio: cosa ne penso io del nuovo video di Fabio Rovazzi.

Parentesi: per quei poveri ignoranti che ancora non lo sanno, io ho creato Fabio Rovazzi. Ancor prima che tutti gli animatori d'Italia vi facessero ballare sulle note di Andiamo a Comandare, ancor prima che i vostri amici vi mettessero in imbarazzo sulla pista da ballo shakerando le loro spalle in stile Rovazzi, ancor prima che "Col trattore in tangenziale"diventasse uno slogan generazionale, ecco, ancora prima di tutto questo, ci sono stata io e le mie coinquiline che pompavamo su Snapchat la hit del 2016, ignare di cosa stavamo creando. Ancora ricordo i mille – venti al massimo – messaggi in privato che mi chiedevano Hey! come si chiama questa canzone? e Ahah top questo pezzo come si chiama? e così via. 
Insomma, non voglio peccare di arroganza e superiorità, ma io sono stata per Fabio Rovazzi quello che Pippo Baudo è stato per Lorella Cuccarini.

Adesso capite bene perché mi sento in obbligo a esprime la mia opinione sulla nuova canzone di Fabio Rovazzi, di cui mi sono già dimenticata il nome… n'attimo che la cerco su Google… aspè, ci sono… ecco, "Tutto Molto Interessante"




Mi spiace deludervi, amici, ma quello che veramente ha attirato la mia attenzione non è la canzone e nemmeno il video. Piuttosto il cameo di un noto personaggio della televisione popolare italiana, ovvero Enrico Papi. 
Lo so, a voi frega un cazzo di Papi, ma negli ultimi mesi il presentatore dell'ormai defunto– per fortuna – Sarabanda ha incuriosito la sottoscritta, fino ad arrivare al video di Rovazzi che, secondo me, segna un punto importante nell'immagine dello showman. 

Ma, visto che sono una persona buona e vi voglio bene, non deluderò le vostre aspettative e vi dirò cosa ne penso di Tutto Molto Interessante

Allora, Rovazzi ha tentato la fortuna, proponendo un "Andiamo a Comandare 2", ma il giochino non ha funzionato, secondo me. 
Canzone orecchiabile, beat (?) accattivante e un ritornello facile e virale che vuole essere un nuovo slogan per le nostre foto su Instagram. Tutto molto interessante, però non ha lo stesso impatto della sua prima hit. Tuttavia, entra in testa per qualche minuto e non è sgradevole da canticchiare, quindi, Rovazzi, passi con più della sufficienza perché ci piaci.

Il video, mèh. Lo sapete bene cosa ne penso dei videoclip delle canzoni italiani che girano in tv: fanno cagare. Più un cantante è famoso, più i suoi video faranno cagare, è provato, è scienza, è una legge non scritta che vale per tutti. Ok, non è colpa loro, ma delle loro case discografiche guidate da vecchi senza gusto ne occhio per le nuove e giovani tendenze di comunicazione e d'immagine e bla bla bla…  Ecco perché, ve lo dico sempre, non firmate per le major che poi vi fanno fare dei video di merda o peggio #STAYINDIE.
Quindi, non è colpa del povero Rovazzi se il video non è granché – anche se leggo nei credits: REGIA: MAURO RUSSO & FABIO ROVAZZI VIDEO SCRITTO DA: FABIO ROVAZZI MONTAGGIO: FABIO ROVAZZI. Inoltre, presenti anche volti noti di Youtube, che io ovviamente non conosco, tipo Valeria Badalamenti, Frax, iPantellas (ah, li conosoco!), Marnik, Matt & Bise, Merk & Kremont, Greta Menchi – "Chi è Greta Menchi?" [cit.] –Matteo Tiberia. E poi, finalmente, arriva lui, il vero personaggio del video, l'eroe dei nostri tempi, la colonna portante del trash italiano, l'unico, inimitabile Enrico Papi.


Per farvi capire subito la mia teoria su Enrico Papi, vi faccio una metafora facilmente comprensibile: Enrico Papi sta alla cultura pop italiana come i cappelli alla pescatora stanno alla moda. Parafrasando: Enrico Papi era il simbolo del trash italiano, lo guardavamo, lo seguivamo, addirittura ci piaceva perché di cattivo gusto, ci faceva ridere con un umorismo sguaiato e popolare. Poi si è eclissato, dimenticato nel buco nero delle meteore dello spettacolo insieme ad Antonella Elia e Mauro Repetto. Ma poi, come lo stronzo che è scomparso per mesi dopo essere uscito con te, è tornato all'improvviso nella nostra vita.

Premessa: ho sempre odiato Enrico Papi. Mai sopportato, lui, Sarabanda e tutto il baraccone di casi umani che si portava dietro. Eppure, il suo ritorno in tv mi ha fatto cambiare idea.
Enrico Papi potrebbe essere l'eroe di tutti i non-più-giovani che riescono a reinventarsi e a farsi strada in un mondo fatto teens e Web. Enrico Papi è l'esempio vivente che se vuoi qualcosa devi combattere fino in fondo per ottenerla, rovinando anche la tua reputazione e pendendo la dignità se è necessario. Enrico Papi è il portabandiera di una generazione che è caduta nel dimenticatoio, ma che può ancora stupire. 

Il ritorno di Enrico Papi è stato segnato dal programma televisivo Tale e Quale Show, trasmissione che io non guarderei manco sotto tortura, ma che, proprio grazie a Papi, ho vagamente seguito, ricercando le sue performance online.





Perché? Perché Enrico Papi ha dato nuova linfa vitale alla televisione trash italiana. Grazie a Enrico Papi, posso di nuovo sperare che la tv possa tornare a far schifo come un tempo. 

Perché? Perché Enrico Papi sa perdere la dignità come solo io su Snapchat e pochi altri. Durante la trasmissione – durante la quale i concorrenti vip devono impersonare dei cantanti famosi e fare una performance nelle loro vesti –, Enrico Papi ha raggiunto vette di imbarazzo, di genialità, di bravura e di ridicoli che non tutti avrebbero il coraggio di raggiungere. 

Nello spettacolo televisivo ha impersonato egregiamente una lunga lista di cantanti famosissimi, tra cui Justin Bieber, Justin Timberlake e lo stesso Fabio Rovazzi. È sempre stato uno dei migliori, conquistando la simpatia del pubblico – dei giudici non lo so, perché il programma non l'ho mai guardato tutto. Non solo, grazie a un mix di nostalgia televisiva primi anni Duemila, ricordo idilliaco di Sarabanda e una scelta di imitazioni azzeccate, Enrico Papi si è accaparrato anche una certa simpatia tra il pubblico dei giovani – a conferma del fatto: l'apertura della sua pagina Facebook ufficiale. 





Dunque, torniamo alla nostra metafora dei cappelli alla pescatora. Adesso sono tornati di moda perché la #troppamoda così ha deciso. Ma la gente, noi povere vittime del fashionz, si è avvicinata a questo nuovo trend con scherno e ironia, ma, intanto, segretamente già lo amava. Per ridere indossava il cappellino di Zio Misseri, ignara del fatto che stava seguendo il processo di rilancio del capo. 
E così Papi, più o meno. Talmente imbarazzante, talmente ridicolo, brutto, trash, ecc… che ha conquistato il largo pubblico, di nuovo. Potrebbe diventare il Giancarlo Magalli del 2017, il nuovo Gianni Morandi di Facebook se si gioca bene le sue carte. 

E poi arriviamo al video di Fabio Rovazzi e al suo Tutto Molto Interessante. Il video, secondo me, segna un'ulteriore svolta ne percorso di rilancio di Enrico Papi, affiancando lo showman a un volto molto amato, molto noto e molto seguito del momento come, appunto, il buon Rovazzi. L'apparizione nel videoclip potrebbe favorire il nuovo successo di Papi, avvicinandolo anche a un target più giovane che magari ha avuto la fortuna o sfortuna, decidete voi, non di non aver conosciuto Sarabanda, l'Uomo Gatto, Valentina e compagnia bella. E a noi, che invece siamo stati investiti in pieno da quel baraccone di disagiati, fa solo tenerezza e simpatia, un tuffo nel passato televisivo da cui vorremmo stare lontani, ma che, ahimè, alla fine ci ritroviamo a rimembrare con nostalgia. 


La conclusione di questo lungo saggio inutile francamente non so quale possa essere. Ai posteri l'ardua sentenza. Diciamo che Enrico Papi potrebbe tornare definitivamente alla ribalta nel 2017 e che, se ce l'ha fatta lui a riemerge dal buco nero del dimenticatoio, allora anche noi abbiamo una possibilità di farcela nella vita.



PS Per quanto riguarda il video di Fabio Rovazzi, ho ancora un'ultima considerazione: per favore, basta dabbare nei video italiani pop, vi prego, che manco vi riesce bene, dai.


Cecilia

I migliori post del 2016

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Mancano ormai pochissimi giorni alla fine di questo anno.

2016 un anno infame e infausto per alcuni aspetti, intenso e pieno di sorprese per altri, ma sicuramente concorderete con me che questo anno verrà ricordato più per la sua sfiga che per le sue gioie. 
Un anno che ha fatto fuori quasi un quarto dei nostri cantanti, attori, showman, scrittori, celebs, ecc… preferiti – e mancano ancora tre giorni al 31 Dicembre, tocchiamoci e stringiamoci forte. Un anno che ha visto il ricovero in ospedale di Kanye West, l'abbandono di Instagram da parte di Justin Bieber e un furto che poteva finire in tragedia a casa Kim Kardashian. 

Sicuramente ci sono anche degli aspetti positivi in questo 2016, ma adesso mi sfuggono, scusate. 

Insomma, se Dio vuole, questo anno sta finendo ed è giunto il momento di fare l'annuale "recappone" del blog, ovvero i cinque post più letti del 2016.

Se permettete, però, vorrei prima spendere alcune parole sui miei personali traguardi raggiunti nel 2016.

In primis, sono finita su ben due classifiche delle donne italiane da seguire su Snapchat – qui e qui–,lodata soprattutto per la mia virtuosa stupidità. Mi hanno addirittura intervistato, pensando che sotto la maschera di cojona che indosso, ci potesse essere anche qualcosa di buono. E invece.

Ma, soprattutto, nel 2016 credo di aver realizzato una delle mie più importanti creazioni, frutto di ingegno, impegno e fatica di cui vado fiera. Amici, sto parlando del traguardo più significativo per me di questo anno, ovvero il microfono auricolare fatto con una cannuccia e un po' di carta stagnola che finalmente mi permette di rendere le mie performance canore su Snapchat realistiche e #amaaazing
Nomino, quindi, il microfono auricolare fatto con bla bla bla… Best Traguardo 2016.

Vorrei anche menzionare il mio ventaglio, ritrovato in un cassetto di camera mia troppo tardi, che è subito diventato un oggetto di scena preziosissimo per le mie esibizioni su Snapchat. Dunque, sento di dover eleggere Best Oggetto per Snapchat 2016 proprio il mio ventaglio avuto in regalo anni fa in qualche ristorante cinese a caso. 

Nel 2016, anzi, poche settimane fa, ho anche creato una personale playlist su Spotify, chiamata simbolicamente MUSICA DI MERDA, in cui potete trovare il meglio delle peggiori canzoni che ascolto per la maggior parte del tempo, quello che ho nell'iPod per camminare facendo finta di essere in un videoclip, quelle che ballo davanti lo specchio del bagno, quelle con cui vi rompo i cojoni su Snapchat. Ovviamente, non potevo mettere tutto-tutto, quindi, mi spiace per voi, ho dovuto fare una selezione di genere – hip-hop, rap, grime, trap soprattutto – e cronologica – la maggior parte sono del 2016/2015. Niente indie italiano, niente canzoni tristi, niente hardcore, garage, punk rock, britpop, scusate. E, soprattutto, niente musica trash, no, per una volta nella mia carriera ho voluto fare la persona serie e competente.

Bando alle chiacchiere e ai sentimentalismi, procediamo col:

BEST 2016 BLOG POST.



Un'analisi puntuale e realistica sul fenomeno del trend del Piumino, da sempre simbolo della moda popolare italiana, ma nuovo capo di tendenza per la stagione Autunno/Inverno 2016-17.



Breve lista delle persona che mi consiglio di seguire sul social Snapchat– 'nnamo gente, se non sapete cos'è, la porta è da quella parte – dalle celebs alle italiane della porta accanto che amo spiare tutti i giorni.



Recensione sull'ultima, attesissima stagione di Gilmore Girls, ma, soprattutto, sul mio conflitto interiore verso il personaggio di Rory Gilmore. 



Il "Chiodo Giallo di Zara"è stato il Kanye West della moda. Analisi del caso mediatico e popolare dell'anno, il capo d'abbigliamento più amato e detestato del 2016, il cui dibattito ha visto la scesa in campo di opinionisti del calibro di Selvaggia Lucarelli. 



E il primo posto non potevano che esserci loro, la coppia rivelazione di questo 2016, la love story che da mesi ci tiene con gli occhi incollati allo schermo del nostro cellulare, proprio loro, Chiara Ferragni e Fedez. 



Come si suol dire, se non ci vediamo nei prossimi giorni, Buona Fine e Buon Anno Nuovo! Ci vediamo nel 2017, amici.



Cecilia

Qual è il rapper italiano più figo del momento? (1° Round)

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Per quei poverini che non lo sanno, la scorsa settimana su Snapchat ho lanciato un sondaggio a tutti i miei followers per decidere una volta per tutti qual è il rapper italiano più figo del momento. 

Adesso vi racconto com'è andata.


Non ricordo di cosa stavo parlando su Snapchat quando a un certo punto una ragazza mi ha scritto che "Certo che Charlie Charles è bono".

CIAO
Una simile affermazione, con me, significa dare inizio a un dibattito accanito, a un monologo infinito e a una lunga lista di osservazioni, analisi accurate e riflessioni su quali siano i "boni" del momento. Inutile dirvi che, in pochi secondi, la mia mente perversa aveva già sfornato l'idea di quel sondaggio di cui vi parlavo prima.


Perché?

Perché sì, amici. Da tempo ormai ne sentivamo il bisogno, qualcuno doveva parlare e affrontare apertamente questa annosa questione: QUAL È IL RAPPER PIÙ FIGO DEL MOMENTO? Non a caso la necessità di fare ordine in questo guazzabuglio di (più o meno) boni a torso nudo, con cappellino e bandana è emerso proprio in un momento storico musicale particolare per l'Italia, ovvero quando anche nel nostro paese la musica Rap e simili è arrivata ad avere una certa visibilità e a calamitare le attenzioni di un pubblico più ampio – nel bene o nel male non ci interessa deciderlo qui. Ma, soprattutto, l'idea del sondaggio è nata nel bel mezzo dell'ultima Menswear Milan Fashion Week Fall 2017, ovvero la Settimana della Moda milanese che passerà alla storia come "La Volta In Cui Marracash e Fedez Hanno Fatto Brutto alla Sfilata di Moschino". Quindi c'è stato un gran chiacchiericcio intorno ad alcuni dei rappers più in vista della scena "mainstream" italiana. 

Dunque, capite bene che non potevo più ignorare le esigenze del pubblico dell'Internet.


Come?

Semplice: ho domandato ai miei followers su Snapchat di nominare max 3 rappers che ritenevano fighi. Attenzione: non parliamo di bravura, talento, flow, metrica, rime chiuse e altro. No, amici, questa roba seria da professionisti a noi non interessa – "Perché a noi la qualità c'ha rotto il cazzo" [cit.]. Noi vogliamo solo parlare di bellezza, fighezza e le marche sfoggiate sui social. 

Dopo questa premessa, le regole da seguire erano poche e semplici:

– Nominare max 3 nomi di rappers 
– Italiani
– E vivi


Il sondaggio si è poi diffuso anche su Twitter e Facebook, ma il flusso maggiore di preferenze è arrivato da Snapchat – bravi, amici, non mi deludete mai.

Non pensavo che 'sta cazzata potesse riscuotere così successo e invece avete risposto in molti, con motivazioni articolate e convincenti, e, soprattutto, con una foga che quasi mi ha fatto pensare che la cosa un po' vi eccitava eh eh eh.


Ma bando alle ciance, abbiamo perso fin troppo tempo – scusate, ho dovuto preparare un esame perché a volte anche la vita vera, seppur noiosa, va curata. Ecco i cinque classificati che passano il primo turno.


MECNA


Classe '87, Ariete. Mecna, all'anagrafe Corrado, si è aggiudicato quasi il massimo dei voti. Risultato abbastanza prevedibile, visto il fascino da bono rossiccio con barba, alto e anche ben vestito. Recentemente è tornato a far parlare di sé col suo ultimo album "Lungomare Paranoia", ma questo non ci interessa perché non siamo qui a parlare di musica.

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FEDEZ


Il pupillo di J-Ax, giudice di X Factor e nuovo fidanzato di Chiarona Ferragni ha conquistato molte di voi. Ammetto che non nutro né simpatia né stima per il rapper – diciamo che mi sta proprio sul cazzo –, ma riconosco che è un bel tipo, ha carisma e quel fascino da ragazzino da figo della scuola che molte di noi ancora subiscono come reminiscenza dell'adolescenza. Ah, dettaglio importantissimo: è Bilancia. 

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SFERA EBBASTA


Gionata, 1992 (Sagittario). Citando a grandi linee una di voi:"Perché si vede che è un bravo ragazzo, ma ha quella faccia da tagliola (?) che piace". Sì, penso sia proprio per questo motivo che il Trap King milanese ha conquistato molte di voi – alzo la mano. Poi, mettiamoci anche quello stile tamarro da macchine a scontro alla fiera di paese il sabato sera et voilà... cosa fai, non lo voti?

Breaking news: ho appena appreso dalle sue Instagram Stories che si è fatto le freccine ai capelli. Ciao. 

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MARRACASH


Il rapper di "badabum badabum badabum chaa chaa", conosciuto anche come Fabio Bartolo (1979, Gemelli), ha conquistato la maggior parte del mio pubblico femminile. E anche me, confesso. Saranno le occhiai, i tatuaggi, il fatto che sia alto 1.88 o quel fascino arabeggiante, non lo so, però ci piace. 
Tuttavia, proprio oggi, il favorito del sondaggio mi è scivolato sulla buccia di banana. Poche ore fa, il rapper ha pubblicato una foto – che mi è stata segnalata da alcune di voi – che lo ritrae a torso nudo e, mi duole dirlo, amiche, la delusione è stata alta. Marra, non si fa così, noi avevamo fiducia in te qui la foto dello scandalo. 

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FABRI FIBRA


Ebbene sì, qualcuno ha votato Fabrizio Tarducci (1976, Bilancia). Non me lo aspettavo, lo ammetto, eppure il rapper ha portato a casa un bel po' di voti. Perché? Non lo so, ma voglio indagare. Forse il suo aspetto da bravo ragazzo che ha sofferto nella vita e che quindi risveglia la crocerossina che è in voi? Illuminatemi

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ATTENZIONE BONUS!

EMIS KILLA / GHALI / TONY EFFE

Perché? Allora, a causa della mia indecisione – Emis Killa o DarkSide della DPG? oppure Capo Plaza? Ma Ghali no? E Tony Effe? E quell'altro... e ancora lui.. e... Cazzo, basta non voto nessuno, mi fermo a due nomi –, Emiliano Rudolf (1989, Scorpione) Ghali (1993, Gemelli) e Tony Effe (???) per un solo voto non sono entrati in classifica. La cosa un po' mi dispiace, perché ero a un pelo così dal votarlo. Quindi, facciamo così: se nessuno dei primi cinque nomi vi piace, allora date il vostro voto a uno di loro tre, in modo da poter essere ripescati come riserve. Non barate eh, votate uno di loro tre solo se i primi cinque vi fanno davvero schifo.

Profilo IG: QUI, QUI e QUI


Sì, Tony Effe si è preso un sacco di voti che non mi aspettavo, forse per quel suo fascino pasoliniano da stronzo buono che poi fa una brutta fine. E Ghali, vabbè, è figo, si veste bene, che volete di più?




Vi informo che qualcuno ha avuto il coraggio di votare J-Ax. Per pochi voti anche Coez ha mancato la qualificazione, come Ghemon e Noyz Narcos. Votati anche Izi, Laioung e Moreno. Ah, anche Gué Pequenoè stato votato più di una volta – forse il suo video su Instagram ha influenzato la scelta?



Difficile aiutarvi nella scelta, dovete seguire il vostro istinto, si tratta di una decisione di pancia. Posso consigliarvi di spulciare i profili IG dei finalisti, ma l'ultima parola spetta a voi. Dunque, scrivetemi qui sotto, oppure su Snapchat o Facebook o dove altro vi pare, ma scrivetemi. Vogliamo conoscere il nome del vostro rapper preferito tra questi sopracitati, perché il mondo ha bisogno di sapere qual è l'unico, vero rapper più figo del momento.

Quel che è certo è che, da questo piccolo sondaggio, ho capito che siamo un po' tutte vittime del tamarro di periferia. Insomma, tutte vogliamo il Principe Azzurro, ma poi ci piace sempre lo stronzo con le scarpe da spacciatore o la felpa del liceo.



Cecilia

Non ci sono più i red carpet di una volta

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La magia degli Oscars è talmente potente che è riuscita a convincermi a scrivere un post sugli abiti. Dopo una lunga serie di analisi di costume popolare, sondaggi di rapper e critiche di serie televisive, finalmente torno a scrivere un pezzo sui sacrosanti vestiti che ci piacciono. 


Emma Stone e Leonardo DiCaprio

Molto probabilmente stanotte stavate dormendo mentre La La Land, il caso cinematografico dell'anno, vinceva le sue sei statuette, tra la delusione dei fan e le gioie di chi non ha apprezzato il film – personalmente l'ho amato, è un omaggio al cinema realizzato con una regia impeccabile, in cui la storia d'amore è solo lo sfondo su cui citazioni cinematografiche, deliziose coreografie e drammi contemporanei si intrecciano. Emma Stone si è portata a casa il premio Best Actress, che io forse avrei dato a Natalie Portman, mentre l'ambito Best Picture, Miglior Film per intenderci, è andata a Moonlight, il film indipendente con un all-black cast, secondo me meritato, ma per i miei contatti Facebook esperti di cinema è solo "un film ruffiano, politico, banale che ha vinto solo per la tematica sociale comoda per questo momento storico" [semi-cit.]. Non so, a voi decidere, io so solo che tifavo Moonlight, Manchester By The Sea e La La Land e quindi posso ritenermi soddisfatta. Già, Manchester By The Sea un altro favorito degli Oscars 2017 che portato alla vittoria Casey Affleck come Miglior Attore – io facevo il tifo per lui, ma poi ho scoperto le accuse di molestie sessuali che lo vedono coinvolto e allora riflessioni su quanto sia giusto o no premiare un attore meritevole che ha delle gravi pecche nella sua vita privata e bla bla bla... ci sto ancora pensando, aiutatemi a capire.

Gli attori di Moonlight

Insomma, questa una brevissima panoramica, giusto per avere una spolverata dei vincitori così anche voi potete prendere parte ai vari catfights d'opinione su Facebook. Adesso passiamo alle cose importanti: i vestiti del red carpet.

Il cast femminile di Hidden Figures con l'ingegnera aerospaziale Katherine Johnson


PREMESSA: Il red carpet più noioso di sempre. Se perfino gli abiti della cerimonia degli Oscars non entusiasmano più, io non so più in cosa credere. Noia, nessun abito mi ha fatto strappare i capelli e nessun abito mi ha fatto tanto schifo da divertirmi. È stato un red carpet "moderato", tanto laminato, tanto oro e sbrilluccichini. Niente di che. Le attrici non osano, non azzardano abiti pazzeschi provando a rendere la loro apparizione memorabile, piuttosto puntano al classico, a un look da manuale per non sbagliare. Insomma, anche la notte più magica dell'anno in cui abiti d'alta moda dovrebbero riempirci gli occhi facendoci sognare, si è trasformata in una sfilata ordinaria che può solo farci sbadigliare. Per fortuna qualche eccezione c'è stata, ma il mood generale è stato all'insegna della moderazione, purtroppo. 

 Ma vediamo i look dei principali protagonisti della serata degli Oscars 2017.


Felicity Jones in Christian Dior Couture


No, cazzo. La mezza misura per il red carpet degli Oscars non l'accetto, inoltre un colore che non le dona e l'acconciatura sciatta. 



Ruth Negga in Valentino Haute Couture


Yes! Bellissimo l'abito classico in questo rosso Valentino che fa spiccare l'attrice.



Nicole Kidman in Armani Privé


Assolutamente no. Abbiamo capito l'effetto nude look, ma questo abito non esalta l'attrice, anzi. Bocciata. 



Brie Larson in Oscar De La Renta


Niente di eccezionale, ma a me questo Oscar De La Renta piace molto, grazie anche alle maxi rouches e al netto décolleté.



Emma Stone in Givenchy Haute Couture


Amica, se sai di essere la possibile vincitrice di uno dei premi più ambiti degli Oscars, non scegli questo abito. A parte il fatto che ho trovato almeno cinque foto con diverse tonalità dell'abito che mi hanno fatto rivivere il dramma di #TheDress, la palette non è facile e avvilisce l'attrice, inoltre il design, che, ok, richiama le silhouettes anni Venti, non è all'altezza di una candidata al un premio Oscar. 




Scarlett Johansson in Azzedine Alaia


No. Approvo il colore in una massa di oro e luccichini, ma non è un abito all'altezza di un red carpet.




Emma Roberts in Armani Privé


Vince a mani basse.Impeccabile l'abito e colore dei capelli azzeccato - anche se col boccolo laterale diventa un po' tutto La Sirenetta. Brava Emma!




Kirsten Dunst in Christian Dior


Noia. Molto bello, a parte il décolleté che la irrigidisce, ma ordinario, nonostante omaggi una linea d'altri tempi. NB: Altro trend di quest'anno sembra essere la gonna asimmetrica sul davanti a cui io dico no. 




Alicia Vikander in Louis Vuitton


Lei sembra sempre essere sul red carpet per caso, come se l'avessero vestita pochi minuti prima. "Ah, cazzo, come mi sistemo i capelli? Ma boh, fatti uno chignon in testa...".



Dakota Johnson in Gucci



Bello, ma "vecchio" e il colore l'ammazza. Io avrei optato per la tinta originale dell'abito, che almeno svecchiava il modello anni Quaranta del capo.




Janelle Monae in Elie Saab Couture


No. Amica, ok che l'abito deve essere mozzafiato, da sogno, spettacolare, ma l'ampia gonna e il collare gioiello, per non parlare del cerchietto, rendono il look a rischio bomboniera. 




Isabelle Huppert in Armani Privé


Perfetta, punto.




Jessica Biel in Kaufmanfranco


No. Sembra ingessata in una colata d'oro come una divinità azteca. 




Viola Davis in Armani Privé


Bello il taglio sulle spalle e la tinta è azzeccata. Non mi convince la pochette, ma posso chiudere un occhio. 





Octavia Spenser in Marchesa


Bellissimo il colore e modello azzeccato per il suo fisico curvy.





Hailee Steinfeld in Ralph & Russo


Aiutatemi a dire bella. L'abito è pazzesco e lei è impeccabile. Cinque alto, amica!





Michelle Williams Louis Vuitton


L'acconciatura non aiuta e l'abito la svilisce. Non ci siamo.




Halle Berry in Atelier Versace


Allora, dite il cazzo che vi pare, ma a me l'acconciatura dell'attrice piace un sacco e le sta bene, il caso è chiuso. L'abito non convince, sembra uscito da una sala da ballo liscio.




Taraji P. Henson in Alberta Ferretti


Bello il colore – che non è nero! –, scollo ampio, collana gioiello che quasi mi accecava quando la guardavo e acconciatura ok. Look da manuale, promossa.




Ryan Gosling in Gucci


La camicia di Ryan è stata criticata da chiunque, mentre io la trovo eccentrica il giusto per dare un tocco di ironia al look classico. Ryan, non ascoltare quelle capre, a me piaci.




Casey Affleck in Louis Vuitton


Casey mi piaci molto, ma non puoi presentarti sul red carpet con quella barba e con quei capelli, dai, dove siamo, al porto di Livorno?!




Naomie Harris in Calvin Klein


Bello l'abito, ma non per un red carpet degli Oscars. La mezza lunghezza è da vietare, secondo me. Inoltre, capelli sciolti, lisci e divisa nel mezzo, mah.



Meryl Streep in Elie Saab


Che dire, perfetta – viste le aspettative causate dalla polemica con Chanel.



Charlize Theron in Christian Dior Couture


Giunonica, un abito da divinità greca. Bello il colore metallico, nel complesso più che sufficiente. 



Cecilia
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Boys & Girls Party – The hottest night in Bologna

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C'è qualcosa di nuovo nella notte bolognese. Una realtà parallela sta prendendo forma dai portici della città fino ad arrivare al Covo Club, uno dei locali storici di Bologna, punto di riferimento della scena underground musicale dal 1980. 
Un nuovo party è alle porte per farvi ballare, scatenare e perdere i sensi dallo scoccare della mezzanotte al sorgere del sole. E tutto quello che accade nel mentre è puro sogno. Uscirete dal locale chiedendovi cosa avete vissuto, se quello che è successo era realtà o un'illusione sensoriale. 



Di cosa sto parlando? Di Boys & Girls, la nuova serata del Covo Club che debutterà in società proprio questo Sabato 11 Marzo, in occasione del live show dei The Garden, il duo neo-punk che sta facendo impazzire la scena musicale from Los Angeles to the World with love. 

Per capire cosa dobbiamo aspettarci dall'evento Boys & Girls, ho scambiato quattro chiacchiere con i misteriosi ideatori del party, che preferiscono mantenere l'anonimato per la sicurezza delle loro vite e per quelle dei loro cari. Ma soprattutto perché Boys & Girls non ha leaders, non ha capi, Boys & Girls è una realtà collettiva da condividere e vivere sul dancefloor.
Non è un caso se il loro slogan è "(AB)USE THE DANCEFLOOR", che, parafrasando, vuol dire "preparatevi a rovinare le scarpe perché se i piedi non sanguinano vuol dire che non ti sei divertita veramente". Ma, volendo, possiamo interpretarlo anche com "limoni duri in pubblico sono ben accetti – e se non sono fotografati, non sono mai esistiti".



Insomma, cos'è davvero Boys & Girls?

Due sale: Gate 1 per i maschietti e intitolato "Boys Will Be Boys", mentre il Gate 2 è "Girls Gang", ovvero dedicato a tutte le very bad gals della notte, of course. 
So cosa vi state domandando: "ma le due sale sono fisicamente divise?" Se vivessimo in un collegio del 1962, sì. Ma purtroppo siamo nel 2017 e quindi no, sono solo due sale tematiche e– potete smettere di preoccuparvi –è consentito mischiarsi con i proprio simili di sesso opposto. 

E la musica? Sempre ai soliti anonimi paladini della notte ho chiesto qualche hits del loro repertorio per darci un'idea del mood generale della loro serata. Quindi, in esclusiva solo per voi, ecco i dieci brani che ascolterete – e ballerete – sicuramente durante Boys & Girls.
































Ho solo un'ultima cosa da aggiungere: indossate il vostro abito migliore, le vostre scarpe più comode, ma fighe, e drink like a man, dance like Rihanna


Cecilia


Lista ingresso ridotto e possibili free drinks: contact me!
Maggiori info le trovate qui, sull'evento Facebook ufficiale
E non dimenticate di followare Boys & Girls su Instagram! 

Houston, abbiamo un problema col dress code – Met Gala 2017

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Ieri si è svolta la notte degli Oscars della moda, ovvero il Met Gala 2017. Dai, diciamo che ormai ci conosciamo abbastanza per poter saltare tutti i preamboli introduttivi da manuale e, se siete d'accordo, andrei subito alla parte più importante che ci interessa tutti: gli abiti.

Magari questa cosina è giusto rinfrescarcela: quest'anno il Met Gala rendeva omaggio alla regina indiscussa della moda che dal Giappone con furore ha rivoluzionato il guardaroba, ma che dico, la storia del costume e chi più ne ha più ne metta, ovvero Rei Kawakubo. L'annuale retrospettiva che il Metropolitan Museum of Art di New York inaugura i primi di Maggio, infatti, quest'anno è intitolata "Rei Kawakubo/Comme des Garçons: Art of the In-Between", una super-mostra che vuole indagare la carriera, il lavoro e il successo della stilista giapponese, passando da tutte le sperimentazioni stilistiche e concettuali, nonché le contraddizioni semantiche, che da sempre contraddistinguono il suo genio.

E come dovevano vestirsi gli invitati per celebrare tutto questo trionfo creativo? Beh, non facile l'impresa, lo ammetto. Alcuni ci hanno provato – anche con successo – osando e giocando con abiti artistici e silhouette estreme, altri – codardi! – hanno preferito andare sul sicuro e optare per un looks classici da manuale.




E qui la mia domanda: che problemi avete col dress code? Se Anna Wintour dice "Hey, rega, quest'anno tributo a Rei Kawakubo, ok?" voi muti e tutti a tema. Dai primi anni della nostra adolescenza siamo stati vittime e carnefici di feste a tema – Anni Ottanta, Trash, Anni Novanta, di nuovo Anni Ottanta, film horror, coppie famose, ancora Anni Ottanta porca troia, eccetera... – per cui passavamo settimane a organizzare l'outfit perfetto, per poi arrivare alla festa e vedere che c'era sempre un cotone di turno che non aveva seguito il dress code. Sempre.
Ecco, adesso spostate quella situazione su Anna Wintour e il suo Met Gala, mesi di organizzazioni, milioni di dollari, promozione, eccetera... e poi gli invitati si vestono come vogliono loro. No, amici, non si fa così. E allora, ve lo dico io, voi avete dei problemi col dress code.

A rendere il tutto ancora più grave c'è il fatto che stiamo parlando del Met Gala, non della festa della compagna di classe figa e popolare, la notte in cui è giusto osare, indossare abiti pazzeschi e farsi fotografare sulle scalinate del Metropolitan com'è giusto che sia. È una sfilata magica in cui noi poveri nessuno vogliamo sognare con quegli abiti da capogiro ed esagerati.

E invece no, forse il concetto non è chiaro a tutti. Perfino Kim Kardashian, quest'anno senza la sua dolce metà, ha optato per un monacale abito bianco di Vivienne Westwood nemmeno degno di essere "memerizzato" come sempre. Ma non è stata l'unica della serata. La maggior parte delle ladies hanno volato basso con lunghi abiti eleganti, scolli e spacchi mozzafiato, paillettes come se piovesse e le solite cose da gran serata. Ne sono un esempio Kate Hudson in Stella McCartney, Gwyneth Paltrow in Calvin Klein – che per un attimo ho avuto paura di aver sbagliato gallery ed essere finita in un best of degni anni novanta – e Natalia Vodianova in Diane Von Furstenberg che forse ha sbagliato il tema con quello di due anni fa. Ma la lista è lunga, potrei metterci anche Kylie Jenner in Versace che non ha ancora capito che mostrarsi semi-nuda non basta a rendere un look vincente, Mary J. Blige e Nicki Minaj che forse pensavano di essere agli MTV EMA, e le gemelle Olsen che forse volevano andare al Coachella. Anche Liu Wen finisce qui, nonostante l'abito OFF-WHITE molto figo, ma che resta un gran "mèh" per questo tipo dis serata.


Poi arrivano le noiose, ovvero quelle belle-belle, ma che non si impegnano. Se hai un bel viso e un fisico da paura non basta a farti superare la prova Met Gala, bisogna studiare, rischiare e osare. Abiti bellissimi, ok, ma non basta, amiche. Nella lista delle "noiose" ci sono, a pieni voti: Stella Maxwell, Diane Kruger in Prada, Kendall Jenner in La Perla, Emily Ratajkowski in Marc Jacobs, (purtroppo) Alexa Chung, Adriana Lima, Sophia Richie (imbarazzante, please), Joan Smalls, Gisele Bundchen, Hailey Baldwin, Lily-Rose Depp e Miranda Kerr. Insomma, BOOOOORING.


Poi, ho notato che c'è stato una specie di spin-off che da Rei Kawakubo, non so come, sia arrivato al tema "Le Principesse Disney". Protagoniste di questo off-topic ci sono: Jessica Chastain in un Prada che sembra il cosplay di Bella de "La Bella e la Bestia", ci metto anche Jennifer Lopez anche se impeccabile in quel Valentino turchese, Elle Fanning in Miu Miu, Felicity Jones, Dakota Johnson, Karen Elson in Lanvin, Lena Duhnam, Doutzen Kroes e Daria Strokous in Dior. 




Poi ci sono quelle che hanno proprio sbagliato tutto, tipo Monica Bellucci che pensava davvero di essere agli Oscars, Léa Seydoux in Louis Vuitton, Jemima Kirke in Chanel, Hailee Steinfeld (anche se apprezzo lo sforzo), Dree Hemingway, Selena Gomez che poverina non può farcela mai, Madonna in Moschino, Blake Lively, Zoe Kravitz e Bella Hadid che, ok voler fare ingelosire il tuo ex (The Weeknd, adesso nuova fiamma della Gomez), sono con te amica, ma prossima volta fallo rispettando il dress code – e altre mille, ma finisco qui, sennò ci addormentiamo. 



Passiamo adesso a chi ha studiato e ha (almeno) provato a seguire il tema, nel bene o nel male. Abbiamo capito tutti che Rihanna, anche quest'anno, ha vinto ha mani basse – amiche, prendete appunti per il prossimo anno. Tuttavia, personalmente a pari merito metto anche Katy Perry e il suo abito rosso fuoco di Martin Margiela Artisanal. Grandissimo sì anche Solange, abito che richiama il dualismo cromatico di Rei Kawakubo, nonché la silhouette grottesca tipica della stilista, mixando un abito da sera in uno smoking over-size n versione piumino. Cioè, più Rei Kawakubo di questo non si può, ma la gente non capisce un cazzo e allora tutti a criticare. Tra i miei preferiti anche Anna Cleveland, Julien d'Ys e Stella Tenant in total look Comme des Garçons, ma anche Amy Fine Collins e Lily Aldridge si aggiudicano la mia approvazione. 


Degne di nota anche quelle che hanno seguito il dress cose senza farci strappare i capelli, come Grimes in Proenza Schouler (adorabile), Celine Dion, Rita Ora (ma non mi ha convinta), Grace Hartzel (fighissima), Cara Delevingne in Chanel (brava, ma non mi ha fatto impazzire), Gigi Hadid (ma noiosa e quel colore l'ammazza) e Lily Collins (brava).



Infine, l'abito della discordia: quello della moglie di Pharrell Williams, Helen Lasichanh. Ok, è esagerato al limite del ridicolo, è rosso, è grottesco e sembra una brutta opera concettuale. Ma, in fondo, non è questa la moda di Rei Kawakubo?



Avrei mille altre cose da scrivere, anche sui maschietti – tipo che Jaden Smith si è presentato con una "pochette" realizzata con i suoi rasta appena tagliati e Wiz Khalifa si è fumato una canna sul red carpet. Ah, c'era anche Frank Ocean e Puff Daddy si è sdraiato sulle scalinate perché troppo stanco –, ma purtroppo ho una vita vera che mi chiama fuori da qui. Se avete domande su looks che ho scartato chiedete pure qui sottahahahah... scusate, volevo fare la fashion blogger di successo.


Cecilia

Fare Cose. porta le Palme® in città

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È Ottobre da qualche giorno, ormai possiamo metterci il cuore in pace e dimenticare la bella stagione, il sole, il mare, i selfie sulla spiaggia, il Mojito davanti al tramonto e tutte quelle belle cose che vi riempiono la vita di gioia e facili likes su Instagram. 
Ma non tutto il male viene per nuocere. È Ottobre, appunto, il che significa che si riparte in quinta con la stagione dei concerti e delle serate mondane nei vostri locali preferiti. 

Tempo fa vi avevo già segnalato una nuova serata super-figa che sta infiammando le notti bolognesi – vedi qui– e oggi, in questo noioso lunedì mattina in cui dovrei scrivere la tesi e invece, vi porto una buona novella. Sto parlando di Fare Cose.– il punto d'obbligo –, una delle mie serate preferite che (finalmente) sta diventando un appuntamento quasi fisso qui a Bologna.


Sicuramente ne avete già sentito parlare – e molto probabilmente da me su Snapchat come prima fan-supporter non richiesta – e magari vi sarà capitato di imbattervi in questo dj set lo scorso luglio dopo il live di Carl Brave X Franco126 a Bologna, ma oggi è giunto il momento di parlare di Fare Cose perché questo venerdì 13 Ottobre tornerà in pista al Covo Club

Dopo un tour estivo che ha visto Fare Cose. come il protagonista indiscusso della movida di Vasto, questo venerdì toccherà a noi bolognesi, di fatto o adottati, poter godere di questa esperienza multi-sensoriale. Già, perché di cosa parliamo quando parliamo di Fare Cose.? 

Per il vostro bene e della comunità intera, ho provato a indagare sul mistero che si cela dietro Fare Cose., ma, come tutte le cose belle della vita, anche questa è impenetrabile alla conoscenza umana. Ho contattato il fondatore di Fare Cose. inutilmente: vuole mantenere la sua identità anonima – che sia Liberato? Oppure Calcutta? Chi può dirlo –, suppongo per motivi legali o perché è una persona estremamente umile e la troppa notorietà non si addice alla sua persona. Oppure perché, in realtà, Fare Cose. siamo noi. Ognuno di noi può diventare Fare Cose. o fare cose con Fare Cose., non abbiamo bisogno di un volto, di un nome in cui immedesimarci per godere della serata. No, amici, Fare Cose. è la vita che scorre da un brano trap, da un verso della Dark Polo Gang o da quel tuo amico un po' imbarazzante che si scatena su un pezzo dell'A$AP Mob e a noi non resta che immergerci e abbeverarci da essa. 

Queste sono più o meno le mie conclusioni dopo che il misterioso fondatore di Fare Cose. mi ha detto che la sua serata è "un'esperienza", glissando elegantemente la mia richiesta di una playlist personalizzata per il mio blog. Non solo, prima di salutarmi e scomparire nel Web, il misterioso fondatore di Fare Cose. mi ha lanciato un enigmatico indizio su cui riflettere: "ah, e ricorda: PALME".

PALME. Cosa avrà mai voluto dire con PALME?


Io che rifletto sul mistero di PALME e cerco di decifrarne la verità


PALME.

Dopo aver passato una serata intera a scervellarmi per capire cosa volesse dirmi il misterioso fondatore di Fare Cose., ho provato ad analizzare questa breve, ma intensa parola per coglierne il senso e sono giunta a questa conclusione:

Perché è giusto. È giusto che esista Fare Cose., è giusto che ognuno di noi possa godere di un'esperienza esistenziale come Fare Cose.. Ed è giusto vivere, seguire e accettare Fare Cose. senza riuscire a coglierne davvero il suo senso sfuggente.

Amore. Fare Cose. è amore, dona amore, crea, divulga, eccetera... amore. Non solo sul dance floor (si spera), ma anche in ogni attimo del suo essere, anche quando mettete Like a un suo post su Facebook, ecco, anche in quel momento voi avete fatto l'amore con Fare Cose.

Luce. Fare Cose. è la luce in fondo al tunnel della vostra giornata di merda. È la luce che penetra dalla finestra nella vostra stanza di una settimana di frustrazione. Fare Cose. è la luce che vi conduce verso il paradiso sensoriale di una notte autunnale. 

Musica. Come si manifesta Fare Cose. a noi umili esseri umani? Attraverso la musica. Quando ho chiesto al misterioso fondatore di Fare Cose. qualche brano indicativo della sua serata, mi ha detto di no, perché "non si può ridurre Fare Cose. a una mera playlist di dieci canzoni". Sarei tentata di spiattellarvi due o tre pezzi che sono sicura potrete ascoltare al dj set, ma voglio rispettare la volontà del misterioso fondatore. Posso solo darvi dei vaghi indizi, tipo che Kim Kardashian apprezzerebbe, che potrete ballare come in un video di Rihanna, che i vostri capi vintage Raf Simons sarebbero ben accetti e che la suola bianca delle vostre Nike potrebbe sporcarsi. 

ESKEREEE



Sarà davvero questo il segreto che si cela dietro quel PALME? Non lo so, ma per scoprirlo non vi resta che prendere parte alla serata di Fare Cose. questo venerdì al Covo Club

PS In apertura ci sono anche i Belize, sì, quelli che sono andati a X Factor e sì, meritano le vostre attenzioni perché sono fighi. 



Cecilia
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Il problema non sono le donne – il caso Asia Argento, #quellavoltache e altre storie.

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Questa volta parliamo di cose serie. 

Sapete che evito di adottare toni polemici e seri, anche quando ce ne sarebbe il bisogno; sapete che raramente affronto discussioni di attualità e di carattere socio-culturali, che mi schiero apertamente su dibattiti di interesse comune. Insomma, lo sapete meglio di me che farmi portavoce di opinioni che vanno oltre l'ultimo album di Ghemon e simili non fa proprio per me. Questa volta, però, farò un'eccezione. Perché voglio parlare di un argomento che mi sta molto a cuore, ovvero la dignità della donna. 

Mi avete chiesto quale fosse la mio posizione sul caso Asia Argento e Harvey Weistein– come se ci fosse bisogno di specificare la proprio posizione a riguardo, ma purtroppo nel 2017, e soprattutto in Italia, siamo ancora a questo punto, ma ci arriviamo dopo. Mi avete domandato perché non ho supportato l'iniziativa #quellavoltache. Insomma, mi avete chiesto di espormi su tutto questo casino mediatico che rivede un'altra volta le donne sotto i riflettori del giudizio. E oggi lo faccio, col solito ritardo che mi contraddistingue – perché ahimè avevo una tesi di laurea da preparare, ma anche questa è un'altra storia.


Prima di tutto: io sto con Asia Argento. Sto con lei in quanto donna che ha subito degli abusi, delle molestie che si è portata dentro, in silenzio, per anni, fino ad oggi, quando ha deciso di confessare quel passato e, invece di trovare supporto (indovinate?), ha avuto in cambio solo insulti. Allora, perdonatemi in francesismi che seguiranno in questo post MA A ME CERTE COSE MI FANNO INCAZZARE COME UNA BELVA. 

Prima di tutto: cosa cazzo ne sapete voi? Chi siete voi per giudicare quando e come una donna possa considerarsi vittima di una molestia? Che ne sapete voi di cosa vuol dire subire delle violenze e dover stare zitta? Chi cazzo siete voi per decidere quanto tempo deve trascorrere dal fatto alla denuncia pubblica prima che il reato non sia più considerato tale? Se io denuncio uno stupro oggi o fra dieci anni, questo cambia la gravità della violenza? Non credo proprio. E chi cazzo siete voi per decidere se una donna può o meno essere vittima di una violenza? E secondo quali criteri una donna è più vittima di un'altra? Eh, ditemelo, forza. Perché Asia Argento no, ma Cara Delevingne sì? Perché "Asia è figlia di papà, l'ha fatto per salvarsi la carriera, perché è una tossica, si faceva comprare la cocaina" e molte altre belle cose che ho letto online. Un attimo: ma voi lo sapete che alcune donne subiscono molestie, violenze e negano l'evidenza? O, meglio, il loro cervello innesca dei meccanismi di evasione dalla realtà, di negazione e chissà quant'altro che ci vuole del tempo prima che la vittima accetti consapevolmente ciò che le è successo. Quindi, indovinate un po', non è così facile denunciare – che significa accettare-rielaborare-rivivere-esternare-comunicare-eccetera – una qualunque violenza. E (sorpresa!) non siamo tutti uguali. Ammiro chi ha scritto IO AVREI DENUNCIATO SUBITOOOO: bravi, davvero, ma non reagiamo tutti allo stesso modo, purtroppo o per fortuna. Inoltre, vorrei ricordare che al secolo Asia Argento aveva poco più di vent'anni. Insomma, non so voi, ma io a vent'anni non capivo un cazzo, avrei potuto rovinarmi la vita senza accorgermene a vent'anni. Inoltre, questo non giustifica che un uomo – che al tempo aveva più di quarant'anni – possa approfittarsi di una ragazza che sogna di fare l'attrice. Provate a indovinare: chi ha sbagliato, la ragazza di vent'anni che non capisce un cazzo della vita e vive solo in funzione del suo sogno di diventare un'attrice di successo o il quarantenne di successo, pezzo grosso di Hollywood, che invece sa molto bene come funziona la vita e la testa di una ragazzina? 

Ma, sapete cosa mi fa incazzare davvero? Peggio degli uomini che giudicano e attaccano una donna, solo le donne che giudicano e attaccano un'altra donna. Amiche, qui si tocca il fondo. Sapete, un uomo è uomo, non sa cosa vuol dire essere una preda sessuale in ogni attimo della propria vita, non ha la figa tra le gambe, non rischia lo stupro ogni volta che esce la sera o i giudizi degli altri per la lunghezza della gonna, no. Ma le donne sì, lo sanno bene, eppure riescono ad azzerare ogni livello di empatia, riescono a essere più malefiche, cattive, ignoranti e spietate di un uomo quando si tratta di violenze sulle donne. Dov'è la sorellanza? Dov'è il supporto tra donne quando serve? Tutte ad ascoltare Beyoncé, ma appena una donna mette a nudo le proprie debolezze, i propri sbagli o ha il coraggio di raccontarsi siamo subito pronte a puntare il dito. Mi fate schifo.

Spero di essere stata chiara.


Per quanto riguarda la questione #quellavoltache, hashtag nato con lo scopo di raccogliere, condividere e divulgare i racconti di centinaia di donne e uomini che hanno subito molestie, violenze, discriminazioni e maltrattamenti. A riguardo, vorrei raccontare due fatti che mi sono accaduti.

Primo. Qualche anno fa stavo andando da un mio amico, che abitava a circa quindici-venti minuti a piedi da casa mia. Era tardo pomeriggio, molta gente ancora per strada, insomma, una situazione più che sicura. Cammino, incrocio un tipo che mi guarda. Ok, tutto regolare. Poco dopo mi accorgo che questo tipo era tornato sui suoi passi e mi stava seguendo. Cammino e continuo a sentirlo lì, dietro di me, alle mie spalle. No panico, c'è gente, c'è ancora un po' di luce, pensavo. Cammino e lui sempre lì. Arrivo a un semaforo e, approfittando della folla che si mescola, riesco a capovolgere la situazione: adesso sono io alle sue spalle. Lui rallenta, si guarda intorno e capisco che mi sta cercando. Si gira, mi vede, si ferma. Io continua a camminare, lo supero ed eccolo lì, che riprende a camminare alle mie spalle. A quel punto mi fermo, mi giro e lo guardo. Tiro fuori la mia faccia da "che cazzo vuoi stronzo", anche se dentro di me vorrei morire. Prendo in mano il cellulare e, senza staccare gli occhio dai suoi, chiamo il mio amico dicendogli di venirmi incontro. Riattacco e riprendo a camminare. Il tipo scompare, del mio amico nemmeno l'ombra e quando arrivo da lui tutto quello che sa dirmi è "eh, ma anche te, con questa minigonna che ti aspetti?" ridendo. 

Secondo. Sempre qualche anno fa e sempre mentre andavo a casa dello stesso mio amico di prima, sono stata importunata da un uomo sbronzo alla fermata dell'autobus. Me ne stavo lì, mentre quell'uomo sulla quarantina mi urlava contro parole incomprensibili, puzzava di alcol e mi veniva sempre più vicino. Ogni suo passo verso di me mi facevano indietreggiare. Inutile sottolineare che i presenti alla fermata non facevano nulla per aiutarmi. Lui avanzava, io indietreggiavo, lui avanzava, io indietreggiavo finché non vado a sbattere contro una ragazza. Il tipo chiede, in un verso viscerale sgrammaticato, se quella fosse una mia amica. Io devo aver avuto davvero una faccia disperata se quella ragazza, guardando i miei occhi sbarrati, deve avermi preso sottobraccio e risposto "sì, siamo amiche e adesso la porto via". La ringrazio all'infinito. Saliamo sull'autobus insieme, ma purtroppo anche l'uomo sale con noi e continua a guardarmi e a dirmi frasi incomprensibili. Temendo di ritrovarmi a scendere alla stessa fermata con lui, da sola, di sera, in una strada buia, decido di chiamare il mio amico. Ma non ho soldi nel cellulare. A quel punto, la mia salvatrice (di cui dovrei ancora ricordarmi il nome, Benedetta) mi offre il suo per fare la chiamata. Fortunatamente l'uomo scende prima di me e io arrivo sana e salva a casa del mio amico – che sminuisce l'accaduto con un eh, vabbè, succede. 


Appurato che forse ho degli amici di merda, ho scelto questi due casi perché hanno due punti chiave. Il primo: il giudizio degli altri

Si potrebbe dire che "oltre il danno, la beffa". Non solo passi dei brutti momenti, alcuni che ti segneranno per sempre, facendoti sentire sbagliata, umiliata, ferita, continuamente in pericolo e chi più ne ha più ne metta, non solo, insomma, tutta le merda del caso, ma poi ti becchi pure il giudizio degli altri. Gli altri, questa entità anonima, pronta a criticare e a elargire giudizi, sono sempre lì, pronti a farti sentire colpevole dei tuoi stessi errori. E non parliamo di un messaggio inviato al tipo stronzo che ti farà di nuovo piacere, no, parliamo di violenze, stupri, molestie. E invece no, loro troveranno sempre il pelo nell'uovo per dirti che "è colpa tua, te la sei cercata". Uno stupro? Una violenza? Una molestia? Una discriminazione sul lavoro? È colpa mia se sono nata donna? Se volevo mettermi una gonna per stare bene con me stessa e, sì, essere figa? È colpa mia se ho dato confidenza a un tipo in un locale e questo si è sentito giustificato a molestarmi, nonostante io dicessi no? 
Amiche, indovinate? Sì, è colpa nostra. Non importa la gravità del reato, della violenza, non importa chi ci abbia ferito e come, non importa come ci sentiamo e (sorpresa!) non importa che noi lo denunciamo oppure no, la colpa sarà sempre nostra. 

Sapete che vi dico? Che a me avete proprio rotto il cazzo. In questi giorni ho letto di tutto sul caso Asia Argento, roba a sbattere la testa contro lo schermo del computer e sperare di dimenticare tutto. Ho letto commenti, opinioni, insulti e frecciatine non velate che mi hanno fatto orrore, mi hanno fatto salire la nausea e, soprattutto, mi hanno fatto capire che la donna, la sua dignità, sarà sempre in pericolo. 

Non so perché, forse per qualche strana coincidenza cosmica noi donne siamo destinate a essere temute, criticate, incomprese e screditate; qualunque cosa ci succeda, sarà sempre colpa nostra, perché siamo delle fattucchiere pericolose con loschi doppi fini e perfino uno stupro non può essere condannato perché, per qualche contorto ragionamento, sarà accaduto per nostro volere. 'Sti cazzi. Che la gente pensa cosa vuole, ma io sono stufa di dover leggere ogni volta delle baggianate sulle donne. 

Il problema è la mentalità della gente, che giudica prima di contare fino a dieci e capire che quello che sta pensando è pura merda. È l'assenza di empatia e, soprattutto, di comprensione. Una violenza non è un abito su cui possiamo avere dei giudizi personali. Una violenza è un fatto oggettivo, punto. Non c'è bisogno della vostra opinione per capire e decidere se è sbagliata oppure no. Una violenza è un attacco diretta alla persona, alla sua dignità, alla sua privacy, al suo corpo, a quello che vi pare, ma è un reato e come tale va condannato. Con le vostre opinioni di dubbio gusto, dettate da non so quali carenze affettive e di autostima, ci puliamo il culo ai nostri cani. 

Quando una donna è vittima di violenza, il vostro commento "eh, ma forse se l'è cercato" non serve a nulla, è inutile come Repetto negli 883. Anzi, vi dico di più: è deleterio. È benzina sul fuoco, è alimentare una mentalità comune che non vede l'ora di avere l'occasione per dire quanto le donne fanno schifo. State zitti, tutti. Se non potete capire, non potete immedesimarvi in una persona che ha subito delle violenze, se il vostro cervello è talmente piccolo da non comprendere cosa vuol dire essere vittima di molestie, vi prego, state zitti. 

Vi faccio un esempio pratico: se alla notizia di una donna molestata, la vostra reazione è "Ma come era vestita? Ma con quella minigonna se l'è cercata...", oltre a non capire un cazzo, voi state giustificando la violenza. State spostando il focus del fatto accaduto dalla gravità della violenza alla colpa della vittima; dal reale colpevole che ha effettivamente commesso tale abuso alla donna che lo avrebbe causato. Giuro, io sto facendo una fatica pazzesca per capire quale cazzo di meccanismo si innesca nella vostra mente per farvi arrivare a simili conclusioni. Non ci riesco, mi spiace. In ogni caso, in ogni situazione, in un qualunque universo parallelo in cui vi troviate, la vittima è vittima. Non c'è nessuna logica che possa supportare un'alternativo punto di vista, la vittima è chi subisce la violenza. E se voi, invece, dubitate anche solo per un attimo della sua credibilità, allora, mi dispiace, ma non capite un cazzo e siete voi ad avere dei problemi.

Quel che è peggio è che la vostra ottusità, la vostra ignoranza causano omertà e la paura di parlare apertamente di simili violenze. Ho letto di ragazze che per anni si sono portate dentro il segreto di una molestia, di una discriminazione e, perfino, di uno stupro. Se un'acclamata e potente attrice hollywoodiana ha avuto paura a denunciare il suo persecutore per anni, come pensate si possa sentire una giovane ragazza qualunque a dover mettere a nudo il proprio dramma. E pensate che i vostri squallidi commenti, le vostre opinioni inutili, i vostri giudizi affrettati, e il clima di terrore che creano, possano aiutarla. Rispondetevi da soli. 


Infine, col secondo caso, volevo sollevare un altro punto: il supporto tra di noi

Nella mia breve esperienza che vi ho raccontato, ciò che ricordo di più non è lo stronzo ubriaco che mi importunava, ma la ragazza che mi ha aiutata. Mentre tutti fingevano disinteresse, ignorandomi in un momento in cui forse avrei avuto bisogno di aiuto, lei si è fatta avanti e mi ha salvata. Ecco, amici, ricordiamoci anche delle cose buone, diamo valore alle piccolezze che fanno la differenza. Perché la vita è una merda, le violenze, le molestie e quant'altro ci saranno sempre, ma quando qualcuno ci aiuta e ci ricorda che ehi! forse non tutto è da buttare, facciamoci caso. 

In momenti bui come questi dobbiamo stare vicini, supportarci, capirci, aiutarci e condividere le nostre esperienze. È giusto denunciare e raccontare la merda di cui siamo vittime, ma nel mentre, ricordiamoci di chi ci supporta e ci sta vicino, diamo un briciolo di fiducia e speranza al genere umano. Diamo valore anche ai piccoli momenti di solidarietà, non diamoli per scontato e, soprattutto, divulghiamoli come faremmo con un pettegolezzo. Perché se è vero che ogni piccolo commento su Facebook che mina la dignità e credibilità della donna alimenta una contorta mentalità comune, è vero anche che ogni piccolo gesto di solidarietà alimenterà una rete di supporto tra tutti noi – uomini inclusi, sia chiaro. 



Infine, ci ho pensato molto se scrivere o no questo post, soprattutto perché pensavo di essere ormai in ritardo sul boom mediatico della notizia. Poi ho pensato: ehi, ma la violenza sulle donne, o la violenza in generale, non è uno scoop da sbattere in prima pagina, non deve dipendere dalle dinamiche di settimanalizzazione delle news. Non è un argomento hot che oggi è sui quotidiani di tutto il mondo e fra sette giorni già ce ne siamo dimenticati. No, è sempre il momento giusto per parlare delle donne e dovremmo farlo più spesso. 


Cecilia

Le 5 musiciste che hanno spaccato il culo nel 2017

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Ciao, sono tornata.

Avete presente quando la gente dice che il post-laurea è un periodo strano? Ebbene, non ci credevo, ma è così – lo diceva pure Contessa, ma dubitavo. Dunque, sono in quel fatidico "periodo strano" in cui mi sento in balia del nulla, come se la mia persona si fosse annullata di colpo. A Settembre mi dicevo che a ridosso della laurea avrei spedito CV, ripreso vecchi contatti, cercato collaborazioni, ripreso in mano i miei progetti e tante belle cose che vi lascio indovinare che fine abbiano fatto. Il nulla. Della serie che non sono nemmeno più tanto sicura di cosa mi piace fare, in cosa sono brava e cosa vorrei fare. La cioccolata mi piace sempre? E il risotto al radicchio? E il tiramisù? Il tiramisù so ancora cucinarlo? insomma, è proprio un periodo strano. 


Tra i vari buoni propositi per il post-laurea c'era anche quello di aggiornare più spesso questo blog [aggiungere grasse risate qui]. Ovviamente non l'ho fatto, come le altre mille cose che erano sulla lista - però ho rischiato di innamorarmi della persona sbagliata, qualcosa ho fatto. Però oggi sono qui, davanti al mio pc che tra poco esplode o decollerà verso lidi migliori visto il rumore inquietante che fa. Ma sono qui e vorrei scrivere. 


Qualche settimana fa, sulla mia pagina Facebook ho lanciato un mini-sondaggio per capire quale argomento avrei dovuto affrontare per rispolverare il blog. Ho lanciato la palla a voi, miei lettori che mi seguite su Facebook, per sapere quale tematica avrei potuto trattare per ritornare in grande stile. Ovviamente il sondaggio non ha avuto molto successo – e colgo l'occasione per dire FACEBOOK MERDA –, ma una traccia su tutte sembra aver catturato maggiormente la vostra attenzione: musiciste italiane del momento. Ed è quello di cui parlerò oggi.


PREMESSA

Questo post mi ronza in testa da mesi e avrei voluto strutturarlo in modo molto figo, tipo: musiciste italiane con assai notorietà nel 2017 + ovvero musiciste donne italiane bla bla... che apprezzo e ascolto + roba riguardante il loro stile + oppure i brand che dovrebbero indossare. Perché? Perché questa storia della moda mi perseguita, insomma vediamo di ficcarla un po' ovunque, questa moda, per farmela tornare simpatica, no? 

Ovviamente raramente la realtà ha soddisfatto le aspettative e perché cambiare il giusto corso degli evento proprio oggi? Dunque, in breve, il post forse potrebbe essere più misero, più banale, più di merda se vogliamo dirlo. Vediamo come si evolve.

Uniche regole: solo musiciste donne (quindi no Giorgieness, Réplicant, I Giocattoli, oppure Coma CoseYombe o Tersø, ad esempio), solo musiciste che hanno sfornato qualcosa nel 2017 (quindi no Maria Antonietta, Lndfk o Giungla ad esempio) e devono piacermi (quindi no Levante, ad esempio). E, soprattutto, per non dover sondare tutto il sottobosco musicale italiano del 2017 e realizzare una lunghissssssima lista noiosa, mi sono limitata alle mie playlist Spotify che vi piacciono tanto. 


Il titolo di simile post potrebbe essere:

MUSICISTE ITALIANE CHE NEL 2017 HANNO SPACCATO IL CULO A TUTTI (E NEL 2018 CONTINUERANNO) 




M¥SS KETA

C'è chi dice che M¥SS KETA è già old, che nel 2018 non sarà più sulla cresta dell'onda e che farà la stessa fine della DPG – 2016 alla grande, 2017 anche meno. Chi può dirlo, ma anche chi se ne frega. Fatto sta che la ragazza è una bomba, il suo EP Carpaccio Ghiacciato pure e i suoi live sono un'esperienza multisensoriale tra Cronaca Vera, Non È La Rai e Vacanze di Natale. 

E che dire del suo stile? I suoi accessori per coprire il volto e gli immancabili occhiali scuri – spesso griffati SUPER by Retrosuperfuture– sono ormai un'estetica inconfondibile, un marchio di fabbrica che ha influenzato giovani donne su Instagram e copiato da ogni stylist milanese che voglia sfondare. Non mi stupirei se la signorina sfilasse per Moschino durante una prossima sfilata. 







PRIESTESS

A parte il fatto che ogni volta devo controllare lo spelling del suo nome su Google, Priestess si è fatta strada nella scena trap italiana, emergendo tra i vari Sfera Ebbasta, Ghali e compagnia, con due singoli – Maria Antonietta uno dei miei pezzi preferiti che tengo sull'iPod – che l'hanno consacrata al "grande pubblico", o almeno quello dell'Internet. Ha accompagnato Calcutta e Izi sul palco del MI AMI 2017 nelle vesti del fantomatico Liberato e poco tempo fa ha presentato il suo primo EP Torno Domani. Una piccola bombetta con tre tracce inedite che confermano la bravura della ragazza, voce impeccabile, testi accattivanti e presenza scenica da non sottovalutare. E che ci dimostra che anche noi donne sappiamo sporcarci le mani col rap, pur mantenendo un certo stile che ci rende inimitabili – ma questo già lo sapevamo. 

Per quanto riguarda il suo stile, béh, da brava donna della trap italiana, anche Priestess gioca con felpe larghe, cappellini e top succinti; immancabili i bomber satinati, sneakers ricercate e i brand più fighi del momento sfoggiati in bella vista. Il salto di qualità potrebbe essere un completo sporty Off-White, una tuta Palm Angels o un total look Danielle Cathari. Pensaci Priestess. 




Tunonna 

Ho scoperto questa musicista come tutte le cose belle, ovvero per caso. Il suo album Buonoè stato una ventata d'aria fresca in un pomeriggio noioso davanti lo schermo polveroso del computer: chitarra acustica, voce sporca e testi diretti, senza peli sulla lingua, che parlano di nonne apprensive, Natale con i parenti a giocare a carte e qualche francesismo a caso. Il tutto con una vena ironica che racconta la quotidianità, senza dimentica una velata malinconia ben celata dalle parole semplici. Colgo l'occasione per dire che il verso "provo a parlarti ma sembro Luca Giurato" dovrebbe essere patrimonio della memoria collettiva. E ricordo anche che la ragazza, anni fa, aveva fatto una cover acustica di Pagliaccio di Ghiaccio di Metal Carter– e con questa possiamo chiudere tutto.

Dobbiamo parlare dello stile di Tunonna? Anche no e preferisco così, perché l'attitudine "mi-vesto-come-mi-pare-magari-pure-male-insomma-non-ho-uno-stile-ben-definito"mi piace molto nei musicisti. Suona come un'offesa, ma giuro che non è così. Più musica, meno posa





Leslie

Torniamo alla trap nostrana: Leslie è tosta, è diretta, i suoi testi non lasciano scampo. È l'altra faccia della medaglia della trap al femminile, se da una parte abbiamo Priestess, qui ci sporchiamo le mani senza aver paura di rovinare la manicure, non abbiamo peli sulla lingua e le parole fanno male. All'attivo ha solo una manciata di singoli, ma la ragazza promette bene e non vedo l'ora di ascoltare qualche pezzo nuovo. 

Leslie ha già uno stile ben definito. Niente fronzoli, brand da sfoggiare e pose plastiche. È così come la vedi, senza filtri bellezza e manierismi da star. È dura e cruda come la sua musica – e speriamo non cambi mai.








Sequoyah Tiger

Leila Gharib è un'artista a tutto tondo come se ne vedono poche di questi tempi. Una performer incredibile, una musicista, anzi una professionista della sperimentazione capace di dare vita a universi paralleli, mondi onirici e atmosfere aliene in cui perdersi lasciandosi cullare. È forse la vera rivelazione di questo 2017 col suo album Parabolabandit e sono sicura che il 2018 confermerà il talento della musicista. 

Anche qua primeggia l'attitudine"cazzomene" nell'abbigliamento, che, diciamocelo, quando si parla di musica forse è l'atteggiamento migliore per un artista. Cappellino e tute sportive colorate perfette per le sue scenografiche performance live.






È finito. Poteva andare meglio, ma l'importante è cominciare da qualche parte.

In realtà, adesso che ho iniziato vorrei non fermarmi mai. Sto meditando di scrivere una seconda puntata a riguardo dedicata al fenomeno dei duo uomo-donna che ultimamente sta spopolando nella scena musicale italiana. Oppure musiciste leader di band. O ancora altro, qualcosa potrei inventarmi. 




Cecilia
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Guida ai cessi di Bologna

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Tempo fa, molto tempo fa, scrissi un post di altissimo valore e importanza per l'umanità intera, ovvero una sorte di guida ai selfie nei camerini nei negozi. Non per vantarmi, ma fino a pochi anni fa ero davvero un drago in questa moderna pratica di autoscatto: mesi e mesi di duro lavoro per affinare la mia tecnica, studi empirici per perfezionare l'inquadratura, la giusta angolazione, la luce, il profilo migliore e, soprattutto, l'espressione vincente – il tutto raccolto in una pratica guida che potete leggere qui.

Siccome nella vita bisogna sempre andare avanti e migliorarsi, ho deciso di superare me stessa affrontando una nuova sfida: i selfie nei cessi pubblici. 

Perché, amici, è facile essere fighe davanti la Tour Eiffel o il Duomo di Milano, grazie al cazzo fare le splendide in una location da favola con magari un fotografo professionista che vi immortala mentre sorseggiate un tè verde. Ma provateci voi a fare una bella foto per Instagram in uno squallido cesso pubblico. Ebbene, cari lettori, io ne sono capace.

Tuttavia, non sono qui per vantarmi del mio innato talento di rendere tutto molto instagrammabile, anche un cesso puzzolente di uno squallido bar dei meandri sperduti di Bologna. Piuttosto oggi mi sono accorta che la mia lunga, infinita sfilza di foto nei cessi – oltre a essere bellissima – è una mappatura perfetta di alcuni punti nevralgici della movida bolognese. Dunque, visto che sono una persona estremamente gentile e altruista, ho pensato "ma hey! Cecilia, perché non scrivere una guida ai locali di Bologna attraverso le tue favolose foto nei cessi pubblici?".

Ed eccoci qui.

Faccio subito una breve premessa: capite bene che si tratta di una guida incompleta, in continuo aggiornamento perché mi è stato praticamente impossibile frequentare e, sopratutto, scattare sempre una foto nei cessi di tutti i locali di Bologna. Tuttavia, per il momento, ho fatto del mio meglio e vi prometto che questo non è l'ennesimo progetto che inizio e che poi abbandonerò dopo poco [inserire fragorose risate qui]. Dunque, è una guida in continua evoluzione, stay tuned. Inoltre, come primo capitolo, ho scelto di selezionare solo cessi pubblici e dei locali, ma chi può dirlo che una seconda parte non sia dedicata alle case private o a qualche altro tipo di cesso (magari umano). 


FREAKOUT CLUB
Via Emilio Zago, 7c 


Vi dico solo che questa foto l'ho scattata alle 6 del mattino perché io sono quella che a fine serata propone sempre "ma facciamo after?" e purtroppo qualche volta la gente mi prende sul serio. 

Tornando a noi, il Freakout Clubè un minuscolo locale che vi offre dei bellissimi cessi dall'atmosfera punk-hardcore in perfetto stile brutto centro sociale di periferia che vi riporteranno immediatamente ai tempi della vostra adolescenza – o almeno per me è così. Nonostante le modeste apparenze, i cessi di questo locale bolognese sono un esempio perfetto di street art contemporanea urlata e sbattuta contro fredde piastrelle da bagno; potete perdervi nelle centinaia di scritte ignoranti, disegni brutti e stickers che decorano ogni angolo di questo spazio, non più banale toilet, ma vero luogo di culto.


ZAMBONI 36
Via Zamboni, 36


Chiaramente non si tratta di un locale, tantomeno di un bar per fare aperitivo, ma della sede della dell'università di Bologna al civico 36 di via Zamboni – sì, quella dei tornelli. Ve lo segnalo solo perché il bagno al primo piano è molto figo e molto Instagram, vagamente Wes Anderson se azzeccate la giusta luce/inquadratura. Unica pecca: sempre molto pieno di gente e c'è un gran 




TPO
Via Casarini, 17/5


Non fatevi ingannare dalla mia espressione di disgusto – e dalla fronte spaventosamente spaziosa, i capelli, le orecchie, ok non sono proprio una principessa in questa foto –, perché il TPOè una altro di quei locali bolognesi che dovete sempre tenere d'occhio, poiché offre un servizio cessi molto interessante. Se il locale si presenta come il tipico centro sociale dall'arredamento ruspante, i bagni, al contrario, rappresentano una netta rottura con lo stile circostante: piastrelle lucide nei toni del bianco e del verde acqua rendono l'ambiente quasi asettico, se non fosse per gli specchi dalle cornici Ottocentesche in pesante metallo. 



RUGGINE
Vicolo Allemagne, 2/c


Delizioso bistrot nel cuore bolognese, Ruggine ha curato nel dettaglio anche il suo bagno, offrendo ai suoi clienti un intimo spazio che vi porterà con la memoria alle vecchie case dei vostri nonni. In questo piccolo, ma accogliente cesso patterns, colori e stili si mixano, creando tuttavia un'armonia atmosfera perfetta per le instagramers più esigenti alla continua ricerca dello scatto perfetto.



JUKEBOX CAFÉ
Via Mentana, 3


Il posto più rock'n'roll in cui mangiare (bene) e bere (bene) a Bologna. Essendo l'appendice culinaria dello storico Covo Club, il Jukebox Café mette subito ben in chiaro la sua attitudine rock e la grande passione per la musica che lo contraddistingue attraverso l'arredamento a tema originalissimo. Il bagno, ahimè, delude un po' le aspettative che si creano all'ingresso. Tuttavia, un bagno ben pulito è sempre il fiore all'occhiello per un ambiente di ristorazione che si rispetti. Nonostante lo stile essenziale, rallegrato solo da una profonda tinta rossa alle pareti che ricorda un'opera di Rothko, il cesso del Jukebox Café può trasformarsi in un'ottima location per le vostre foto – grazie soprattutto all'enorme specchio che mette a disposizione. 




I DOLCI DI NONNA VINCENZA
Via Strada Maggiore, 32


Deliziosa pasticceria artigianale che porta la tradizione siciliana direttamente a Bologna, I Dolci di Nonna Vincenza conquisterà subito i vostri occhi, ma purtroppo, il bagno non reggerà il confronto con l'intero locale. A parte l'arredamento minimal e la scelta di una palette neutra, il vero problema del cesso di Nonna Vincenza sono le luci che non aiutano la composizione dello scatto. Molto bello lo specchio mobile con cui poter "giocare" per creare simpatiche pose, ma assolutamente antiestetico il brutto cestino che inevitabilmente apparirà nell'inquadratura. 


COVO CLUB
Viale Zagabria, 1


Il bagno del Covo Clubè storia. Potrei tessere le lodi di questi cessi, di quella volta che una mia amica ne ha spaccato uno, di quella volta che ho conosciuto tizio e di quell'altra volta ancora che vomitai nel cestino all'ingresso. Potrei elencarvi tutte le amicizie nate davanti queste porte, le ore passate a parlare del nulla, le mille foto con sfondo l'inconfondibile parete di piastrelle bianche. Potrei, ma la verità è che i cessi del Covo vanno vissuti. Esteticamente parlando sono dei banali bagni che potrete trovare in altri mille locali, ma ciò che li rende speciali va oltre l'occhio umano.



Scatto in uno dei cessi dell'Accademia di Belle Arti di Bologna




Dettaglio dei cessi del Freakout Club




ZOO
Via Strada Maggiore, 50/A


ZOOè il classico locale molto Instagram che sicuramente apprezzerete. Il suo bagno è enorme: se non ricordo male si divide in tre spazio – uno dei quali dotato di fasciatoio, ma cazzocene a noi con l'istinto materno di un cucchiaino da caffè. A parte questo, le pareti pastello si prestano a scatti molto graziosi, mentre lo specchio a figura intera multi-quadrato è un'occasione perfetta per giocare a fare la modella davanti la fotocamera. Segnalo anche il lavandino in stile "casa della nonna" con grazioso armadietto dotato di specchio che potrete sfruttare per i vostri scatti artistici.




LILIUM CAFFÈ
Via del Borgo di San Pietro, 52


O, meglio conosciuto, "da Walter". Avete presente quei barètti brutti, quasi squallidi, a cui non dareste due lire? Ebbene, il Lilium Barè un po' così, ma vi assicuro che varcato l'ingresso cambierete subito idea. Stessa cosa per il bagno: uno dei cessi più belli di Bologna. Perfetto, impeccabile, la giusta luce, la giusta quantità di scritte che non intaccano la composizione della foto e poi quel dualismo cromatico blu-bianco delle piastrelle come solo nella pubblicità del Viakal si può ammirare.



CAFFÈ DE' MARCHI
Piazza San Francesco, 4


Ancora una volta ci troviamo davanti a un tipico cesso vissuto, giovane e dall'attitudine punk. Le mattonelle questa volta si decorano con gentili pois che nell'insieme danno vita a un delizioso effetto trapuntato che contrasta con le scritte sulle porte e gli stickers colorati. Ma l'asso nella manica del cesso del Caffè de' Marchiè lo specchio che permette una quasi figura intera per uno scatto impeccabile.



PASTICCERIA NERI
Via Saragozza, 81


Sicuramente la Pasticceria Neri non rientra nell'idea di movida che ci siamo immaginati fino a questo momento. È vero, tutta via il bagno di questa raffinata pasticceria è perfetta per quelli di loro che cercano una location di lusso, al limite del pacchiano. La sfarzosa cornice argentata, en pendant con i rubinetti e gli accessori presenti nello spazio, e la parete color crema sono perfetti per chi ricerca uno scatto elegante, ma di gran classe. 



KAFEINA KAFFE
Via dei Bibiena, 3a


Non lo nego, uno dei bar più imbarazzanti in cui io sia finita – ma non me ne pento, anzi, appena posso ci torno. Sono molto affezionata a questo minuscolo locale a due passi da Piazza Verdi e il suo bagno è uno dei miei preferiti grazie a pochi dettagli che lo rendono unico: lo specchio a figura intera, il tavolino dell'IKEA che ti permette di appoggiare il piede e fare una posa da figa di Tumblr, e le brutte scritte alle tue spalle che rendono lo scatto leggermente più artistico.



ARTERÌA
Vicolo Broglio, 1/E


Foto scattata la sera che ho visto Capo Plaza quando ancora non se lo inculava nessuno [n.d.r.]

L'Arterìa può avere tanti lati positivi, ma il bagno non è tra questi. Lo spazio è piccolo e scomodo, inoltre gli specchi sono piccoli e l'arredamento è ordinario, quasi ricorda quello di un ristorate medio. Ok, scritte sulle pareti e sulle porte, ma non bastano a farlo entrare nei miei preferiti.


DER KINDERGARTEN
Via Calzoni, 6


Piastrelle rosso sangue. Devo aggiungere altro?




Surreale scatto dei bagni della COIN




Si conclude qui la prima (e spero non ultima) guida ai cessi della bellissima città di Bologna. 

La redazione declina ogni responsabilità in caso di delusioni, incidenti, scatti non belli e altro. Segnalateci i vostri cessi del cuore e inviateci la loro geolocalizzazione moderatamente. 


Cecilia 
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Analisi antropologica della Dick Pic nella chat di Snapchat

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C'era una volta un social di nome Snapchat. A differenza dei suoi amici Facebook, Twitter e molti altri, Snapchat era il nuovo arrivato nel reame dei social networks e, come tutte le novità, non fu subito apprezzato e capito dal popolo. Tuttavia Snapchat non si arrese e, giorno dopo giorno, riuscì a conquistarsi la stima della gente grazie all'aiuto di filtri magici e video innovativi. 

Da quel momento, in poco tempo Snapchat diventa un social molto popolare: un luogo pacifico in cui le persone potevano essere davvero loro stesse, senza dover sforzarsi di essere impeccabili e fighe come con Instagram, o fingere intelligenza e cultura come con Facebook. Con Snapchat il popolo del Web si sentiva a suo agio, parlando a ruota libera di ogni pensiero che gli balenava nella testa, restando comodamente sul divano in pigiama. Ma soprattutto, grazie a Snapchat ogni primogenito della Generazione Y poteva realizzare il suo sogno di essere un VeeJay d MTV. 

Un giorno Instagram, il social più fighetto del reame, ingelosito dal successo di Snapchat, decise di mettere i bastoni tra le ruote al nuovo arrivato trasformandosi in una sua copia. Nonostante i vani tentativi di Snapchat di tenersi al passo con la concorrenza, in poco tempo Instagram conquistò tutto il popolo del Web, che poco alla volta si dimenticò del povero Snapchat come ci si dimentica del primo fidanzatino delle elementari. 

Come una meteora musicale, che per brevi, ma intensi istanti ha brillato nei cuori della gente, così Snapchat ha visto, alla fine dei giochi, il suo declino. Che ne è rimasto oggi dell'ex social più utilizzato dai giovanissimi? Dopo un breve periodo di transizione e confusione, sembra essersi arenato nella peggiore versione di sé: la sex chat.



Ebbene sì, amici, l'era di Snapchat è ormai giunta al termine. E non è stata solo Kylie Jenner a sancirne la fine, ma ognuno di noi che, con l'amaro in bocca e il cuore in lacrime, ha accettato la triste conclusione della relazione col social, un po' alla volta, giorno dopo giorno, finché il dolore e la nostalgia non sono stati affogati in una Stories di Instagram.

Ammettiamolo, i pochi rimasti su Snapchat ormai si contano sulle dita di una mano, ma il fenomeno più interessante è la trasformazione che sembra aver innescato questo social, ovvero la sua digievoluzione in un sito per incontri e/o sex chat e/o punto d'incontro di ogni morto di figa del Web in italia.

Come è potuto accadere? Non lo possiamo sapere. Il momento esatto in cui Snapchat è stato eletto social ufficiale per il Gruppo Morti di Figa Anonimi italiani non è stato ancora comunicato alla stampa, tuttavia sappiamo solo che all'improvviso il social dei filtri buffi si è trasformato in un sito per scambi di foto hot. Il perché di questa inaspettata trasformazione è ancora più avvolta nel mistero, come quando nel 2014, improvvisamente, senza motivo apparente, il cappellino alla pescatoraè diventato un trend fighissimo. 

Tuttavia, già da tempo si avvertivano nell'aria alcuni segnali di questo cambiamento. Quasi un anno fa, infatti, numerosi utenti anonimi con simpatici nickname tipo "Lungo20cm", "Duro Durello" e "Max Large" hanno iniziato a farsi notare su Snapchat, intasando le chat private con le loro richieste bizzarre e le foto nella loro intima quotidianità. Secondo alcune indagini, uno dei motivi di questa improvvisa invasione di arrapati è stata la comparsa di un sito che invitava i suoi lettori a contattare alcune ragazze su Snapchat – tra cui la sottoscritta – che sarebbero state molto felici di scambiare foto hot con altrettante foto piccanti. E da quel momento Snapchat non è stato più lo stesso.


Fin qui, niente di male. Ma capite bene che nel momento in cui il traffico su Snapchat ha iniziato a calare, gli utenti iscritti a diminuire vertiginosamente e quando perfino gli ultimi, tenaci affezionati hanno deciso di abbandonarlo, sul social siamo rimasti solo io e questi Morti di Figa

Ho iniziato a notare l'anomalo fenomeno lo scorso Settembre quando gli sporadici episodi, a tratti grotteschi e divertenti, di "cazzi in chat" sono diventati sempre più frequenti e pressanti. Se riporto la mente a quei giorni autunnali, potrei stimare una media di circa 2,8 cazzi in chat al giorno– senza contare i messaggi molesti e i vari "ciaoooooo XD".
Tra Novembre e Dicembre abbiamo assistito al picco dei contenuti hot su Snapchat: con una media di 2 messaggi espliciti su 3 al giorno, la mia chat privata sul social poteva competere ad armi pari con un brutto film porno tedesco.

Incuriosita e affascinata dal fenomeno, ho iniziato a interrogarmi sul perché uno sconosciuto dovrebbe inviare la foto del proprio pene a una sconosciuta che non ha mai dato segni di interesse a questo genere di scambi. Perché farlo? Cosa spinge questi uomini a essere così spudorati? Chi sono questi anonimi Morti di Figa? È davvero così eccitante? Perché non hanno lo stesso spavaldo coraggio per invitarti a prendere un caffè? 

Con la mente annebbiata da questi e altri quesiti esistenziali, decisi di approfondire l'argomento interrogando alcuni miei amici sul perché un uomo dovrebbe mandare la foto del proprio pene a una sconosciuta – "tu l'hai mai fatto? È davvero così eccitante? Cosa si aspettano dalle tipe? Che rapporto hai col tuo pene?". Ma ovviamente sono tutti casti e puri alla luce del sole, privi dell'oscurità del loro schermo del telefono. Balbettando ed estremamente a disagio, molti di loro mi hanno liquidata con dei banali CHE SQUALLIDIIIII NON LO FAREI MAAAAII NON CAPISCO COSA CI SIA DI COSÌ ECCITANTEEEE eccetera eccetera. 

Amareggiata dalle insoddisfacenti risposte, decisi allora di chiedere semplicemente ai diretti interessati. Mettendo in campo tutta la mia bravura analitica e le migliori tecniche socratiche, ho chiesto a ogni sconosciuto che mi faceva dono della foto del suo pene il perché di quel gesto. 




Nel corso della mia indagine, messa in atto con poca costanza e professionalità tra Novembre 2017 e Febbraio 2018, ho raccolto materiale a sufficienza per poter non solo individuare le motivazioni alla base delle Dick Pics, ma anche profilare l'utente Morto di Figa Medio.





Durante la mia ricerca ho voluto attuare diversi metodi investigativi, variando occasionalmente il registro linguistico per monitorare le diverse reazioni degli utenti a diversi stimoli di domanda. In linea generale, il mio approccio si è basato su un finto scusa-non-capisco-un-cazzo, arrivando talvolta a incalzare lo sconosciuto in chat con domande ripetitive in loop o con toni aggressivi per mettere gli utenti sotto pressione e testare la loro tenacia. 

A un primo sguardo emerge, a sorprese, un soggetto lontano dai luoghi comuni femminili: il Morto di Figa Medio non è così viscido, inquietante e repellente come ce lo immaginiamo. Al contrario, il soggetto risulta essere di temperamento docile, quasi impacciato, e pronto a scusarsi per aver arrecato disturbo con la sua foto inopportuna. 





Molti di loro sono addirittura pronti a intavolare un dialogo conoscitivo per dare un po' di colore all'incontro virtuale, sia per accrescere l'eccitamento con dettagli inutili, posticipando il climax del dialogo, sia per accertarsi che la ragazza dall'altra parte del social sia maggiorenne – informazione che comunque non frena la voglia di inviare la foto del proprio pene in chat [Ndr]. 
Se molti dei campioni presi in esame si sono posti con toni arroganti e atteggiamenti frontali, inviando immediatamente un selfie del proprio uccello, altri invece si sono avvicinati cautamente alla sottoscritta chiedendole prima se gradisse vedere una foto del loro pene e se magari, gentilmente, potesse ricambiare con una foto delle sue tette. 



In generale, dal materiale raccolto, emerge che le motivazioni che spingono un Morto di Figa a inviare una Dick Pic in chat possano essere a) noia, b)solitudine e c)Ego Maschile da soddisfare con la caccia erotica fine a se stessa– ma questo è un altro argomento che affronteremo forse in futuro.




Infatti, spesso la risposta più frequente alla domanda "perché mi hai inviato la foto del tuo cazzo"è "boh, non lo so, mi annoio, sono solo in casa", portando alla luce un lato meno conosciuto del Morto di Figa Medio, ovvero quello tendente all'isolamento e vittima del tedio esistenziale dei nostri giorni. 

Che sia un modo per evadere dalla frenesia della vita moderna, ricercando nella Dick Pic, così immediata, sfrontata e carnale, un legame con l'Io primitivo e selvaggio ormai represso dalle abitudini urbane contemporanee?

Non solo. Molti soggetti interrogati dichiarano che la loro scelta di inviare una foto del loro pene a una sconosciuta sia dettata dal fattore "effetto sorpresa": facendo leva sullo sbigottimento della ragazza nel ricevere una Dick Pic all'improvviso, il Morto di Figa spera di ricevere una foto hot come risposta goliardica al suo coraggioso gesto. Un meccanismo logico che mi sfugge, ma credo possa essere vagamente associato alla stessa teoria alla base de "L'uomo Nudo" di How I Met Your Mother.




L'aspetto che tuttavia mi ha più colpito è la tenacia del Morto di Figa Medio. Mettendo in campo tutta la fastidiosa testardaggine di cui sono capace, ho voluto portare all'esasperazione alcuni dialoghi per testare la resistenza degli utenti in esame. 
Incredibilmente, i Morti di Figa sono capaci di sopportare ore, giorni e una lunga serie di insulti pur di ricevere una foto hot da una sconosciuta. La tenacia dimostrata dagli utenti in chat è di gran lunga più alta delle aspettative, facendo emergere un tratto del Morto di Figa che potremmo etichettare come "disperato". 





Il fattore "tenacia" apre altri quesiti nella nostra ricerca: perché l'uomo non impiega la stessa costanza, tenacia, la stessa energia cognitiva-emotiva e lo stesso tempo anche nella vita vera? Se il Morto di Figa Medio è capace di simile sforzo, perché non lo applica anche in altre situazioni differenti? Se nella vita al di fuori della sex chat, l'Uomo Medio sembra affetto da deficit dell'attenzione, che dopo un rapido botta-e-risposta su Instagram perde interesse e scompare, o è facile a cascare nelle distrazioni di qualunque tipo invece che portare al termine il corteggiamento, il Morto di Figa che invia la Dick Pic appare disposto a tutto pur di portare a casa una banalissima foto da una sconosciuta con cui si masturberà nell'intimità della sua camera da letto. 






Da qui potremmo addirittura intavolare il saggio breve: "Le Priorità dell'Uomo Moderno: Meglio la Chat di una Scopata?". Chiaramente nella sex chat e nella pratica delle Dick Pics entrano in gioco una serie di fattori – quali l'anonimato, l'utilizzo di un mezzo di comunicazione che rende tutto più torbido e misterioso, l'immediatezza, eccetera – che trasformano il corteggiamento virtuale in un rituale molto più eccitante e privo di responsabilità a posteriori. Ma questa è un'altra storia.





In conclusione, cari amici, possiamo dire che la pratica moderna della Dick Pic sia ancora avvolta dal mistero. Da questa ricerca emerge tuttavia un nuovo, inaspettato profilo del Morto di Figa Medio, che si arricchisce di inedite sfaccettature caratteriali che fino ad oggi erano sottovalutate o, addirittura, sconosciute. Il motivo cardine che spingerebbe il Morto di Figa Medio a inviare senza preoccupazioni apparenti le foto del suo pene a perfette sconosciute pare ancora ignoto. 
Da aggiungere allo studio un fattore da non sottovalutare, ovvero il fatto che spesso i soggetti presi in esame fossero fidanzati o sposati – amici, se mettete il vostro nome-cognome vero + foto personale molto nitida aspettatevi che una come me, con molto tempo a disposizione e una curiosità malata, vi venga a cercare su ogni social esistente sulla faccia della Terra.

Dunque, nemmeno la carenza di Figa sembra essere una buona risposta alla pratica della Dick Pic. Che il mistero si celi proprio dietro quel famigerato "Ego Maschile" che noi donne non riusciamo a concepire? Che si tratti invece, molto più semplicemente, di un cocktail di tedio casalingo mescolato a desiderio inesauribile di rimorchiare facile? Lo scopriremo solo chattando.



Cecilia



PS Si ringraziano tutti gli utenti che in questi mesi mi hanno molestato con le loro Dick Pics: grazie, senza di voi tutto questo lavoro non sarebbe stato possibile, vi voglio bene. 

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Il vero punto del discorso: cosa indossa Young Signorino nel nuovo singolo "La Danza dell'Ambulanza"

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Ieri forse era la giornata nazionale de "La Posta di Cecilia" e non lo sapevo, perché fin dalle prima ore della mattinata ho ricevuto un sacco di messaggi – e non mi riferisco a quelli di mia madre, che, casualmente, proprio ieri non mi ha mai scritto. 
Dicevamo, messaggi in privato di ogni tipo, dalla stramba, ma dolce richiesta di una fidanzata che voleva fare una sorpresa al suo moroso "regalandogli" un mio video in cui gli auguro buon compleanno, a quelli di conforto e supporto – è così palese che non sto molto bene in questo periodo, amici? Tuttavia, alcuni messaggi avevano come unico fil rouge il fenomeno mediatico-musicale italiano del momento: Young Signorino.

Nello specifico, gli avventurieri che mi hanno scritto a riguardo, vedendo in me l'esperta per eccellenza in Musica di Merda e Casi Umani dell'internet, sembravano ossessionati soprattutto da un unico, enorme quesito esistenziale: Young Signorino, ci è o ci fa?



Per rispondere a questa domanda dovrei attaccare una pezza lunga una notte e qualche ora; dovrei gettarmi a capofitto nel fenomeno e disossare con fermezza clinica il personaggio più controverso del momento. Potrei, ma ve lo risparmio. Dico solo, brevemente, che per me "ci è". Ma ci torneremo dopo, altrimenti qui prendiamo la tangenziale e mi ritrovo a raccontare di quella volta che sono scoppiata a piangere perché mia madre aveva messo il prosciutto nel polpettone.

Torniamo a noi. Dunque, ieri in molti mi chiedono delucidazioni su Young Signorino, nello specifico, se questo ci è o ci fa – parafrasando: se è costruito a tavolino o scemo vero. Dopo alcune mie "brevi" risposte, tipo che secondo me è un "costruito onesto, sicuramente ha giusto un po' forzato la sua immagine – non dimentichiamoci che è Ariete –, ma secondo me crede in quello che fa che poi, cosa vuol dire "essere costruito"? Myss Keta è costruita però spacca. Mentre roba tipo Fedez è autentica (?) perché è lui in prima persona a scrivere e a metterci la faccia (?), ma chiaramente produce roba creata ad hoc per vendere e piacere, quindi non è anch'esso costruito? Ma poi, cosa vuol dire musica autentica?"eccetera e eccetera per quasi due ore di sproloqui su Snapchat. 

Il caso ha voluto che proprio ieri, alle ore 14, il rapper di Cesena tirasse fuori il nuovo singolo "La Danza dell'Ambulanza", una sorta di La Danza delle Streghe di Gabry Ponte per le nuove generazioni, con il solito fiume di parole senza senso apparente, che già il singolo Mhm Ah Ah Ah aveva consacrato, il tutto sparato su un beat martellante degno del DJ Tatanka.  


Visto che io non tendo assolutamente a ossessionarmi con le cose che mi piacciono, l'uscita del nuovo video mi ha traghettata in un vortice di elucubrazioni e teorie assurde sul fenomeno Young Signorino che è andato avanti per una buona ora. 
Infine, il mio lungo pensare è giunto a un punto di svolta. Mettendo un attimo da parte il brano, un altro aspetto che gioca a vantaggio di Young Signorino è lo stile. Chiaro, è curato da una stilista che molto probabilmente è pagata per renderlo wow amazing cool trendy yeah, ma ciò non toglie che è un fattore di massima importanza per il successo del rapper. Dunque, mentre mi perdevo in una selva di pensieri di questo tipo, ho avuto un'illuminazione: ma chi se ne frega se Young Signorino ci è o ci fa, se fa cagare oppure no, la questione importante è un'altra, ovvero cosa indossa

Giungendo a questa conclusione, mi sono accorta della profonda mancanza di argomenti sul tema dei look del rapper. Ma, visto che io sono la paladina delle questioni importanti che interessano a pochissime persone, ecco venire in vostro soccorso per elencare i brands indossati dal signorino nel suo ultimo video. Ci ho messo ore, mettendo in campo una ricerca incrociata che ha messo a dura prova le mie capacità cognitive e la mia conoscenza in campo moda, ma alla fine qualcosa ho trovato.


Metà felpa, metà giacca in tartan rosso di Gosha Rubchinskiy





Camicia bianca con logo glitter di MISBHV 




Camicie con stampe grafiche della collezione Prada Menswear 2018








Canottiera bianca con stampa a contrasto Calvin Klein SS2018





Tabi Boot di Maison Margiela, of course




Che piaccia oppure no, che sia costruito o meno, non potete negare che almeno a livello stilistico è una bomba per gli occhi. E adesso che ho fatto la mia buona azione quotidiana per il bene dell'umanità, vado a ballare Mhm Ah Ah Ah in bagno come è giusto che sia – e so che lo farete anche voi, perché alla fine dei giochi, cediamo tutti con una risata alle stronzate.


Cecilia

Non abbiamo bisogno di Enrique Iglesias – Giorgio Poi, De Leo e la musica italiana che ci fa ballare

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Non sembra, ma l'estate è alle porte. E se non ve ne siete accorti, un motivo c'è. Non è colpa di questa primavera un po' altalenante, no. Non è colpa di Marzo che ha fatto schifo, di Aprile che ha fatto pure peggio o di Maggio che potrebbe fare di meglio, ma non si impegna. Non è colpa delle temperature birichine, delle piogge improvvise e degli sbalzi d'umore di questa primavera. Se non ci siamo ancora accorti che l'estate si sta avvicinando è colpa della grave mancanza di un tormentone estivo.

Nello specifico, cari lettori, non è ancora uscita una hit estiva degna del suo nome, che ci faccia sognare spiagge esotiche, balli proibiti e tutti i luoghi comuni latineggianti che un buon videoclip musicale può mettere in campo. È vero, Elettra Lamborghini, col suo singolo di debutto Pem Pem, mi aveva dato delle (false) speranze sull'inizio della stagione delle canzoni tamarre da ascoltare a tutto volume in macchina. Ma, nonostante il gran bel pezzo che la ragazza ha tirato fuori, mancano ancora i nomi dei signori dell'estate. Dov'è Sean Paul? E J Balvin? Pitbull cosa sta aspettando a tirare fuori un nuovo featuring? Ormai è come Michael Bublé per il natale: se non esce il nuovo singolo di Enrique Iglesias non è estate. 

Dunque, mentre mi tormentavo con simili elucubrazioni mentali, ascoltando in loop Pem Pem per illudermi che sì, l'estate sta arrivando, voglio crederci, ho avuto uno dei miei famosi lampi epifanici. Sento davvero la mancanza di Enrique Iglesias? Voglio davvero una nuova canzone di Alvaro Soler? Se mi guardo allo specchio, nel profondo dei miei occhi la risposta è no. E sapete perché? Perché quest'anno i tormentoni estivi li facciamo noi.

Riscaldate i muscoli e tirate fuori i vostri shorts da battaglia, perché qui c'è un esercito di musicisti Made in Italy pronti a farvi scatenare con sonorità latineggianti e piacevolmente pop.



I primi ad aprire le danze sono stati Frah Quintale Giorgio Poi che hanno lanciato un vera bomba estiva, complici i maestri del tormentone Takagi e Ketra: il singolo Missili. Una coppia inaspettata, quanto vincente, perché il brano è una una doccia ghiacciata dopo un pomeriggio sotto il sole d'agosto, è un cocktail fresco sorseggiato al tramonto sulla spiaggia. E non sto esagerando con le metafore, perché ascoltando Missili le immagini che si creano in testa sono proprio queste, con quel ritmo che conquista subito l'anca e il riff di chitarra che entra subito in testa, e nel cuore, come un'estate passata che si ricorda con nostalgia.






Arriva anche Carl Brave – sì, quello di Carl Brave X Franco126 – che col suo album solita Notti Brave entra a gamba tesa nelle nostre playlist estive. C'è tutto il repertorio carlbraviano che abbiamo imparato a conoscere e ad amare: Roma e la romanità che ci piace un sacco, gli amori sbandati, quelli passionali che finiscono in caciara, il vino rosso da bere con gli amici, il tutto raccontato con la schiettezza senza virtuosismi che in pochi sanno fare. L'album è costellato di featuring azzeccati, da Francesca Michielin e Fabri Fibra, a Emis Killa, Giorgio Poi – sì, sempre lui –, Federica Abate e l'immancabile Franchino, of course. Ma il pezzo che fa al caso nostro è quello con Frah Quintale – sì, sempre lui –, Chapeau. Fin dalle primissime note, il pezzo non ha nulla da invidiare a un qualunque tormentone estivo latineggiante. E continuando l'ascolto, va anche meglio. La canzone è struggente, malinconica come le belle canzoni di amori finiti male devono essere, ma il ritmo incalzante e latino ci portano con i piedi scalzi sulla spiaggia, in riva al mare, a ballare e cantare alle stelle – e sai che c'è, c'è che se non penso più a niente finisco a pensa' sempre a teee urlata a squarciagola. 



È il turno di Francesco De Leo che tira fuori la mina Caracas. Se il fu leader dei L'Officina della Camomilla ci aveva già fatto sognare luoghi esotici e suggestivi, con una buona dose di immagini torbide che fa sempre piacere, col suo album solista La Malanoche, prodotto da Giorgio Poi – sì, sempre lui –, con il nuovo singolo ci fa toccare orgasmi sensoriali di alto livello. Le melodie dreampop, le atmosfere psichedeliche e graffianti che echeggiano nel suo album, sono condensate nel nuovo singolo, che spinge l'acceleratore al massimo con un ritmo incalzante che vi sembrerà di sfrecciare a cento all'ora per le strade malfamate venezuelane mentre la radio suona una ballata rock latina. 



Anche Liberato è sceso in campo per giocare nel campionato dei tormentoni estivi italiani. Se già Gaiola Portafortuna era entrata a mani basse tra le hit da ascoltare questa estate, complice un video di altissimo livello, il misterioso musicista ha tirato fuori non una, ma ben due bombette che sono sicura risuoneranno nelle vostre cuffie. È un po' come rispondere alla domanda "vuoi più bene a mamma o a papà?": INTOSTREET o JE TE VOGLIO BENE ASSAJE? Difficile scegliere, ma qualunque sia la vostra decisione, cadrete comunque su una spiaggia caraibica, preferibilmente nel bel mezzo di una festa a suon di melodie reggaeton. 



Restiamo sul Graffiti Pop, il nuovo genere che sta impazzando su Spotify, e troviamo Mecna col singolo Tu Ed Io, fresco fresco di uscita e che vede la partecipazione del rapper CoCo. Il brano si addentra in sonorità nuove per il musicista, ma l'esperimento funziona e dà alla luce un mix di perfetto di atmosfere house e beat ritmati che non vi usciranno più dalla testa. 



Dal calderone della scena tra italiana, invece, peschiamo Capo Plaza e il nuovo album 20. Il primo album del rapper salernitano ha delle chicche interessanti, ma il brano di cui abbiamo bisogno è Ne È Valsa la Pena – feat. Ghali, un altro che sa come farci ballare. Il pezzo non vi farà rimpiangere i vostri rapper americani preferiti, grazie a sonorità dance hall e atmosfere "clubbing". Già immagino il dj che fa partire questo pezzo e tutti ci scateniamo come ai tempi di Con de Replay di Rihanna. 




Dunque, se non sono ancora riuscita a convincervi di questa nuova, freschissima versione della musica "indie" italiana, potrei sparare altri pezzi, meno recenti, come Contento di Masamasa, musicista casertano che mi ha conquistata fin da suo primo singolo del 2018 (Friendly) e che adesso, scommetto, farà breccia anche nel vostro cuore. Altro genere, ma sento che anche una Lucia Manca potrebbe farvi sculettare in pista con il suo synth-pop e i suoi echi anni Ottanta, soprattutto se il dj mette su il spezzone Eroi. Ma voglio vincere facile e allora calo sul tavolo l'intero album Cosmotronic di Cosmo: pescate una canzone a caso e ditemi se non vi fa venir voglia di ballare – a tal proposito, vi consiglio pure la playlist Il Suono di Ivrea su Spotify. E saprete qual è la bella notizia? Che ce ne sono ancora molti altri. 


In conclusione, la nostra estate 2018 sembra nascere sotto un unico credo: Giorgio Poi nuovo Timbaland della musica "indie" italiana. E oggi pure piove (ancora), ma se ascolto Missili mi sembrerà di essere al mare.


Cecilia

Menswear del futuro: quale cantante italiano sfilerà alla prossima Settimana della Moda?

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Che la moda corteggia la musica, e la musica non solo si lascia ammaliare, ma fa la corte a sua volta non è una novità. Che i grandi marchi della moda flirtino con musicisti di non successo non è storia nuova, anzi. E che gli stilisti, soprattutto d'oltre oceano, portino in passerella noti nomi della musica, non è , anche questa, una sorpresa. 

La Fashion Week newyorchese, ad esempio, ha visto stelle della musica vestire i panni dei modelli per alcuni brand di successo – vedi Kanye West che ha fatto sfilare Young Thug e Lil Yachty per la sua collezione YEEZY Season 3, e Skepta, modello improvvisato per NasirMazhar. E se vogliamo andare ancora più in là nel tempo, allora torniamo in Italia, nel giugno 1996, quando Tupac sfilò in passerella per Versace

Torniamo ai giorni nostri, al boom della tra e del rap in Italia, alla trasformazione "culturale" dell'indie, non più per una cerchia ristretta di disagiati emotivi, ma vero fenomeno musicale di portata nazionale. Questo è il panorama italiano e la moda di certo non poteva restare ferma a guardare nascere e crescere le tendenze di costume. Milano, allora, ha cavalcato la corrente e ha iniziato a coinvolgere i cantanti più amati del momento per trasformali, anche solo per pochi minuti, in modelli di successo. 



Galeotto fu Marcelo Burlon che per lo show della sua collezione Primavera-Estate 2018 portò in passerella Sfera Ebbasta, il giovane rapper amatissimo dalle nuove generazioni – e da me, fatto che mi catapulta a pieno titolo tra i "giovanissimi". Non fu una scelta inaspettata, visto che già da tempo il rapper e il fashion designer avevano instaurato una se-si-può-chiamare amicizia, sfociata anche in una capsule collection. 
Non solo, durante la stessa stagione anche i suoi colleghi Tedua e Ghali sfilarono rispettivamente per Dolce&Gabbana e Damir Doma–  fatto molto più eccezionale, vedere i due rapper vestiti di tutto punto, uno in un cappotto elegante e pantaloni skinny a righe, l'altro con jeans bianchi e giacca sportiva tempestata di pietre sbrilluccicose. 
Personaggio minore, ma non per questo meno importante, Dark Vegeta la (ex?)security ufficiale della DPG, ha affiancato il "collega" Sfera Ebbasta durante lo show di County of Milan di Marcelo Burlon.
Nello stesso periodo, poco più in là, a Firenze, altri due musicisti della scena indie, come Francesco Bianconi (Baustelle) e Lucio Corsi sfilarono a Palazzo Pitti in occasione della collezione Cruise 2018 di Gucci.

Passano i mesi, precisamente sette, ed ecco arrivare una nuova Settimana della Moda. Potevano i brand non continuare a battere il ferro del trend dei musicisti finché era ancora caldo? Ovviamente no. 
Durante le sfilate delle collezioni Autunno-Inverno 2018/19, fu il turno della tanto attesa Dark Polo Gang vestire i panni di Marcelo Burlon County of Milano per scendere i passerella e sfilare come dei veri modelli. Quanti di voi aspettavano questo momento? Alzi la mano chi per molti notti ha sognato il momento in cui TonyEffe avrebbe calcato le passerelle. Ebbene, i nostri desideri, alla fine sono stati esauditi.





E questa volta? Dolce&Gabbana ha sorpreso tutti portando sotto i riflettori due amati musicisti della scena “indie” del momento: uno è Cosmo, il “King” di Ivreatronic che col suo “Cosmotronic Tour” sta facendo ballare tutta l'Italia; l'altro è Tommaso Paradiso, il leader dei Thegiornalisti, da poco tornati nelle classifiche col nuovo singolo “Felicità Puttana”. Il primo ha fatto il suo ingresso in passerella con maxi-maglia a tema religioso e, fermi tutti, un paio di occhiali da sole extralarge dorati, mentre il secondo in forma smagliati, si è palesato al pubblico con un completo elegantissimo scuro satinato con revers dorati e, fermi tutti di nuovo, mocassini borchiati di opinabile gusto. 





Insomma, non solo nella musica, ma anche la moda ha voluto differenziare nettamente i due musicisti con due look agli antipodi.


Ok, adesso che abbiamo finito col momento rubrica-di-moda-semi-seria, passiamo alle cose serie: APERTE LE SCOMMESSE PER INDOVINARE CHI SARANNO I PROSSIMI MUSICISTI A SALIRE IN PASSERELLA.

Quale sarà il rapper che calcherà la passerella di Marcelo Burlon? Quale cantante sfilerà per Dolce&Gabbana durante la prossima settimana della moda uomo? E, riflessione improvvisa: perché non invitano donne musiciste? Capisco che fa più ridere un cantante uomo che si improvvisa modello professionista, ambito spesso affibbiato al mondo femminile, e capisco che le donne nella musica siano – li mortacci vostra oh – ancora un po' eclissate o, come posso dire, facciano meno "hype", tuttavia voglio credere che prima o poi anche le donne musiciste entreranno a far parte di questo giochino delle special guests alle sfilate. 

Detto questo, torniamo di nuovo alle cose serie: CHI SARANNO I PROSSIMI NOMI DELLA MUSICA A SFILARE PER I GRANDI MARCHI DELLA MODA ITALIANA? Partiamo con le scommesse sui papabili candidati. 

I criteri sono semplici: popolarità, effetto "sorpresa-LOL" e un certo fascino. Capite bene che se un cantante ha 10 punti popolarità, la bellezza può stare anche a zero. Altro fattore da non sottovalutare: il genere musicale del momento. Il cantante popolare e che farà anche parte della frangia musicale più in voga nei prossimi quattro mesi, avrà più probabilità di essere scelto dagli Dei della Moda di Milano per sedersi accanto a loro al banchetto della Settimana della Moda.

Ecco alcune proposte che potrebbero verificarsi:


YOUNG SIGNORINO X MARCELO BURLON


Marcelo Burlon County of Milan Menswear SS2019



FRANCESCA MICHIELIN X ALBERTA FERRETTI


Alberta Ferretti Menswear SS2019



LO STATO SOCIALE X DOLCE & GABBANA


Dolce & Gabbana Menswear SS2019



FEDEZ X MOSCHINO 


Moschino Menswear SS2019



Basta parlare, via alle scommesse! Potete esprimere la vostra preferenza e concorrere per vincere una pacca sulla spalla morale dal popolo del Web votando il vostro cavallo preferito alle ricevitorie selezionate.



Cecilia

L'indie è morto, lunga vita all'indie

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Ciao, mi chiamo Cecilia e alcunə di voi si ricorderanno di me per alcune mie rocambolesche apparizione qua nell'Internet. Cosa m porta a riaprire un vecchio blog che non aggiornavo dal giugno 2018? Non lo so bene nemmeno io. La risposta emotiva è che mi manca scrivere e che forse non mi piace la piega che ha preso la mia persona, metteteci un po' di solitudine, della depressione stagionale – sì, anche la primavera può rendere depressə – et voilà... eccomi a scrivere sul mio preistorico blog come se la razza umana non si fosse mai tecnologicamente evoluta. La risposta seria è che: ultimamente mi sto interrogando spesso sulla fine che facendo la musica italiana, soprattutto quella che alcunə nostalgicə potranno chiamare "indie", mentre altrə statistə "itpop". E così, invece ci tediare la mia amica Manuela su Telegram o passare ore a inscenare nella mia testa un appassionante dibattito tra me e Carlo Pastore, ho deciso di mettere questa riflessione in forma di tweet. Ma si sa, una parola è troppa e 140 caratteri sono pochi, e senza accorgermene eccomi qua. Metteteci anche che casualmente l'account del blog è sempre rimasto loggato e da inguaribile romantica che crede nel destino quale sono non potevo prenderlo come un segno. 

Da dove iniziare? Per farla breve, farò cominciare la mia riflessione a poche settimane fa, quando ormai l'annuncio di un molto noto e molto caro a tuttə noi festival di musica squisitamente italiana rimbalzava di chat in chat, echeggiava nell'internet come un grido dalle Alpi alle Ande si espande. Era il segnale di ripartenza che tuttə stavamo aspettando, quel fantomatico ritorno alla normalità, anche e sopratutto per la musica italiana, che si faceva desiderare. Eccoci qua, si riparte! 

O "si riparte?!?!". Personalmente, a parte l'entusiasmo iniziale e una più voglia di volersi prendere bene che l'effettiva presa bene, l'hype non è salito. Strana io? Molto probabile. Morta dentro? Sicuro. Vecchia e ormai navigata per gioire come la prima volta all'ennesimo festival? Puoi dirlo forte. Eppure, dentro la mia testa sentivo una vocina debole, ma convinta, che mi sibilava alle orecchie– la stessa che bussa quando giustifichi atteggiamenti altrui, dandoti la colpa – mi sibilava alle orecchie: "il problema non sei tu". Ed effettivamente, parlandone di qua e di là, con amicə e conoscenti, un po' a malincuore, come quando torna la crush che ti piaceva, ma ormai non ti piace più, e ammetterlo a te stessə è dura: mica siamo così entusiastə. E il sentimento non è solo per il sopracitato molto noto molto caro a tuttə festival, per carità, sembra più un virus che si passa di persona in persona, di comitiva in comitiva, niente di grave, ma è lì, tacito e sornione, a non farci godere al massimo questa ripartenza della musica in Italia.

E allora chi è? Da qui una serie di finestre, porte, porte basculanti si sono aperte come pubblicità pop-up nella mia testa. Ognuna con la sua premessa, e la premessa della premessa, e una parentesi che, come un diagramma ad albero, si rigenera forse all'infinito. Appunto, una lunghissima serie di premesse per provare ad arrivare a una conclusione, una tesina, che nemmeno io ho ben chiara, ma tant'è fuori piove, instagram fa schifo, che altro dobbiamo fare?














1. C'è crisi

Che c'è crisi non devo dirvelo di certo io. Che il covid ha rivoluzionato le nostre vite è una narrazione che conosciamo a memoria come una canzone dei Nirvana ascoltata a 15 anni. Ed è inutile che vi dica quanto gli ultimi due anni hanno messo a dura prova il settore musicale. Bypassando tutte queste cose che ci siamo largamente già detti, quello che vedo, e non credo di essere l'unica, è una profonda crisi creativa. Niente di nuovo, anche mia madre lo sa che per avere buone idee non bisogna avere preoccupazioni, e questo periodo storico sicuramente non sarà ricordato come una Mezzaluna fertile per la musica. 

La musica non si è fermata nemmeno dentro quattro pareti, ma ha perso gran parte della sua carica innovativa, della sua energia creativa e spontaneità – e come biasimarla. Qua e là, come timidi funghi, sono emerse nuove realtà musicali, nuovi percorsi sonori fuori dai binari – o lungo lo stesso percorso, ma con tutta la calma di guarde il panorama per farsi ispirare. Nuove artiste e artisti si sono fatti notare come una boccata d'aria fresca, ma lasceremo ai posteri l'ardua sentenza del loro valore, nel mentre io preferisco goderne come il primo sole dopo la tempesta. Tuttavia, in generale, soprattutto per chi è sopravvissuto, percepisco una forte immobilità di idee. Avete presenta la scena della morte di Artax? Che si agita nelle sabbie mobili incoraggiato da Atreyu, che più prova a salvarsi, più sprofonda su se stesso? Ecco, è proprio così che immagino l'indie in Italia in questo momento.

Giusto, perché l'ho presa alla larga, ma il punto della mia riflessione è: a che punto è la musica indie? Prima di addentrarmi in questa giungla di pensieri, faccio un ultima premessa. C'è crisi, abbiamo detto, e c'è crisi anche per tutto quella complessa macchina che è il mercato della musica – un gentle reminder che la musica non è solo arte e passione, ma un lavoro in piena regola per moltə. Non provo nemmeno a immergermi nelle complesse dinamiche di quell'abisso che è il booking e tutto ciò che riguarda, inclusi promoter, produzione, venue, ecc... Unica cosa che forse ho capito è che: se c'è una crisi economica, i prezzi saliranno, inclusi i cachet di artiste e artisti, di conseguenza aumenteranno anche i biglietti di festival e concerti. Ma non dimentichiamo che anche il pubblico non se la sta passando bene. Lo stesso pubblico che qualche anno fa pagava 40 euro per vedere dal vivo il suo beniamino, lo stesso che ha portato dalle stalle alle stelle tutto questo, fatemelo chiamare così, fenomeno dell'indie. E quindi, se i soldi scarseggiano e le finanze vanno ben gestite, abbiamo ancora voglia di spendere gli stessi 40 euro per il solito artista che è rimasto fermo al 2019? Vale ancora la pena spenderne 90 per un'esperienza musicale di certo fantastica, ma che porta sul palco gli stessi nomi degli ultimi quattro anni?


2. L'indie è morto, w l'indie

Qualcunə fissa la morte dell'indie a quando Linus mandò in onda "Cosa mi manchi a fare" di Calcutta su Radio Deejay nel 2015, altrə a quando Lo Stato Sociale è salito sul palco dell'Ariston per la sessantottesima edizione del Festival di Sanremo del 2018. C'è chi addita Tananai col suo singolo "Calcutta" per aver innescato un cortocircuito semantico e svelato quello status di popolarità nazional-popolare accettato da tuttə, ma detto ad alta voce da pochə. Oppure l'indie è morto quando Aimone Romizi ha fatto la marketta per un marchio di gelati di cui non ricordo il nome, o quando Diesagiowave ha smesso di essere influente. Io forse ho scelto di fissare il punto 0 a quando Carl Brave e Franco126 si sono sciolti, non solo per una questione romantica, ma perché la dipartita del primo ha palesato che con l'indie potevamo farci i gran soldi, alla faccia della musica, dell'attitudine lo-fi, e tuttə hanno voluto salire sul carrozzone. Probabilmente c'è un momento più iconico, ma direi che è un buon fermo immagine.

Personalmente non ritengo che l'indie sia morto, ma solo cambiato. O meglio, ha cambiato le carte in tavola della musica mainstream italiana. Mi piace pensare, e ritengo sia effettivamente così, che gli eventi non sono unidirezionali, ma accadono, si evolvono, si sviluppano o si arrestano in contemporanea. Questo per dire che se a un certo punto l'indie è diventato popolare, trasformandosi in quello che le playlist Spotify amano chiamare Itpop, non vuol dire che sia morto un certo modo di fare musica indie, che la scena indipendente è viva e vegeta, anche se non tutta sovraesposta sotto i riflettori. Per ogni Gazzelle che fa l'ennesima canzone pop, c'è da qualche parte un'anima con la sua chitarra che magari è contenta così e gli basta questo. 

Se vogliamo considerarlo morto, o almeno parte di esso, mi piace pensare che sia salito nell'Olimpo del Pop per insegnare agli angeli come si fa la buona musica. Perché è questo, secondo me, il più grande lascito che l'indie ha fatto al pop nazionale. Che il fenomeno avesse la data di scadenza ben scritta sul retro, era chiaro a tuttə: come ogni trend, anche quelli musicali, soprattutto se fagocitati nella grande macchina commerciale, copiati, rielaborati, sventarti di ogni valore, decontestualizzati, riprodotti in serie, venduti, svenduti in ogni forma, salsa, bottiglia di design, alla lunga, e se spremuti troppo, perdono la loro carica innovativa, non sono più una novità, perdono fascino e lasciano spazio ad altro. Pace all'anima sua, rip.

Però gli angeli hanno imparato bene la lezione. La contaminazione ha funzionato, Sanremo ne è la prova. Il pop è diventato più fresco, scritto meglio e con produzioni decisamente migliori. Perfino l'immagine, che sempre più attinge all'"underground", ai tanto acclamati giovani, alle nuove tendenze, a creativi freschi di strada, ne è uscita ringiovanita. Quello che è successo, secondo me, è che il confine tra pop e "indipendente" si è assottigliato sempre di più. Non c'è più il cantautore indie che piace al pop, no, c'è solo un nuovo cantautore pop. E non c'è la popstar che "ruba le sonorità alla scena underground", c'è forse una famosa cantante che ha una direzione creativa migliore e ha capito cosa è fresh e cosa no. Il discorso è molto complesso, forse nemmeno io sono in grado di esprimerlo al meglio, e sicuramente non in poche righe, ma il punto è che:


3. Il pop ci piace

Blanco, i Maneskin ed Elodie ce l'hanno insegnato: il pop adesso non è reato. Anzi, spacca. Ma penso anche a Rkomi, Madame, Ariete (su cui vorrei spendere ore a parlare del suo album che, ahimè, era prevedibile, ma non augurabile) e mille altrə che ormai sono 100% pop. Ma pure chi continua ad avere, per attitudine personale o scelta stilistica, un certo appeal underground: La Rappresentante di Lista, Cosmo, Coma_Cose e altri nomi che adesso mi sfuggono, giocano dignitosamente nel campionato del pop a tutti gli effetti. 

Lontani i tempi in cui il pop italiano era una landa desolata che si animava solo con i tormentoni estivi e pochi altri momenti che venivano ricordati in serate karaoke o feste in casa, oggi ci troviamo davanti ad molto validə artistə che non skippiamo su Spotify. Galeotti anche i vari talent show e il miracolo di Sanremo, ma queste sono altre storie che forse affronteremo un'altra volta. 

Dunque, in un momento in cui non sembra esserci una nuova wave musicale dominante sul mercato, la trap si è consolidata da mo', l'itpop si è mescolato al pop, l'unica cosa che sembra tirare il carro degli ascolti sembra essere proprio il pop, quello dei grandi ascolti, delle classifiche e che passa anche in tv. Il punto non è che adesso smetteremo definitivamente di ascoltare l'indie – che, come dicevamo, esiste nel pieno delle sue forze anche lontano dai grandi numeri. Il punto, e non so nemmeno io che salto logico ho fatto per arrivare a questo punto, è: ha ancora senso parlare di festival indie? E ha senso parlare di festival indie che hanno biglietti altissimi? Un'ultima volta: ha senso parlare di festival indie che hanno biglietti altissimi, ma una lineup debole che ricorda il 2019 e che devono ricorrere allo streamer del momento per rendersi interessanti?Se allo stesso prezzo vado a vedermi Arca e altrə dieci artiste e artisti internazionali o Blanco dal vivo per almeno 3 volte, l'indie italiano può ancora reggere il confronto?


Adesso arriva il punto in cui provo a scrivere una conclusione convincente. Dovevamo uscirne migliori, invece mi sembra il contrario. Quello che vedo, con gli occhi più da addetta ai lavori che da pubblico, è una grande, folle corsa all'oro su un terreno ormai sterile. C'è crisi, il pubblico è cambiato, anche le tendenze, gli ascolti, la musica, eppure il mercato discografico continua a giocare secondo le regole del 2018, quando potevi fare una scorreggia in un microfono, spacciarla per underground, e avevi la nuova star del firmamento cantautorale. 

Ovviamente è tutto più complesso di così. Ed è anche ovvio e giusto che nessuno vuole perdere il suo lavoro, il suo status, la sua popolarità, il suo successo o la possibilità, come altriə ne hanno goduto in passato, di avere la propria occasione per brillare. Ed è adesso che risuscitano come ex durante Mercurio Retrogrado nomi già noti, chi reinventato chi con la minestra riscaldata, pensando che il mondo si sia fermato con loro e adesso riprendere a girare con gli stessi standard di prima. Non meglio le nuove leve, che già pensano ad avere un Ufficio Stampa ancora prima di farsi una gavetta nei peggior locali di Bologna, inseguendo il sogno di approdare su Radio Deejay ancora prima di avere un ep. Sono le regole del grande mercato che ha infettato (colpa dei social? colpa di Spotify? colpa dei talent show? della droga?) anche le chitarre scordate suonate in cameretta. Perfino le realtà più piccole, quelle che pensavamo immuni al fascino del mainstream, etichette, collettivi, eccetera, agiscono puntando ai grandi numeri, per salire, anche se in ritardo, sul carrozzone del big business.

In parallelo vedo anche un'editoria debole e insicura, non più accattivante e pronta a scovare nuove realtà, indagare fenomeni, lanciare nuovi talenti incompresi o, banalmente, far conoscere anche quello che non è già conosciuto da tuttə. Spulciando i magazine, nel trattare di musica italiana la maggior parte mi sembrano barricati dietro i titoli facili, si va sul sicuro, si parla di artistə di cui parlano già tuttə, non si vuole rischiare un basso engagement sul post Instagram o un contenuto che leggeranno in 10, familiari dell'autore o autrice inclusi. Ma ricordiamoci che c'è crisi anche per l'editoria, quindi come biasimarla. E così le playlist del venerdì sono tutte uguali, spopolano gli articoli su Sanremo e sui fenomeni nati dai talent show, anche di quelli di dubbio gusto, ma, si sa, la televisione è tornata in voga come negli Anni NovantaPerfino le piccole piattaforme di musica su Instagram, quelle che fanno le playlist per capirci, che un tempo non lontano erano aggregazione spontanea di gente con la passione per la musica e la voglia di scrivere, oggi sono tutte più organizzate della mia vita. Media partnership, sponsorship, contenuti a pagamento, advertising e markette: quelle che sembrano realtà amatoriali, sono invece piccole macchine da guerra ben progettate per vendere – e buon per loro, io a 34 anni ancora ho paura a parlare di budget per i miei lavori. 

Ma non tutto il male viene per nuocere. Come direbbe il nostro amico Charles Darwin, è arrivato il momento della selezione naturale. È iniziata quella fase in cui si capisce chi resta e chi no, chi ha qualcosa da dire e chi no. Banalmente: chi è arrosto e chi fumo. Dopo il boom dell'indie, la crescita esponenziale e la conseguente inflazione dei prodotti sul mercato della musica, la bolla si è sgonfiata, grazie (!!!) anche alla stagnazione del settore musicale, e della creatività, degli ultimi anni. Gli artisti e le artiste che avevano, concedetemi il termine, del vero talento, in un modo o in un altro, sono sopravvissutə con dignità e credibilità, altrə sono meteore già dimenticate. Altrə ancora sono entrati direttamente nel campionato del Pop, chi con successo chi con imbarazzo. E ancora: vedo crescere una netta scissione (per fortuna?) tra il fu l'indie, che possiamo chiamarlo underground o scena indipendente, e il pop. Non ci sono più mezze misure, se vuoi sfondare, come artistə, etichetta o quello che vuoi, devi avere un progetto ben confezionato, curato, seguito e promosso – a prescindere dall'effettiva qualità. Se invece non hai grandi ambizioni, non ti preoccupare, ti vogliamo bene comunque, e le piccole, ma non inferiori, attenzione, realtà continueranno a esserci. E così sembra crollare anche il sistema dei festival che, da una parte presentano nomi delle playlist indie, ma tickets da Primavera Sound del popolo. E voi direte eh ma c'è la crisi è ma l'indie ormai (o ancora?) come il pop, ok, ma non sentite un rumore di vetri che si infrangono se ci pensate e il vostro cervello va in tilt? 

Qual è la conclusione? Che forse non abbiamo imparato la lezione, che avremmo dovuto rallentare, invece abbiamo impennato, dopati da ansia da prestazione, ansia da ripartenza e da recuperare il tempo, i soldi, la visibilità e la normalità persi. Ma la natura fa il suo corso e svela le carte. Tornando alla scintilla che ha fatto scattare questa riflessione, i festival, il pubblico e l'indie, penso che ci troviamo all'ultimo giro di boa per arrivare alla terra ferma senza annegare, ovvero: tornare a goderci, e a fare, musica come se Calcutta non avesse mai suonato all'Arena di Verona, e vedere dove ci porta la corrente. 


ps Non so bene cosa ho scritto o cosa volevo dimostrare, non ho nemmeno curato l'impaginazione, ma mi sono divertita. W la musica!


Dedicato a Noemi, Filippo e Manuela che sicuramente (spero) leggeranno. 

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