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Come vestirsi bene d'estate e vivere felici

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Come nel film Groundhog Day, in cui un povero malcapitato, infelice e arrogante Bill Murray si svegliava ogni mattina rivivendo lo stesso, orrendo giorno – per la precisione, il 2 Febbraio –, così anche noi sembriamo intrappolati nella solita routine temporale, ma non di sole ventiquattro ore, bensì di un intero anno. 

Ci svegliamo, è Inverno, ci lamentiamo delle prime pellicce e delle Dr. Martens, delle caviglie scoperte a -5 gradi sotto lo zero e dei beanie fluo. Arriva la Primavera, ci svegliamo e ci lamentiamo delle calze color carne e dei sandali con i calzini bianchi. È il turno dell'Estate, ci svegliamo e ci lamentiamo della gente che puzza, degli slip bianchi e delle ciabatte infradito che mostrano le dita dei piedi che vi fanno tanto schifo. Le ultime cartucce contro il trend di stagione – puntualmente disprezzato, ma ampiamente adottato – e poi passiamo all'Autunno: ci svegliamo e ci lamentiamo del ritorno delle calze color carne, del beige e del lookbook di Zara che irrompe – e rompe – in ogni blogger esistente sulla faccia della Terra e oltre. Ed è di nuovo Inverno e così via.

[SPOILER] A differenza di Bill Murray, noi non riusciremo mai a interrompere il susseguirsi ciclico degli eventi, non troveremo mai la serenità e la pace interiore. Mai


Che fare allora? 
Disperarsi e lamentarsi, ma magari provare anche a migliorarsi.
Non troppo, per carità, che poi mi diventate tutti fighi e fashion blogger, e io mi ritrovo senza un lavorahahahah.

Un passo alla volta. Iniziamo dall'Estate, la stagione più difficile e disgraziata per i nostri armadi. Perché è caldo e sudiamo, vorremmo uscire di casa nudi come mamma ci ha fatti e invece finiamo per indossare insulsi abiti in cotone elasticizzato, con fantasie floreali di dubbio gusto perché non sempre una rosa rossa fa Dolce&Gabbana, ricordatevelo. 


Regola delle Regole Estive: semplicità. 
In Estate vince la sobrietà, perché il tacco dodici in spiaggia o i look goth-sporty con 30 gradi all'ombra non sono fashion, fanno solo cagare. Quindi abbandonate accessori pacchiani, ridimensionate le vostre smanie stilistiche e vedrete che potete essere #TroppoModa anche con pochi, semplici capi.


Prima di tutto: qual è il colore estivo per antonomasia? 



Il bianco.
Quando Zara riempie le sue vetrine di abiti bianchi e tutti gridano che WHITE IS THE NEW BLACK NEW SUMMER TREND… cazzate, il bianco è sempre un colore che va alla grande d'estate. Quella volta che ci vestivamo tutte d'arancione si poteva parlare di trend, di un miracolo, di una svolta storica nel nostro guardaroba, ma il bianco in estate è ordinaria amministrazione. 

E non ci lamentiamo, poteva andarci peggio, tipo colore ufficiale dell'estate il DAINO, e invece abbiamo il bianco per fortuna. 

Come indossare il bianco? 
A differenza del nero, che erroneamente crediamo di poter abbinare con tutto, il bianco va felicemente a braccetto con qualunque colore, perfino col marrone, che, non a caso, è il colore degli escrementi. Ma soprattutto il bianco sta bene con se stesso. Chi se ne frega  di unirsi all'infinita molteplicità di toni che la tavolozza della natura ci offre quando uno sta divinamente da solo? 
Dunque perché rischiare di abbinare il bianco con qualche colore pericoloso, quando potete sfoggiarlo in tutta la sua solitaria bellezza?
 Alexander Lewis

 Thakoon

Wes Gordon


 Nonoo

Organic by John Patrick


Per il momento il massimo di "whiteness" che ho raggiunto quest'anno è stato questo, ma ho ancora tre mesi per fare di meglio.
T-shirt, a caso; Gonna floreale, second-hand; Sneakers, Nike



E se il monocolore non è il vostro forte, optiamo per una fantasia. 

Il floreale! NO, CAPRE. Sfatiamo l'ennesima frottola della moda che vi ha racontanto Cosmopolitan, l'Estate è sempre e solo righe, che fanno subito Anna Karina in un film di Godard e Costa Azzurra negli anni '60. 
T-shirt e minidress come se doveste andare sullo yacht di Cavalli, lungi da voi a tre chilometri di distanza di sicurezza jeans skinny a righe larghe perché Uomini & Donne è bello, ma solo in televisione.
 Zara

Zara


 Random Tumblr

 Sonia by Sonia Rykiel

 Tome 

Random Tumblr


La mia combinazione preferita per l'estate è shorts di jeans, maglia a righe, ballerine e sei in pole position.


T-shirt, a caso; Shorts, DIY; Ballerine, H&M: Pochette; fatta fare da un'amica. 



E che tessuto indossiamo? 

Personalmente il lino a me non piace, troppo gipsy-chic, bohémien, fricchettone con i soldi, bla bla… tutta roba che mi fa abbastanza cagare. La seta non vale perché è sempre la stagione giusta per indossarla. A questo punto eleggerei a tessuto estivo il denim
Il denim è come il bianco, è sempre troppo moda, anche se non arriva Style.com a dirvelo. Quest'anno sopratutto sembra essere un periodo glorioso per il tessuto evergreen per eccellenza, e noi non ci vogliamo lasciar scappare l'occasione di farne largo uso.
Daje allora con minigonne, minidress, shorts e camicie, ma anche - e soprattutto - salopettes di ogni tipo e total look. 

 Random Tumblr

 Random Tumblr 

 Random Tumblr

 Alexa "Voglio Essere Lei" Chung

 Alexa "Maledetta Lei" Chung

 Random Tumblr 


Random Tumblr




Ultimo, ma non meno importante quesito: cosa mettere in mostra?

Le gambe sono troppo scontate e, diciamocelo, viste e riviste, ormai nemmeno una coscia nuda sulla neve postata su Facebook fa troppi like. Io invece punterei a mettere a nudo un'altra parte del corpo: le spalleDelle belle spalle scoperte, e magari un accenno di schiena, tirano più di un carro di buoi. 
Ad esempio, io questa estate vorrei indossare sempre e solo top e vestiti come questi [vedi foto sotto].
Creatures of Comfort

Ellery

Thakoon

Tibi

Random Tumblr




Ricapitolando:

– Sobrietà, sobrietà, sobrietà.
– Bianco come se piovesse.
– Righe come se fossimo nella Francia degli anni Sessanta.
– Total look denim come ci insegna Alexa Chung.
– Spalle scoperte, che ormai le cosce nude non beccano più like e cuoricini. 


* Immagini collezioni SS2015 e Resort2016



Cecilia

Perché dovete farvi Snapchat?

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Ho scaricato l'app di Snapchat cinque mesi fa. Ho iniziato a usarla solo un mese fa.
Perché?

In primis, perché sono un po' tarda in queste cose e ho impiegato ore a capire come cazzo caricare un video. Secondo, perché stupidamente non avevo colto il grande potenziale di questa app.
Visto che vi voglio bene e ci tengo moltissimo al vostro intelletto, ho deciso di illuminarvi la strada e agevolarvi il cammino verso il tunnel di Snapchat. 

Perché?
Perché sono in fissa con Snapchat. Scarico la batteria dell'iPhone pur di vedere le stronzate che pubblica la Ferragni, non dormo la notte pensando a cosa poter caricare su Snapchat, sacrifico minuti preziosi alla cura dei capelli per cercare nuove persone da seguire su Snapchat. Snapchat, Snapchat, Snapchat. 

Ma soprattutto voglio ESTINGUERE L'OMBRA DI DUBBIO TRA I TANTI MISCREDENTI ANCORA IN CIRCOLAZIONE CHE DICONO CHE SNAPCHAT NON SERVE A UN CAZZO. MA POI OVVIO CHE NON SERVE A UN CAZZO, CIOÈ È UN'APP COSE VI ASPETTAVATE?! LA CURA PER LA CELLULITE?!?

Procediamo.

Come funziona Snapchat?


Nel Luglio del 2015 non tollero più che qualcuno mi dica Eh ma non si capisce un cazzo è difficile non lo so usare io rinuncio. Oggi ve lo spiego io, così non avete più scuse da proprinarmi quando vi chiedo di scaricarvi Snapchat.

Snapchat può sembrare difficile e lo è. O meglio, è talmente facile che sembra difficile. Cosa facciamo su Snapchat? Postiamo video e foto, stop. Niente commenti, niente ansia di like e cuoricini, niente di niente. Solo caricare e stalkerare. 
Ha un'interfaccia "a scorrimento" (?) – solo perché ho usato il termine "interfaccia" non vuol dire che io sappia un termine tecnico per questo tipo di modello. È tutto uno swisssh a destra e a sinistra, in alto e in basso che inizialmente può mettervi in confusione, ma vi assicuro che dopo sarà tutto più semplice e figo.



Ecco il simpatico fantasmino di Snapchat come appare sul vostro smartphone.



Non esistono foto profilo – un'ansia in meno e un punto in più a Snapchat –, anche se mi sembra di aver capito che nell'ultimo aggiornamento si potrà caricare un'immagine personale. Il nickname– vedi il mio Cecilia E. –è modificabile, basta toccare col vostro ditone sopra al nome, mentre l'username– vedi santa.cecilia –è come un diamante: per sempre e fatevene una ragione. Quindi sceglietelo bene. 
Intuitivamente su Added Me potete vedere le ultime persone che hanno iniziato a seguirvi; su Add Friends potete cercare e iniziare a followare gente; su My Friends ci sono le persone che seguite– e che non necessariamente ricambiano il follow
Cos'è quel numero 48? Semplice: il numero delle cagate che pubblicate, pubbliche o no.



Questa è la finestra dove cercare e iniziare a followare i vostri miti. 

Attenzione: non esiste un vero e proprio profilo da guardare, ma potete solo digitare l'username e aggiungere il fortunato alla vostra lista di Amici
NB: ci sono alcune restrizioni per la privacy, ad esempio potete applicare l'impostazione "solo i miei amici possono inviarmi Snap" oppure "solo i miei amici possono vedere la Mia Storia"– ricordatevi questa parola, dopo ve la spiego
Dove si trovano le impostazioni? Sulla finestra principale – quella col fantasmino, vedi sopra – in alto a destra, icona rotella dell'ingranaggio. 

Ah, mi sembra di aver capito che potete followare gente scattando una foto al fantasmino del contatto. Non ho mai provato e non ne sono sicura, aspetto conferme dalla regia. 




Questa è la vostra lista My Friends. 

Ho cancellato tutti quelli che seguo perché momentaneamente mi sento in dovere di rispettare la privacy altrui, e ho lasciato solo la ormai-già-molto-nota Chiarona Ferragni per illustravi a)icona rotellina per editing sul contatto – blocca, cambia nome, ecc… –; b)icona camera per inviare foto o video al contatto; c) icona balloon per chattare col contatto. 



La prima finestra che automaticamente vi apparirà appena aprirete l'app sarà quella della camera per scattare foto e/o registrare video. Non ricordo quanti secondo durano i video, ma sono comunque secondi sufficienti per recensire un outfit di merda, ve lo assicuro. 
Per scattare: cliccare sul cerchio in basso; per registrare: tenere premuto il cerchio in basso. Tutto chiaro fin qui?

La cosa che più mi fa impazzire su Snapchat è che possiamo fare SCRITTINE E CAZZATINE E FRASINE E DISEGNINI COLORATI SUGLI SNAP – immaginatemi con gli occhi a cuoricino in questo momento. Dunque, voi scattate la foto o registrate un video e poi potete aggiungere una descrizione breve sulla barra grigia che vi apparirà poco dopo, oppure disegnare con un pennello colorato come quando giocavate con Paint sul pc di casa. NON È BELLISSIMO TUTTO QUESTO?

Una volta conclusa la vostra opera, potete renderla pubblica a tutti i vostri contatti e/o tutti in generale cliccando sull'icona di un quadrato con un +. Ci sono alcuni misteri che non ho ancora svelato, lo confesso, come la freccia che si muove in basso a destra o il timer sulla sinistra. MISTERI. 

Attenzione: i video pubblichi durano solo 24h dal loro caricamento, mentre quelli privati scompaiono subito una volta letti dal destinatario– un altro punto a favore di Snapchat. Non temete, voi che realizzate il video/foto avete la possibilità di salvare tutto sul vostro cellulare – vedi icona download e anche di cancellarlo, nel caso fosse una merda – vedi icona X



Queste sono le Storie dei vostri contatti – come al solito ho lasciato solo i nomi più nomi perché boh, magari la mia amica non vuole apparire sul mio blog, nel dubbio cancello il suo username. Per vedere le Storie basta tenere premuto sul nome.



Ecco come appare la vostra Storia. 

Cliccando su My Story vi apparirà la lista dei vostri ultimi caricamenti in ordine cronologico. Il simbolo in alto a destra serve a scaricare l'intera Storia oppure i singoli snap. I titoli delle Storie – esempio "MISTERI DELL…"– sono le descrizioni che aggiungete sulla barra grigia di cui vi parlavo sopra. Quell'occhietto sulla destra indica il numero delle visualizzazioni e, se ci cliccate sopra, vi dice anche CHI L'HA GUARDATO TAA DAA DAA DAAAAAN
(Ciao Elena, mi fai rotolare dalla sedia per le risate con i tuoi Snap)



Mentre, se scorrete sinistra partendo dalla finestra iniziale, vi trovate nella chat privata dove potete scrivere ai contatti o inviare robbà in pvt. 




Perché farsi Snapchat?

Perché ve lo dico io. 
Ma soprattutto perché è il social del momento e davvero, dico davvero, se seguite le persone giuste vi fate delle grosse, grasse risate. Ma anche se seguite quelle sbagliate va benissimo, anzi meglio, perché è un'occasione in più per sfottere le poveracce fighe de legno e per conoscere meglio personaggi – nel mio caso in ambito moda – e capire che non ce la possono fare nella vita.

Ad esempio, per colpa di Snapchat la Ferragni mi sta più simpatica, ho capito che il suo fidanzato non ha voglia di vivere e che la sua amata cagnolina non la sopporta. Oppure, sempre con Snapchat sono giunta alla conclusione che Eleonora Carisi mi sta sui cojoni: eddai Eleonora, che due palle sempre figa, sempre selfie, sempre in posa, sempre amaaaaazing SEI FALSA ELE, SEI FALSA. 

Al contrario, grazie a Snapchat avete modo di conoscere meglio le vostre blogger, le vostre It Girls, le vostre Twittstar prèfe e adorarle ancora di più. Vi sembrerà di fare due chiacchiere con un'amica dopo una brutta giornata di lavoro e magari scoprire che avete le stesse opinioni su molti argomenti – ad esempio: ma che rompimento di palle preparare la valigia? 

Nella mia personale top snapchatters piazzo: la già citata e_emariani, i blogger rockandfiocc, dueditanelcuore e lorenzobises, e haracori. Però seguo poche persone, quindi se avete nomi buoni da consigliare, scrivetemi perché mi annoio e sono assetata di nuove persone da followare, vipz e no. 



COSE DA NON FARE.
Far salutare gli amici in camera, spararsi solo dei gran selfie, video davanti allo specchio mentre vi specchiate senza un motivo apparente, abusare dell'opzione orario – che non so come si faccia, ma la Ferragni lo fa sempre come se ci fregasse qualcosa di sapere a che ora cena, a che ora si alza, a che ora fa pisciare il cane, a che ora è in spiaggia e così via. 



Io & Snapchat

Un altro ottimo motivo per cui dovreste farvi Snapchat e followarmi è per sentire il dolce suono della mia soave, bellissima vocinahahah. 

Sono ancora molto, molto di marmo. Se con la penna sul foglio virtuale bianco me la cavo, davanti alla retrocamera dell'iPhone sono ancora molto negata. 
Tutta colpa del complesso della mia voce che mi fa cagare. Pensate che quando ero piccola volevo imparare a cantare perché speravo nel miracolo notoriamente detto Di Luca Laurenti, ovvero che ha una voce imbarazzante, ma quando canta è ok. E invece. 
Come se non bastasse, per colpa di Snapchat ho capito che tutti questi anni a tentare di camuffare il mio accento livornese non sono serviti a un cazzo. Però ci sto mettendo del mio meglio, lo giuro. 



Premetto che sono Poco Moda perché a) lavoro dalla mattina alla sera in edicola-bar-ristorante, insomma situazioni che stanno al Fashionz come il cavolo sta alla merenda, e b) fa troppo caldo per essere fighe. In compenso, vi recensisco i migliori settimanali italiani che potete trovare in edicola, vi mostro i miei troppo amazing daily look da lavoro e vi presento le situe pazze del mio paese natale. 




Avete ancora dubbi?




Cecilia

Valentino Haute Couture X Game of Thrones

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La quinta stagione di Game of Thrones si è conclusa. Ad alcuni ha fatto cagare ad altri, tipo me, è piaciuta molto. Ci siamo arresi alle lacrime davanti alla sconvolgente scena finale, abbiamo gridato bestemmie al cielo quando hanno tagliato i capelli ha Cercei. 
Insomma, il finale è stato sfigo, ha fatto schifo, ci ha fatto piangere e ci ha fatto incazzare, non lo so, quel che è certo però è che fino ad Aprile del prossimo anno – DEL PROSSIMO ANNO CHE ANSIA – non rivedremo più episodi nuovi di GoT.

Lacrime, disperazione, capelli strappati, pianti isterici, desolazione, vuoto incolmabile.
Già ci manca Game of Thrones.

Ma non siamo gli unici a soffrire di questo male. Evidentemente anche ai piani alti, altissimi della Troppo Moda sono rimasti sotto con Game of Thrones, perché una recente collezione ha fatto sfilare degli abiti palesemente ispirati alla serie tv.

Sto parlando della collezione Haute Couture di Valentino.

Vogliamo stare qui a parlare di quanto sia bella la collezione Mirabilia Romae di Valentino? Vogliamo ribadire quanto siano belli, belli da morire gli abiti Haute Couture firmati Valentino? Vogliamo esprimere per l'ennesima volta tutto il nostro amore per Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli? Forse sì, ma non oggi.
Oggi parliamo piuttosto di quanto sia ovvio che il team Valentino sia in fissa con Game of Thrones, tanto da realizzare una collezione che sembra uscita da una puntata della serie. 

Mirabilia Romae dovrebbe essere una dichiarazione d'amore per Roma, città da cui tutto ebbe inizio quando nel 1960 Valentino Garavani decise di fondare il proprio, omonimo marchio. E dopo cinquant'anni ecco che gli abiti tornano a sfilare in pompa magna proprio a Roma in Piazza Mignanelli, dove si trova anche l'atelier della maison.
Gli abiti immortalano su stoffa i dettagli dei monumenti e dei luoghi pubblici più belli della Capitale – ad esempio il mantello-Colosseo –, così che la sfilata diventa una passeggiata per gli occhi tra le bellezze di Roma. Immancabili i sandali gladiators in perfetto stile antico romani che va al mercato a comprare l'agnello. Il tutto realizzato con la solita maestria, eleganza, maestosità, ecc…  a cui Valentino ci ha abituati e su cui non mi soffermerò perché anche che du' cojoni dire sempre le stesse cose che dicono tutti.

Insomma, tutto molto bello, bellissimo, applausi e lanci di fiori, bellezza e poesia, ok. 
Ma sono tutte stronzate. La verità è che Valentino ha voluto rendere omaggio ai personaggi femminili di Game of Thrones. Adesso vi racconto la vera storia della collezione.

Come la maison, le donne della serie più seguita degli ultimi cinque anni hanno forza, tenacia e grinta, ma allo stesso tempo sanno essere sensuali ed eleganti. Delle vere badass girls, insomma. I due mondi allora vanno inaspettatamente a braccetto: le scollature vertiginose sembrano cucite addosso a Margaery Tyrell, gli abiti che scoprono le spalle, pur mantenendo una certa solennità sono perfetti per la Regina dei Draghi Daenerys Targaryen. Perfino la spietata, piccola Arya Stark ha il suo look Valentino, così come la sorella e la defunta madre, perfette nelle atmosfere dark dei capispalla austeri e degli abiti maestosi nella solo sobrietà. E poi lei, la Regina Madre, la leonessa che si rialza sempre, anche dopo una rovinosa caduta di stile e personale, Cersei sembra essere la testimonial perfetta per i preziosi longdress dai riverberi dorati.

Meglio, no? 























Si ringraziano i programmatori dell'app iMoji, che mi ha permesso di preparare il post durante i miei turni di lavoro e in pausa nel bagno, anche se ho perso cinque decimi di vista per scontornare tutte le facce. Apprezzate almeno lo sforzo.



Cecilia

A volte ritornano: Le Canzoni di Britney Spears Applicate all'Amore.

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Epilogo

Dovete sapere che circa un anno fa scrivevo per Quasi.it, uno dei figli di Rockit.it. Di cosa si trattava? Di cazzate. Era come fare quattro chiacchiere al tavolino con qualche amico e parlare del più e del meno, del fenomeno del momento, del nuovo taglio di capelli di Valerio Scanu e dei giudici di X Factor. Insomma, tutto quello di cui avevate bisogno per i vostri dieci minuti di idiozia giornaliera.
Poi il giochino è finito, Quasi.it ha chiuso il suo baraccone e arrivederci e grazie.


Torniamo a noi.
Perché a distanza di un anno ve ne parlo? Perché il sito di Quasi.it è ufficialmente scomparso dall'etere, se provate a cercarlo magicamente vi ritroverete su Rockit.it, e con sé anche i suoi articoli. Niente di strano, tutto regolare, se non fosse che avevo pubblicato degli articoli che – secondo me, modestamente – meritano di essere tramandati di generazione in generazione.
E che fai allora, li lasci svanire nella fossa dell'oblio? Li getti come t-shirt che non ti piacciono più nella cesta del dimenticatoio? No, li recuperi e gli dai una seconda vita.

Visto che ho un blog tutto mio e che, come dico sempre, ci posso fare quel che mi pare, ho deciso di riproporre qui uno di questi ormai dimenticati articoli e provare a dargli la meritata gloria eterna. O, almeno, una degna sepoltura nell'Internet.


Tra tutti ho scelto un pezzo che non è un semplice articolo, ma piuttosto un manuale di vita, una guida esistenziale da consultare ogni qualvolta che ne avrete bisogno, ogni volta che il vostro giudizio non vi sarà sufficiente. Parole scritte per aiutarvi in uno dei campi più difficili della vita, ovvero l'amore, o meglio cosa cazzo fare con lui. Perché non sempre bastano gli screenshot inviati alle amiche su WhatsApp per interpretare i segnali dello stronzo di turno, non sempre i consigli di Cosmopolitan sono all'altezza della situazione. Spesso abbiamo bisogno di un maestro, un animale guida 2.0 che ci indichi il cammino da seguire. E io l'ho trovato per voi.


Per stringere, visto che oggi mi sento un po' Gesù con Lazzaro, ecco risorgere dalle proprie ceneri:

LE CANZONI DI BRITNEY SPEARS APPLICATE ALL'AMORE.



Io devo molto alla cultura Pop.
Sono cresciuta a pane e televisione, all'età di otto anni già facevo già parte della Generazione Mtv, osservando stranita i capelli di Paolo (se non erro) Cingoli.
I miei maestri sono stati Brandon, Kelly e Dylan, mi hanno insegnato come stare al mondo e che nella vita non dobbiamo mai smettere di lottare per quello in cui crediamo, per quello che siamo e per quello che vogliamo essere. Perchè, diciamocelo, se Donna Martin è riuscita a diventare una stilista, noi allora possiamo fare qualunque cosa.

Devo ringraziare la musica pop se oggi vanto un'ampia gamma di coreografie e moine da poter sfoggiare sulla pista da ballo, imparate in anni e anni di studio fin dalla tenera età – ad oggi, ma non diciamolo troppo in giro. Grazie canzoni pop che mi siete state vicine in ogni momento della mia vita, traducendo in versi e musica le mie emozioni più pure, come solo le gif di Tina Cipollari riescono a fare, come quando vorrei mandare tutti a cagare e solo un bel “No Maria, io esco” può incarnare il mio pensiero.
Tuttavia, c'è una sola musa che dobbiamo – sì, anche voi –ringraziare per averci donato insegnamenti di vita che nemmeno Grande Puffo: signori e signore sto parlando di Lei, Britney Spears.
Regina incontrasta del Pop, la Spears ci ha fatto sognare una scuola migliore, fatta di completini da Lolita scolaretta e balletti nei corridoi, e ci ha insegnato che dall'insanità mentale si può uscire a testa – più o meno – alta. Britney Spears si è limonata Madonna, faceva coppia fissa con Justine Timberlake quando era ancora inscopabile e grazie a lei oggi i boa dell'Amazzonia ci fanno un po' meno paura.
Ma soprattutto, Lei ci ha insegnato come trattare gli uomini.

Grazie ad un'accurata analisi semantica, scopriamo che sotto la superficie glamour zuccherosa dei testi, si cela un manuale linguistico per affrontare i barba-dotati della nostra vita. Perle di saggezza per ogni occasione e per ogni tipo di uomo, frasi accattivanti e battute taglienti per far breccia nel cuore del nostro lui con un semplice messaggio su WhatsApp.
Dunque, smettete di fissare ossessivamente il vostro tipo online su Facebook e iniziate a prendere appunti dalla Regina del Rimorchio.


Il Trombamico | (You Drive Me) Crazy
Il vostro amico a letto è una bomba e, giustamente, sentite il bisogno di renderlo partecipe delle vostre opinioni a riguardo. Saltate i giri di parole ed evitate le banalità che vi suggerisce Cosmopolitan: andate dritte al punto.
You drive me crazy, I just can't sleep. I'm so excited, baby, thinkin' of you keeps me up all night.



Il Cazzo d'Oro | Baby One More Time

Lui è scomparso e voi lo avete lasciato andare, sotto consiglio delle amiche; lui non dà più segni di vita, o almeno non con voi, ma siete pentite e volete riconquistarlo. Giocatevi l'ultima carta: la disperazione.
My loneliness is killing me and I must confess I still believe. When I'm not with you I lose my mind. Give me a sign, hit me baby one more time.



L'Illuso | Oops!... I Did It Again

Ma brave, vi siete divertite, avete giocato con i sentimenti di un povero ragazzo e adesso vi ritrovate un innamorato illuso attaccato alle gambe.Che fare? Ammettete le vostre colpe e chiarite subito lo spiacevole malinteso. E abbondate con emoji tristi nel messaggio. 
I played with your heart, got lost in the game. Oh, baby, baby. Oops!...You think I'm in love.



L'Imbranato | Do Somethin'

Purtroppo esistono anche loro: gli imbranati. Quelli confusi, indecisi, quelli che non si capisce mai cosa vogliono da te. Sono i Charlie Brown delle relazioni sentimentali, non ti filano e poi, dopo dieci anni, esordiscono con un “Ah ma mi piacevi. Non l'avevi capito?”. Per non perdere tempo, copiate-incollate sulla chat del vostro lui questo: 
I see you lookin' at me, like I got what you need, get up out of your seat. Why don't ya do somethin'?



Lo Stronzo | Womanizer

Immancabile nel curriculum di ogni ragazza, perché è scientificamente provato che quelli gentili e premurosi ci fanno schifo. Come comportarsi col Homo Sapiens Stronzus? Ripagatelo con la stessa moneta. Affrontatelo, stuzzicatelo e prendetevi gioco di lui. Tanto resta uno stronzo e voi finirete comunque ai suoi piedi, ma almeno vi sarete un po' divertite alle sue spalle.
Lollipop, you must mistake, you're a sucker to think that I would be a victim, not another. Say it, play how you want it, but no way I'm never gonna fall for you, never you, baby.



Il Bello Impossibile | I'm a Slave 4 U

Leggo la sceneggiatura: “Siamo in un locale. Lui il bello che tutte desiderano, lei in un angolo che lo guarda di soppiatto, sorseggiando il suo Vodka Lemon. Si scambiano uno sguardo ammiccante, un breve cenno di saluto. Parte la musica. Lui volta le spalle e lei si lancia a ballare”. Per un mondo migliore senza brutti venerdì sera, iniziamo a mettere in pratica i giusti insegnamenti.
Baby, don't you wanna dance upon me. I just wanna dance next to you. 



L'Anima Gemella | Toxic

Siete perdutamente innamorate del vostro lui. Ogni tanto è giusto ricordarglielo con una bella dichiarazione d'amore, però basta con le frasi rubate alla Perugina o con le scontate frivolezze da tenera ragazza della porta accanto. Fortuna che Britney Spears ci dà ottimi spunti anche per questi casi.

I'm addicted to you. Don't you know that you're toxic and I love what you do.



L'Offeso | Everytimes
Per quanto duri vogliano sembrare, gli uomini si offendono molto facilmente. Non gli avete fatto i complimenti per il nuovo taglio dei capelli? Non lo avete salutato affettuosamente? Non gli avete stirato la camicia per uscire? Ogni scusa è buona per mettere il broncio, ma non fatevi impietosire: batteteli sul tempo nel gioco della compassione.
I may have made it rain. Please Forgive me. My weakness caused you pain. And this song's my sorry.




Contro la banalità e la noia delle relazioni moderne, usate Britney Spears.

E ricordate: se volete davvero conquistare qualcuno You better work bitch! 


Cecilia

Quale sarà il prossimo mito americano di Moschino.

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Premessa: 
È la vostra fashion blogger preferita che vi parla.Ebbene sì, non sono scomparsa come molti di voi forse hanno pensato, ho solo dovuto accantonare il blog per i soliti motivi di forza maggiore che mi affliggono ogni estate: LAVORARE COME UNA POVERA NELL'AZIENDA DI FAMIGLIA. 
Per chi mi segue da un po' e per i fortunatissimi che hanno il piacere di followarmi su Snapchat, è ormai chiaro quale siano le mie occupazioni estive, ma nel dubbio le ripeto ancora, così sarò giustificata del tutto per la mia assenza. Allora: vendere giornali e tenermi aggiornata continuamente sui gossip italiani, col solo scopo di divulgare le notizie a voi; offendere Michelle Hunziker e tutta la famiglia Ramazzotti; lavorare al bar e instagrammare il gelato artigianale della mamma; visione serale di Mtv presso il bar per commentare i tormentoni estivi 2015; lavorare come cameriera in un ristorante nel week-end e parlare male inglese con i tedeschi. 

Capite adesso che misera vita ho passato negli ultimi tre mesi? Io, famosissima e bellissima fashion blogger di fama nazionale costretta a lavorare come i comuni mortali. Ma soprattutto, costretta a essere gentile e cordiale con gente vestita di merda, obbligata a servire come una schiava ragazze con la nail art.

QUESTA È L'ITAGGLIA. 
È una vergogna, lo so, ma tra poco sarà tutto finito, a breve tornerò in città a vestirmi decentemente e a dettare legge nella moda dall'alto del mio divano in cucina. 
In conclusione, chiedo scusa ai miei lettori, ma avevo una baracca da portare avanti.


Adesso che siamo di nuovo tutti qui, non perdiamo tempo e buttiamoci subito a capofitto nel nostro argomento preferito: la Troppo Moda.

Visto che oggi mi sento carica e ho le dita che fremono sulla tastiera, voglio ripartire alla grande con una bella polemica gratuita. Chi è il fortunello che si accaparra la mia prima infamata di stagione? [rullo di tamburi] Jeremy Scott! 


Moschino e il suo direttore creativo sono un argomento scottante che va trattato con i guanti. Per iniziare, dico subito che Jeremy Scott mi ha sempre fatto cagare. Ok, quando ti affacci per la prima volta sulla moda posso capire che lo stilista americano possa esercitare un certo fascino sulle giovani menti. Una volta però che i colori acidi e gli abiti pop accattivanti perdono mordente, ci accorgiamo che il favoloso mondo di Jeremy Scott altro non è che una parodia di se stessa, un baraccone colorato di cui possiamo anche fare a meno. Insomma, tutto fumo e niente arrosto, tutti quegli #amaziiiing #crazyyy #genius #wow e compagnia bella vanno a finire nel sacco del dimenticatoio insieme alle Jeffrey Campbell del 2009. 

Quindi, una volta smascherato il teatrino Scott, la noia avanza e le sue collezioni possono solo lasciare il tempo che trovano tra una stagione e l'altra. 


Detto questo, più volte ho espresso il mio “fate merda" contro la decisione di insediare Jeremino Scott alla direzione di Moschino e in più occasioni ho dichiarato a gran voce che le sue collezioni sono 'na vergogna bella e buona– ripassino generale qui.

Ormai le collezioni Moschino fanno scalpore: chi le ama alla follia, tanto da spendere 150 banane per una t-shirt con un orsacchiotto, roba che mia nipote ne ha di più fighe, e chi le odia, come me, al punto di spendere numerosi tweet e ore della sua giornata alla ricerca della battuta al vetriolo perfetta. 
Come penso sia chiaro, nel bene o nel male, di Moschino si parla, e tanto, e questo basta ai capoccia seduti su poltrone di pelle umana che dirigono la maison. 


Ma perché Jeremy Scott da Moschino ci fa così tanto incazzare? È giunto il momento di chiarirne il motivo.

[un attimo di attenzione, silenzio in sala]

Stile ed estetica a parte, che purtroppo sono soggettivi e nessuno può impedirvi di avere dei gusti di merda, quello che più mi fa cagare il cazzo della sua direzione da Moschino è il suo essere così orgogliosamente, palesemente, pesantemente americano. 

Onestamente, devo ammettere che i capi rispecchiano l'archivio della maison e sono in linea con l'ironia e l'irriverenza che l'ha sempre caratterizzata, fin qui non ci piove. Poi però deve sbatterci sopra il McDonald's, la Barbie, i Looney Tunes, cioè ripeto I LOONEY TUNES E ALLORA DICI MA CAZZO JEREMY 'STA MERDA FALLA A CASA TUA E NON ROVINARCI MOSCHINO DIO SANTO. 

Moschino è sempre stato uno dei marchi che ha portato con fierezza la bandiera della moda Made in Italy in giro per il mondo, quindi per QUALE MOTIVO DEL CAZZO DEVE ARRIVARE 'STO AMMERRIGANO DI MERDA A STRAVOLGERE LE COSE?! Io capisco tutto, capisco le questioni economiche, capisco il marketing e il voler riposizionare un brand sul mercato per attirare una nuova fetta più giovane – e quindi più ricca, più propoensa al consumo e ai social networks – di consumatori, ma PORCA TROIA QUESTA È UNA VERGOGNA. 
Ogni volta che esce una collezione Moschino firmata Scott, l'immagine che mi balena nella mente è una ruspa decorata da stelle e strisce che rade al suolo un delizioso palazzo per farci un parcheggio. Esagero? Forse sì, ma quando si tratta di moda italiana divento super nazionalista come ai Mondiali di calcio. Secondo me Jeremy Scott da Moschino è stato questo, un americano che ci viene in casa a insegnarci come fare la carbonara e che al posto dell'uovo ci mette la panna. Un brand storico italiano va in mano a uno straniero e questo non fa altro che ricordarcelo in continuazione, ci sbatte in faccia che HEY ITAGGLIANI, ADESSO ARRIVA L'AMMERIGA AD AIUTARVI e allora giù con le merdate USA. Quindi, oltre il danno anche la beffa, una bella presa per il culo.

Opinione personale, ma per me è questa la fine di Moschino ed è il motivo per il Jeremy Scott mi sta un po' sui coglioni. 


Messa in chiaro una volta per tutte la mia posizione verso Jeremino, adesso sorge una domanda: quale sarà il prossimo mito americano che investirà Moschino?

Se pensavate che dopo la Barbie, i graffiti da ghetto e Sponge Bob i miti americani da affiancare al nome Moschino fossero finiti, vi sbagliavate di grosso.
L'immaginario americano pullula di eroi, eventi storici e personaggi papabili per diventare il prossimo tormentone della gente Troppo Moda. 
Visto che già si respira aria di Fashion Week, direi di portarci avanti col lavoro e di iniziare a visionare i potenziali loghi che potrebbero apparire sulle cover per iPhone di mezza Milano.


1) LA GUERRA DEL VIETNAM


L'America ci ha proposto la Guerra del Vietnam, soprattutto dal punto di vista USA, in tutte le salse, dalle rappresentazioni cinematografiche a quelle letterarie, per non parlare delle continue citazioni in trasmissioni televisive, cartoni animati e parodie. E come dargli torto, si tratta di un evento storico che ha segnato per sempre un'intera nazione. E perché non utilizzare questo immaginario militare anche nella moda? Secondo me, Jeremy Scott potrebbe farlo. 
Già riesco a vedere modelle polacche sfilare in lunghe giacche camouflage con paillettes, oppure sfoggiare con sicurezza deliziose borse a forma di carro armato . E gli elmetti non vogliamo metterceli? E una rete mimetica indossata come poncho, no? Perfetto, un successone. Ciliegina sulla torta: una mitragliatrice che funge da bastone per selfie. 


2) IL MOVIMENTO HIPPY

Non puoi dire Guerra del Vietnam senza pensare ai figli dei fiori. Movimento socioculturale americano nato come reazione alla forte militarizzazione dell'America nei primi anni Sessanta, gli Hippy sono entrati a pieno titolo nell'immaginario americano. E se Karl Lagerfeld ha portato il Flower Power nella sfilata di Chanel, perché Jeremy Scott dovrebbe tirarsi indietro dal farlo? 
Cascate di pattern psichedelici e di tessuto tie-dye, coroncine floreali, occhiali alla John Lennon e chi più ne ha è più ne metta. Le modelle potrebbero sfilare con in mano una bandiera della pace da sventolare con fierezza, avvolte in pantaloni a zampa dalle fantasie improbabili, maxi skirt di chiffon e peli in libertà sulle ascelle. Quindi il mio incubo peggiore, dopo IT. E la cover come potrebbe essere? Tempestata di fiori e Peace&Love dai toni arcobaleno potrebbe funzionare.


3) HOLLYWOOD

Il cinema hollywoodiano non può essere messo da parte quando si parla di America. I grandi divi del maxischermo e i film indimenticabili che ancora oggi continuiamo a guardare all'infinito, tutto questo va a braccetto, per mano e anche in spalla al mondo della moda. 
Per Moschino immagino abiti anni Cinquanta che richiamano le pellicole di Hitchcock, capelli platinati e neo sulla guancia per rendere omaggio a Marilyn Monroe, e, per strafare, potremmo addirittura aggiungere un look uguale all'abito bianco di Quando la Moglie È in Vacanza con cui l'attrice fece impazzire mezzo mondo; citerei anche Audrey Hepburn e i suoi abiti Givenchy, bastone e bombetta per un tocco maschile che richiami Charlie Chaplin. Il resto solo lustrini e glitter, diamanti e tessuti satinati. La cover per questa collezione: una stella da Walk of Fame con inciso il nome Moschino.


4) FUMETTI

Ok, forse non sono simbolo di America, ma dovete ammettere che, volendo oppure no, spesso sono come culo e camicia. Quindi liberate la vostra fantasia e sbizzarritevi a decorare gli abiti di Moschino con personaggi Disney come Topolino, Paperino e Pippo. Se preferite potete invece ricorrere ai Supereroi della Marvel e della DC Comics, ad esempio inventando copricapi a forma di maschera di Batman o pochette sagomate come il pugno verde di Hulk. Oppure io propongo una terza opzione, meno scontata e che Jeremy Scott potrebbe adottare: Adventure Time e la cover potrebbe avere la forma della Principessa dello Spazio Bitorzolo.


5) RAMONES, BEACH BOYS E TUTTI GLI ALTRI

Da Elvis Presley al CBGB, dal Rock'n'Roll californiano al Punk dei NOFX. Buttiamoci nel mezzo anche Bruce Springsteen con Born in the USA e siamo al completo. Il risultato è un mix di chiodi di pelle su t-shirt bianche e jeans skinny, capelli impomatati e giacche bianche con decori dorati, il logo Moschino reinterpretato in stile brand d'abbigliamento di skateboarding e modelle che indossano maxi borse che sembrano tavole da surf. Ovviamente questa è solo una bozza iniziale, le combinazioni con questo tema possono essere infinite. In questo caso la cover è facile: una chitarra Fender con fiamme e Cadillac. 


6) I PRESIDENTI DEGLI STATI UNITI D'AMERICA

Se il tema fosse questo Jeremy Scott schizzerebbe immediatamente in cima alla lista dei miei stilisti prefe – non è vero. Si sa quanto siano fissati gli americani con le loro radici, con la loro storia fatta di conquiste, rivoluzioni e battaglie per l'affermazione di se stessi e dei più disparati diritti. Ebbene, non sarebbe così assurdo se uno stilista dedicasse la propria creatività alla nobile intenzione di rendere omaggio alla grandiosa America. 
Una collezione d'avanguardia e accattivante, con il giusto pizzico d'ironia che ben si addice a Moschino: parrucchini bianchi e boccolosi in ricordo di George Washington, tailleur maschili impeccabili per affermare lo spirito d'indipendenza e intraprendenza della donna contemporanea, nonché per citare la divisa del perfetto presidente. Tra l'altro, a ben pensarci, i completi giacca e cravatta, magari abbinati a delle valigette da lavoro, richiamano alla mente il capitalismo Made in USA e il fenomeno anni Ottanta degli Yuppies, l'apoteosi dell'Essere Americano, insomma. Per aggiungere un tocco pop alla collezione, penserei anche a delle maxi t-shirt con stampe dei volti di tutti i presidenti, da Kennedy a Obama, passando per Nixon, Reagan, Bush e Clinton. Per non farci mancare niente, il lato femminile della collezione emerge con le mise da First Lady, come i tailleur bon ton di Jackie O' o le giacche colorate di Hillary Clinton. Accessorio must have una cravatta e sulla cover per il cellulare una bella bandiera a stelle e strisce. 

E con questo tocchiamo livelli altissimi inimmaginabili. 



Queste sono solo alcune delle proposte possibili per la prossima collezione di Moschino. L'attesa è snervante, lo so, ma a breve sapremo quale mito americano del cazzo ci proporrà Jeremy Scott per questa stagione. Sono aperte le scommesse.


Cecilia



ps: avrei voluto realizzare questo post con immagini ritoccate e illustrazioni dei possibili look, ma purtroppo ho problemi con Photoshop e non sono una creativa. Se sei un'informatico, un grafico o un illustratore e vuoi aiutarmi per i prossimi pezzi, scrivimi! Pago in stima eterna. 

Rick Owens SS16, la sfilata che vi ha fatto incazzare.

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Il fine e intelligente titolo che grida allo scandalo sul sito de Il Corriere della Sera


L'internet è un posto bellissimo. Ti svegli la mattina, accendi il tuo pc e subito ti senti libero di condividere in mondovisione la tua opinione, qualunque essa sia. Che fanta-luogo meraviglioso, l'Internet.

Così devo essersi senti le mille mila persone che da 24 ore stanno sparando a zero su tutti i social e su tutti i siti a loro disposizione contro la collezione SS2016 di Rick Owens. Alcuni commenti mi hanno lasciata davvero basita, stronzi e aggressivi, manco avessero fatto sfilare nuda e ricoperta di feci la sorella di uno di voi. Ma colpa mia, ancora ho fiducia nel genere umano che si affaccia su Facebook.
Attenzione: nella moda come in altri settori specifici, prima di sputare un'offesa bisogna fermarsi, contare fino a dieci, fare un passo indietro e osservare il caso da più punti di vista, magari documentandosi, e poi, forse, dire la propria idea, forse.
Spesso però non succede così, ma ok, andiamo avanti.

Anzi no, facciamo un passo indietro.
Perché la collezione Rick Owens Spring/Summer 2016 ha fatto incazzare così tanto la gente? Semplice, lo stilista ha fatto sfilare alcune ginnaste-modelle mentre sorreggono altre donne come se fossero abiti o accessori umani. 


Questo è il fatto oggettivo, può piacere oppure no, non capisco perché la gente si sia così offesa da tale visione, ma in molti si sono sentiti in obbligo di dire la propria superficiale opinione a riguardo, creando un vero boom di commenti negativi e ovvi che non vedevo sulla pagina di Vogue Italia dai tempi delle t-shirt rosa per uomo da Versace.

Visto che tutti vogliono dire la loro, adesso lo faccio anch'io e poi andiamo tutti insieme a deridere quelli che lo hanno fatto su Il Corriere della Sera.

Inutile negare che il primo pensiero di molti è stato quello di interpretare l'atto come l'ennesima strategia di marketing, e non suonerebbe così strano visto i precedenti dello stilista – vedi gli abiti maschili che lasciano scoperti i pistolini dei modelli o la protesta contro Angela Merkel inscenata da Jera Diarc proprio mentre sfilava, ma all'insaputa di Owens e team. 
Due casi ravvicinati che subito hanno lanciato gli show di Rick Owens nella top ten delle collezioni più chiacchierate di stagione, creando scalpore ed entusiasmo, chiacchiericcio e perfino sdegno intorno al brand. 
C'è chi crede nella buona fede del marchio nel non aver volutamente organizzato, sostenuto o ideato per scopi pubblicitari nessuna di queste due performance, chi invece, evidentemente arido di sentimenti come me, ci vede purtroppo un po', giusto un pizzico, di strumentalizzazione per far parlare della sfilata. Perché lo sanno anche i bambini, che sia buono p che sia cattivo, l'importante è che se ne parli. E quale modo migliore se non orchestrare qualche incidente di percorso durante lo show?

Ma torniamo al punto, la sfilata delle modelle-acrobate.
Ammetto che, a prima vista, anch'io ho alzato subito il sopracciglio pensando all'ennesima trovata marketing per dare il giusto sprint alla collezione, che di per sé è ordinaria e di cui forse nessuno si ricorda un solo capo. Poi ti ricordi che sei una persona adulta, con tutte le capacità cognitive in regola – credo – e che sarebbe giusto informarsi, prima di scrivere un commento di merda sotto l'articolo di Vogue Italia.

Il motivo di simile scelta estetica è la volontà di mandare un semplice, ma spesso scontato messaggio, ovvero quello di dover prendersi cura dell'altro, supportare – qui proprio nel senso concreto del termine – ed essere solidali tra noi, soprattutto tra donne, visto che si parla tanto di femminismo, ma spesso la rivalità tra donne non ha pari in natura.
Tutto molto bello, affascinante, nonché artistico e colmo di citazioni, e per una volta voglio crederci, voglio vedere degli ideali dietro questa sfilata, e non solo marketing. Però c'è il Marketing con le sue regole di vendita e di visibilità, non possiamo negarlo, perché se è vero che esiste un nobile messaggio alla fonte della performance, è vero anche che Rick Owens ha scelto di mandarlo nel modo più provocante ed eclatante a cui potesse pensare. 
Un modo per scuotere il pensiero collettivo e far interrogare il popolo su questioni come la solidarietà e la fratellanza, o meglio sorellanza? Un'altra forma di moda politicizzata, moda progresso per il sociale? Probabile, e qui ne sarei felice, in quanto ferma sostenitrice dell'idea che la moda non sia solo abbigliamento, ma una vera e propria componente socio-culturale che influenza e riflette le dinamiche quotidiane su più livelli e bla bla bla che noia, scusate. Ok, ancora tutto molto bello, ma se non fosse solo questo? E sappiamo che non è solo questo e allora mi domando: se non fosse stato Rick Owens, che ha la sua sacra reputazione e il suo stile sperimentale e d'avanguardia ormai affermato da decenni, ecco se fosse stato un altro, tutto questo non sarebbe apparso un po' forzato e pacchiano, un po' come la collezione femministahahah di Karl Lagerfeld per Chanel? Non avremmo puntato tutti il dito contro al povero stilista accusandolo di strumentalizzazione? Dubbi importanti che mi attanagliano e che non avranno mai risposte #ChiamateAdamKadmon.

Conclusione: uno show affascinate ed emozionante, ma personalmente non grido al miracolo artistico, ma nemmeno ritengo che la sfilata abbia fatto merda, anzi. 
Sarà colpa del mio cuore di pietra, del mio essere sempre sospettosa e ormai disillusa alle cose belle della vita, sarà che sono semplicemente una persona di merda, ma secondo me la sfilata di Rick Owens è stata più una bella pubblicità che una performance concettuale. Nonostante i più che lodevoli valori alla base dello show, secondo me il messaggio poteva essere espresso nello stesso modo in un secondo momento e in un altra sede, oppure essere trasmesso attraverso i soli abiti, perché dovrebbero essere questi gli unici messaggeri durante una sfilata. Nasce prima l'idea e poi la sfilata con i suoi abiti, o prima la sfilata e poi l'idea che può trasmettere? Ancora dubbi.

E poi, purtroppo, se di una sfilata si parla più della performance, delle modelle o del front-row significa che la collezione fa cagare e lo stilista ha perso un po' la bussola creativa del suo lavoro.


Visto che questo post, nato come cazzata, è fin troppo polemico e serioso che Dio solo sa perché – forse la vecchiaia mi sta rendendo saggia–, vi lascio col mio primo, vero intento di stamattina, ovvero regalarvi i migliori commenti che laggènte del web ha lasciato sotto gli articoli della collezione Rick Owens. Non capisco perché ma le persone l'hanno presa davvero sul personale. Forse offesi dall'interpretazione lesbo-bondage che la performance poteva far intendere a molti di loro oppure tutti fedeli clienti del brand Rick Owens insoddisfatti dalla nuova collezione? Tutti esperti intellettuali della Troppo Moda o c'era la cugina minorenne di qualcuno a sfilare per Owens? Altri dilemmi che non mi faranno dormire stanotte.

Buon divertimento.























Cecilia

Tutte le sfilate che Vetements ha curato – ma senza saperlo.

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Credo che il marchio Vetements non abbia bisogno di presentazioni. Tuttavia, ho un cuore tenero e uno spirito umanitario che mi portano a fare un breve recap per tutti coloro che evidentemente non hanno accesso un computer negli ultimi quattordici mesi.

Vetementsè un brand parigino realizzato da un collettivo di designers capitanato da Demna Gvasalia, al secolo "alunno" di Margiela e, in seguito, di Louis Vuitton. Come se non bastasse, tutta la ciurma ha un pedigree di tutto rispetto, con diplomi presso il Royal Academy of Fine Arts a Antwerp. In sole tre stagioni, Vetements è diventato il brand più cool, più trendy, più desiderato, più indossato, più fotografato, più qualunque cosa voi pensiate del momento. Perché? Perché è un mix perfettamente riuscito di roba grunge-raver-trash con una forte attitudine underground e giochi di gender, che tanto sono attuali nella moda in questo momento storico.Dunque Vetements ha uno styling vincente perché propone tutto quello che adesso viene ritenuto figo e lo fa nel modo figo: capispalla oversize, sovrapposizioni insolite, stivali altezza coscia, jeans bellissimi, maschile-femminile come se non esistesse e tante altre belle cose. È il tipico brand che mia madre non capirebbe, perché sembra roba a caso uscita dal mio armadio di quando avevo diciassette anni e forse è proprio questa la forza del brand: prendete il peggio delle sottoculture giovanili, magari dell'Europa dell'Est post-sovietica o delle banlieu parigine, fatelo reinterpretare a bravi stilisti emergenti che bazzicano Tumblr e il Web, affiancate uno styling da paura et voilà, ecco il successo di Vetements.  

Il punto è che Vetements ha lanciato un nuovo immaginario underground, un'estetica apparentemente "brutta"– brutta come lo intende mia madre –, ma che ha scombinato le carte sulla tavola della moda, conquistando il consenso di molti, inclusa me, in pochissimo tempo. Inspirato dalle mode ggiòvani del Web e dalle tendenze della strada, ma guidato da savoir-faire e da un buon gusto stilistico, Vetementes ha reso glamorous il disagio


Vetements SS2016

Qui lo stilista Gosha Rubchinskiy, altro designer del filone "rendiamo glamorous il disagio", molto gettonato negli ultimi mesi – e che a me piace. 




Ok, ci siamo? Tutto chiaro? Bene, adesso tenete bene a mente queste nozioni e seguite il mio ragionamento.

Ebbene, come spesso succede nella Moda, appena una tendenza si afferma, subito questa si dilaga a macchia d'olio, influenzando non solo noi comuni mortali, ma anche i brand, che dovrebbero invece lanciarne di nuove, ma vabbè chiudiamo un occhio. 
Ecco allora che Vetements ha divulgato il suo nuovo linguaggio estetico, arrivando non solo al pubblico ma anche ad altri stilisti che, cogliendo la palla al balzo, battendo il ferro finché è caldo, ecc… non si sono lasciati sfuggire l'occasione di seguire l'onda anomala del momento.

Ci troviamo allora davanti a un fenomeno strano: molti brand magicamente sono diventati urban-transgender-trash-disagio-underground come il manuale Vetements insegna. Chi palesemente, chi solo per alcuni dettagli, chi invece solo nel mood generale – la famosa attitudine di cui parlavo prima –, fatto sta che lo style TUT(Trash Urban Tumblr)è emerso spesso durante gli show delle settimane della moda. Unica conclusione plausibile: evidentemente Demna Gvasalia ha collaborato con alcune maison per la stagione Spring/Summer 2016. 
Mea culpa, una fashionz blogger come me dovrebbe essere sempre aggiornata su tutte le nuove strette di mano tra brand e stilisti, ma questa volta ho avuto una svista. Potete perdonarmi? Per rimediare, ecco alcune delle collaborazione creative che Vetements ha avuto il piacere di consolidare per la prossima stagione estiva.


VETEMENTS X ALEXANDER WANG



Trova le differenze tra la collezione SS16 di Vetements e quella di Alexander Wang! 



VETEMENTS X SAINT LAURENT



Qui si vede chiaramente la mano di Demna nella scelta del denim e delle stampe lo-fi, mentre la decisione di far indossare dei diademi alle modelle è una decisione esclusiva di Hedi Slimane dopo aver copiato il mio guardaroba del liceo – sì, avevo una coroncina e sì, la indossavo.



VETEMENTS X HAIDER ACKERMANN



Haider Ackermann è sempre rimasto fermo sulle proprie linee stilistiche, nonostante le intemperie delle tendenze di stagione. Tuttavia, questa volta ha ceduto al fascino di Vetements, con cui ha collaborato per la sua SS16: l'impronta è fortemente Ackermann, ma nelle calze che fanno capolino dai pantaloni, nella cintura zebrata, negli accostamenti azzardati e nei richiami punk è lì che fa capolino la mano di Vetements.



VETEMENTS X MM6 MAISON MARGIELA



Dove finisce MM6 Maison Margiela e dove inizia Vetements, o viceversa, è un dilemma insolubile che non ci farà dormire la notte.


Forse la situazione Vetements vi sta sfuggendo di mano. 


Cecilia

Se Jessica Fletcher potesse parlare (come noi)

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Oggi Angela Lansbury compie ben novant'anni e mi sembrava giusto renderle omaggio come meglio potevo. In realtà, avrei voluto far stampare delle t-shirt con una bella immagine della signora, ma ahimè sarà per il prossimo anno.

Come omaggiare una delle mie persone preferite? Avesse Instagram, avrei già fatto un post con Le Migliori Foto di Angela Lansbury vedi quello a Robertone Cavalli, ma per ovvi motivi non è realizzabile. 

E allora ho pensato: perché non rendere il compleanno di Angela Lansbury una festa davvero virale e contagiosa? Perché non divulgare il verbo della Dama in giallo in tutto il mondo o, almeno, in tutto il web? Insomma, perché non angelalansburizzare la nostra vita solo per un giorno?


Ecco, allora ho pensato che per il giorno del compleanno della Signora – che, ripeto, compie novant'anni, mica noccioline – potremmo colorare di giallo mistero la nostra vita e citare l'attrice il più possibile.

Folle? Psicopatico? Probabile, ma il risultato è che ho passato due ore della mia serata a cercare foto di Jessica Fletcher e a incollarci sopra delle frasi tipiche del nostro linguaggio quotidiano, espressioni che racchiudono i pensieri più comuni dei nostri anni online.
Ebbene, oggi potrete dare libero sfogo alle vostre parole utilizzando la vostra beniamina del piccolo e grande schermo. Ovviamente le combinazioni e le immagini potevano essere infinite, ma credo che queste siano sufficienti per il momento – e poi stavo perdendo la vista davanti lo schermo del Mac, scusate. 

Fatene buon uso.






































Questa parla da sola


Cecilia 

Risorti dalle ceneri: Justin Bieber piace, fatevene una ragione.

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Pensavate che fossi ormai diventata un'affermatissima giornalista di moda, una di quelle che detta legge e a cui i magazine non possono negare niente. Ebbene no, non ancora almeno, ma ci sto lavorando.

Per vostra fortuna, quindi, ci sono ancora dei paxxi che osano rimbalzarmi i pezzi. Ma poco male, perché, come già più volte ho detto, ho un blog dove posso fare il piffero che mi pare e, soprattutto, ho giusto un'etichetta che fa al caso nostro:#articolicestinati

Dunque, ecco un altro articolo cestinato – e forse giustamente, visto il protagonista – che va ad arricchire la mia rubrica di post falliti, ma, soprattutto, le vostre menti.

Nel mentre, mi è stato detto che sono usciti articoli simili al mio e che mi hanno battuto sul tempo nella pubblicazione – perché, capite bene, prima di pubblicarlo qui dovevo avere la conferma del rimbalzo –, ma ovviamente voglio prendermi tutto il merito e dire che sono io il genio che ha pensato per prima questa cosa, io io io.

Buona lettura.




Justin Bieber piace, fatevene una ragione 

 
Justin Drew Bieber, classe 1994, cantautore e musicista canadese, ha debuttato nel 2009 con il singolo One Time, che ha anticipato l'uscita del suo primo album My World, disco di platino negli Stati Uniti. Ma è con il singolo Baby, pubblicato nel Gennaio 2010, che il giovane cantante ha iniziato a scalare la vetta del successo mondiale. E non si è ancora fermato. 
A riguardo, Wikipedia è molto chiara: un susseguirsi di successi, numerosi cambi di look e di tagli di capelli, e una moltitudine di bravate ed eccessi Sesso, Droga e Rock'n'Roll come vuole il copione. Inoltre, che lo accettiate oppure no, non possiamo negare che il giovane abbia talento, già prima che venisse scoperto e reso quello che è oggi [vedi Wikipedia alla voce Justin Bieber e vari video su Youtube]. Quello che però non dice è come Justin Bieber sia arrivato ad attirare l'attenzione anche dei “non più giovanissimi”. Perché il cantante, ormai, non è più solo roba da ragazzine. Additato da sempre come colui che ha reso merda la musica pop, forse è giunto il momento di fare un passo indietro e rivalutare la situazione. O, almeno, provare ad ascoltarlo prima.

Ecco le fasi che hanno segnato il nostro rapporto con Justin Bieber nel corso degli anni. Una prima fase iniziale di indifferenza, poiché conosciuto solo da teens, seguita da un lungo periodo di disgusto e astio, dettato da un orgoglio d'appartenenza a una fascia d'età più matura – e quindi ovviamente migliore, secondo i membri. Segue un primo, timido avvicinamento al personaggio attraverso la derisione e i memes su Facebook, fino a giungere ad un certo e voluto interessamento verso il cantante. Arriviamo al punto di conoscere vita, morte e miracoli di Justin Bieber, fino a quando, nell'estate del 2015, ti sorprendi a cantare allegramente una sua canzone. Senza sapere come, ti accorgi che Justin Bieber non è così male.  

La colpa di questo sviluppo inaspettato è di un efficace cambio di stile, sempre più ricercato e curato, con il brand giusto al momento giusto e tutto ciò che serve per creare un'immagine accattivante anche per un target più adulto. Il ciuffo non c'è più e il fisico, diciamocelo, ci ricorda che Justin non è più un bambino. I suoi guai con la legge hanno alimentato il suo personaggio di cattivo ragazzo – non un buon esempio, diciamo proprio un coglione, ma per farsi pubblicità funziona sempre alla grande –, mettendolo sotto una luce non più così zuccherosa. Infine, la sua musica è cambiata: propone sonorità che possono attirare anche il consenso di un pubblico più ampio, come il singolo Where Are U Now in collaborazione vincente con Skrillex e Diplo, o il recente Sorryche, lontano dalla tipica regia dei suoi precedenti videoclip, ha forse conquistato anche gli ultimi miscredenti.  
  
Ieri sera, durante l'ultima edizione degli MTV EMA 2015, Justin Bieber ha vinto tutto il vincibile. A prescindere dai gusti musicali, ormai è inutile non voler accettare il fatto che il cantante possa piacere a molti. È inutile non voler capire perché le ragazzine – e non solo – impazziscono per lui ed è inutile giudicarlo ancora per i suoi inizi. E se ancora vi scandalizzate, vuol dire che siete vecchi, sorry.



ps Se pensate che forse mi sto innamorando di lui, vi sbagliata di grosso: sono già cotta.



Cecilia

Vi spiego come lavorano le blogger su Instagram.

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Non avrei mai pensato di dover arrivare al punto di dover spiegare, nel 2015, come funziona la moda su Instagram e come lavorano le blogger su questo social. E invece mi sbagliavo.
La causa è stata una notizia pazzesca, della scorsa settimana, che ha sconvolto le vite dell'umanità intera.
Attenzione.

L'australiana Essena O'Neill, modella e, soprattutto, instagramer di successo, ha rivelato al mondo che le sue foto sui social media sono finte. Tutti quei sorrisi, le pose, gli attimi rubati dall'iphone e, perfino, i look che indossa, tutto il fotografabile non è altro che finzione studiata a tavolino.

Cito le sue testuali parole:
"il mio allontanamento dai social media è un grido di allarme e un avvertimento rivolto a tutte le persone che mi seguono e non solo." 
 "15 anni di dieta ed esercizi estenuanti non sono degli obiettivi sani. Chiunque sia dipendente dalla fama da social media, come lo ero io, non ne è consapevole."“Pancia in dentro, posa strategica, tette spinte verso l’alto. Voglio che le ragazze più giovani sappiano che questa non è vita vera."
E ancora: 
"Non è la vita reale. L'unico motivo per il quale siamo andati in spiaggia questa mattina è stato per scattare questi bikini, perchè sono stata pagata dalll'azienda e anche perché ho un bell'aspetto in base ai correnti standard sociali."

Ovviamente non sono qui per criticare, accusare o al contrario spalleggiare e supportare questa ragazza, ma piuttosto vorrei solo fare il punto della situazione Instagram oggi.  


Ciò che davvero mi ha sconvolto non sono tanto le (ovvie?) rivelazioni della blogger, ma piuttosto la reazione del pubblico e dei media. Alcune risposte a questa storia mi sono sembrate le stesse di quando avete scoperto che nei piumini d'oca ci sono, udite udite, le piume d'oca.


NEL 2015 C'È ANCORA GENTE CHE PENSA CHE LE FOTO SU INSTAGRAM SIANO REALI?

Esisto ancora delle anime così pure come i capelli degli angeli che credono seriamente che le foto pubblicate sul social siano davvero spontanee, istantanee e naturali? Really?
Cioè, fatemi capire: ok credere che le foto delle blogger su Instagram siano veritiere, ma è da pazzi credere all'esistenza degli alieni? Mi stupirei meno che qualcuno mi dicesse che crede negli unicorni.

Non vorrei essere io a distruggere i vostri sogni di zucchero filato, ma hey! devo dirvi che tutte le fashion blogger bluffano su Instagram. 

Fonte: La Dura Verità account Instagram


Partendo dal presupposto che tutte le foto delle fashion blogger – e non solo – hanno almeno unahahah filtro, che sia di Instagram o di VSCO Cam poco importa – se non addirittura un ritocchino su Photoshop –, già questo è un primo step che allontana l'immagine dal suo attimo di realtà che ha immortalato. Ma questo è solo l'ultimo dei nostri problemi.

La modella confessa che dietro i suoi scatti si celano in realtà ore e ore di preparazione, dal make up professionale agli outfit studiati a tavolino, perfino le location non sono casuali. Tantomeno le pose e i sorrisi non sono naturali, preparati e forzati, degni di Barbara D'Urso davanti all'ennesima storia strappalacrime. 

Niente di nuovo, ordinaria amministrazione per ogni utente di Instagram. 
Ma cosa credete, che noi comuni mortali facciamo una foto ed è subito quella buona? Cosa pensate, che abbiamo il dono della perfezione di Beyoncé? Signori e signore, mi spiace deludervi, ma tutte le foto che vedete su Instagram hanno un certo livello di preparazione, che va da"Preparazione Level 1: profilo migliore e sorriso" a "Preparazione Level Max: Chiara Ferragni"
E, reggetevi forte, devo anche dirvi che prima di pubblicare una foto, ne scattiamo almeno cento prima, una più brutta dell'altra, fino a trovare quella meno orrenda da editare e rendere likabile. Pazzesco, chi l'avrebbe mai detto?




foto via snapchat: santa.cecilia

Vi faccio un esempio: avete presente quando la vostra blogger preferita pubblica la foto del buongiorno? Quella in cui dice di essersi appena svegliata, magari ancora sotto le coperte e con gli occhi sonnecchianti? Ecco, quella è già sveglia da almeno due ore e ha già la faccia ricoperta da due chili di fondotinta. SVEGLIAAA!!!111!


Altra rivelazione sconvolgente che ha smosso le anime pie della gente: l'ammettere che gli abiti non erano suoi, ma passati dalle aziende di moda che la contattavano per pubblicizzare i loro capi.

Niente di nuovo. Se nel 2015 ancora pensate che le blogger – almeno quelle di professione – indossino davvero solo quello che vogliono, come vogliono, quando vogliono e se vogliono vi sbagliate alla grande. 
Vi rivelo un piccolo segreto: c'è gente, e non solo fashion blogger, che su Instagram ci fanno i gran soldi. Avete capito bene, ci sono persone che vengono contattate e pagate per pubblicizzare alcuni prodotti, che poi fotografano e pubblicano sul loro account, facendovi credere che siano di loro proprietà e che si tratti di roba fighissima che anche voi dovete assolutamente avere– in gergo si chiamano influencer, ma non sono qui per darvi lezioni di marketing.

























Quindi, ogni volta che la vostra blogger preferita pubblica la sua new amazing bag by Pincopallino, sappiate che sta facendo pubblicità e che sta provando a vendervi un prodotto. Lo fanno più o meno tutti, perfino io lo farei se qualche brand mi passasse degli abiti, così non avrei più il problema di decidere come vestirmi perché avrei sempre un guardaroba rifornito di capi nuovi #einvece


























Infine, la modella ha confessato di essere diventata dipendente dai social media, di essere arrivata al punto di sentirsi definita dal numero di like e che tutto questo sistema di strategie e di apparenze la stava soffocando. Hey stellina, welcome to my life

Non voglio giustificare i metodi impiegati dalle aziende o dire che non si tratti di una situazione che possa avere dei risvolti anche spiacevoli, ma questo lavoro – perché ormai si tratta di un lavoro in piena regola – funziona così. 
La ragazza ha ammesso di essere stata pagata e di aver messo su un bel gruzzolo in soli due anni di attività. Ecco, pensate che ci sono blogger che manco vengono pagate, ma lo fanno solo per attirare l'attenzione dei marchi e per avere un po' di visibilità in più. 
Senza contare che ci sono anche comuni mortali, quindi non instagramer di professione che sono comunque ossessionati da Instagram e da tutto ciò che consegue essere online oggi. Eppure nessuno si sconvolge per la loro metodicità, quasi patologica, nell'aggiornare il loro profilo. 

Anch'io sono dipendente da social media, anch'io mi sento giudicata in base al numero di like che ottengono le mie foto e anch'io faccio del mio meglio per realizzare delle foto di me il più possibile apprezzabili da follower, ma nessuno mi ha mai pagata per questo.



Quindi, cosa ci ha insegnato questa storia? Proprio un cazzo. 
La modella, per quanto sconvolta e pentita delle sue azioni online, non ci ha detto niente di nuovo sul mondo dei social media, anzi ha solo confermato delle dinamiche già note a tutti. Forse, l'unico aspetto interessante di questa notizia è stato scoprire che nel 2015 ci sia ancora gente di buon cuore che crede – e, spero, credeva – nella veridicità delle blogger su Instagram. Vorrei abbracciarle tutte queste anime candide. 



Cecilia

Siamo tutte un po' Moira Orfei

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Oggi, domenica 15 Novembre è venuta a mancare la donna che ha ispirato i look e i make-up di molte, molte di noi nel 2009. Ma che dico, colei che sempre ci ispira, giorno dopo giorno, sabato sera dopo sabato sera, nelle nostre scelte stilistica. 
Come sicuramente avrete già capito, cari lettori, oggi è morta Moira Orfei


Quante di voi si sono sentite dire Hey, ma sei vestita come Moira Orfei! oppure Uè, ma chi sei, Moira Orfei? e quante di voi, segretamente, si sono sentite felici di simile paragone? Perché, diciamoci la verità, ogni volta che esageriamo con il rossetto rosso, ogni volta che ci cotoniamo i capelli per sembrare più alte e ogni volta che compravamo – o compriamo? – quei brutti, pacchiani, colorati maglioni vintage con le paillettes applicate, ammettiamolo, ci stiamo ispirando a lei, Moira. 
Animale guida del nostro senso del gusto in quel Medioevo stilistico che tutte noi abbiamo attraversato, a cavallo tra la scoperta dei mercatini dell'usato e l'ossessione per la moda londinese, Moira Orfei è sempre stata un'icona da, inconsciamente, seguire. Soprattutto nel weekend, quando la voglia di fare le paxxe diventa forte e il coraggio di uscire di casa come delle fashion blogger di Quarto Oggiaro si fa avanti, ecco, è proprio lì che lo spirito di Moira ci prende per mano e ci accompagna nella scelta del look. 

Per onorare la sua persona, io indosserò un turbante per tutta la settimana, gesto che potreste fare anche voi, dal momento che so per certo che ognuna di voi ha, dimenticato sotto una valanga di abiti, un turbante H&M risalente al 2011. 
Diapositiva di me su Snapchat mentre rendo omaggio alla defunta 
[santa.cecilia]


Adesso, guardate queste foto, studiate i particolari e ammirate il make-up. Ditemi, quante di voi possono affermare con sicurezza di non essersi mai agghindate come Moira? Come sospettavo: nessuna. 


Io nel 2009

Canini&Gattini 

Sembra una pubblicità di Dolce&Gabbana 

Hipster come noi

Farei un patto col diavolo per avere i suoi orecchini





Cecilia 

Trascuro il mio blog, ma ho buone giustificazioni.

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Sì, lo so, sono una brutta persona. Anzi, peggio, sono una cattivissima blogger. E vi chiedo scusa. 

Non aggiorno spesso il blog anche se più e più volte avevo giurato come Ambra Angiolini di fare. Il fatto è che potrei preparare dei post di sole immagini, raccolte degli instagram più carini della settimana, i servizi più cool del mese, o la tipa meglio vestita che ho visto online. Ma la verità è che'nun me và

Non mi riesce, perdonatemi. La verità, come ormai ben sapete, è che sono una logorroica della parola scritta. E questo post ne è la prova: cioè dovevo solo farvi le mie scuse e darvi una buona scusa per la mia assenza e invece sto già scrivendo un saggio breve di 3000 battute. Forse è una malattia inguaribile, chi può dirlo.

Tornando a bomba, sto trascurando il mio blog.
Alla base del mio assenteismo si nasconde in realtà un dilemma esistenziale che mi attanaglia continuamente: meglio scrivere poco, ma post più densi e argomentati – non dico interessanti, perché sarebbe troppo –, oppure scrivere in modo più frequente, ma anche – e soprattutto – post veloci e "superficiali"? Insomma, vorreste un blog aggiornato ogni morte di Papa, ma con post ben pensati, o preferite un blog aggiornato quotidianamente anche di sole news, immagini e, perché no, outfit post? 



La storia si fa seria.

Nel mentre che ci pensiamo – e vi pregherei di rispondere anche solo per aver conferma che qualcuno mi legge –, vi promettahah… no, sono seria, vi prometto che mi impegnerò a scrivere di più. Poi non vi lamentate se vi beccate I Cinque Look Più Brutti della Santanchè o Le Mie Foto Prefe di Oggi.


Ma perché aggiorno poco il blog? Ci ho pensato a lungo e ho trovato più di una giustificazione plausibile. Eccole qui:

a) Motivazione Sociologica: Mi sto facendo una vita vera, fuori dall'Internet. Ebbene sì amici, oltre Facebook e Instagram esiste una realtà fatta di cappotti brutti e paesaggi non desaturati, che, tuttavia, sto bazzicando spesso. Sto diventando una persona matura che intrattiene delle reali interazioni sociali con delle persone in carne e ossa. Nonostante la cosa non mi dispiaccia affatto, questo toglie tempo al mio blog.

b) Motivazione Tecnologica: Sono dipendente da Snapchat. È una droga, ma, soprattutto, mi dà la possibilità di esternare subito le mie polemiche senza dover prendere il computer e organizzare un (lungo) discorso ben scritto per comunicarvelo. Prima, quando volevo polemizzare sulla Carisi, con molta calma aprivo il blog e iniziavo a vomitare fiumi di insulti contro la suddetta. Adesso, invece, mi basta prendere l'iPhone e parlare da sola per venti minuti. Capite il problema? Snapchat mi ha tolto il brivido del giornalismo, ha reso tutto più facile, ma ahimè non riesco a smettere.

c) Motivazione Noiosa: Non sono più ispirata. Sarà colpa della vecchiaia che avanza, ma non trovo più nulla che mi stimola a scrivere. Magari vedo cose interessanti di cui parlare, ma subito mi appaiono noiose o poche "ganze" e quindi mi dico ma davvero voglio scriverci un post? e allora penso che non ne valga la pena e allora ci rinuncio e così via, all'infinito. Così va la vita [cit.]. Questo è un grosso problema, ma penso che potrei iniziare a superarlo se iniziassi a pensare meno e ascrivere più post, anche meno innovativi.

d) Motivazione Seria-Esistenziale: Sto studiando. Amici, mi mancano due esami – più il tirocinio, ma è solo un dettaglio – per prendere questa merda di laurea. Se vi può interessare, adesso sto preparando Storia Contemporanea, materia in cui sono molto ferrata visto che è la terza volta che preparo questo esame con ben tre programmi diversi. Quindi, se oltre ai consigli di moda avete bisogno di un ripassino di storia, contattatemi – e sono seria, perché mi piace tantissimo parlare di queste cose, di Moda e Storia. 

e) Motivazione Figa: Da qualche mese ho iniziato a collaborare con NSS Mag, una rivista online molto figa, secondo me una delle migliori in Italia. Vado molto fiera di questa nuova occupazione e spero possa continuare ancora per un bel po'. Ma come tutte le cose belle, anche questa ha il suo rovescio della medaglia: mi prende tempo. Devo scrivere per loro un articolo d'opinione a settimana [tutti i giovedì n.d.r.] e altri su commissione, e già questo poco carico non riesco a svolgerlo come vorrei (a causa del punto d). Capite bene che il blog diventa sempre più marginale, purtroppo, sia per una questione di tempo che di idee, che adesso riverso maggiormente per il Magazine

Visto che siamo in argomento, nelle serate tristi, quando la mia mancanza si fa sentire più forte, potete leggere i miei articoli per NSS Mag. Ecco qui quelli più interessanti:



Ultimo pezzo scritto. Avrei voluto approfondire di più l'argomento, ma purtroppo non sono ancora così famosa da potermi permettere 4000 battute ad articolo. 




Articolo che forse ribadisce un concetto che ho più volte espresso: il brutto ormai è troppo moda.




Articolo sulla lingerie femminista, movimento che ho rinominato #freeperiod








La verità di tutte le verità è che sono molto disorganizzata. Insomma, mi seguite su Snapchat, vedete che vita faccio e che camera da letto ho! Ma, tra i buoni propositi per il 2016, c'è anche quello di iniziare a organizzarmi le giornate, e la vita, in modo serio e adulto, perché vado verso i 28 anni ed è un attimo che ti ritrovi a 33 anni senza sapere perché. E, nella nuova organizzazione esistenziale che mi voglio imporre, c'è anche posto per il blog.

Nel mentre, ogni volta che voglio deridere la Carisi o parlare delle dinamiche dei Like su Facebook, prima di dirlo su Snapchat conterò fino a dieci e ci scriverò un post.


Cecilia

Forse non capisco Gucci.

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È uscita la collezione pre-Fall 2016 di Gucci. E i social networks sono impazziti. Tutto regolare.

Da quando Alessandro Michele ha preso le redini della maison italiana, Gucci ha cambiato decisamente pelle. Non potrei esserne più contenta e noto che non sono l'unica a pensarla così. Ma andiamo per gradi.

Esce una collezione di Gucci e il pubblico grida al miracolo. Come dargli torto? Premetto che a me Gucci non è mai piaciuto, cioè, non fraintendetemi, viva Frida Giannini, ma il marchio non mi ha mai fatto impazzire. Mea culpa, preferisco altri canoni. 
Dunque questa ventata di aria fresca, talmente fresca che si rischia un raffreddore, che ha portato Alessandro Michele è, a mio parere, cosa buona e giusta.

Tuttavia c'è qualcosa che non mi torna.

Correggetemi se sbaglio – e non sbaglio –, ma credo che Gucci abbia subito lo stesso processo di riposizionamento sul mercato che è toccato a Saint Laurent, Kenzo e Moschino. Il marchio ha quindi iniziato a corteggiare un target più giovane, più figo, più social e così via. 
Daje allora di capi vagamente vintage, stampe dal gusto esotico e silhouettes che ammiccano a Valentino e a Prada– o sbaglio? –. Capi e stampe d'archivio svecchiati e reinterpretati in chiave Instagram, con quel giusto, come dite voi giovani? hype che ha catapultato subito Gucci in vetta ai brand più fighi, più desiderati, più Instagram, più cosa vi pare del momento. 
Ne sono un esempio lampante le pantofole pelose che ormai hanno tutti, perfino il fruttivendolo sotto casa mia. Oppure, ben più grave, il fatto che io esce di casa con in testa un basco alla francese solo perché me l'ha detto Gucci.

Insomma, siamo tutti pazzi per il nuovo Gucci. Tuttavia, a me qualcosa ancora non convince. 

L'illuminazione è arrivata la scorsa settimana, mentre sfogliamo le foto della collezione pre-Fall 2016: Gucci è troppo giusto.


Il lookbook, scattato daAri Marcopoulos– fotografo mega Tumblr che ha collaborato con Purple Magazine, Dazed & Confused, W Magazine, ecc… – rappresenta tutto quello che la gente cool vuole adesso. È figo, non ci piove, altamente sharabile su ogni possibile social. Come se non bastasse, hanno anche aggiunto una chiccosa cornice rosa – specchietto per le allodole che potevano risparmiarsi – per eliminare ogni ombra di dubbio sull'efficacia del lookbook. 

Che dire della collezione? Impeccabile, non ha sbagliato un colpo. Si ripete la formula vincente: vaporosi abiti da principessa, capi che sembrano usciti dall'armadio di vostra madre e accessori accattivanti come toppe colorate e occhiali alla Terry Richardson. 
È un mix perfetto di bon ton d'altri tempi e street attitude, stampe d'animali e dettagli hipster come fossimo nel 2012. 


Cioè, stiamo parlando di turbanti e guanti senza dita, maglioni con disegnino di gatti e foulard utilizzati come gonne. Sembra quasi che Alessandro Michele sia andato su Depop ha comprare gli ultimi capi per completare la collezione. 
Non manca il finto caos di fantasie e tessuti, il gioco di generi e l'accostamento di pezzi iperfemminili e chic a quelli più urban – bomber metallizzato con longdress? Amaaazing.

È vero chele pre-collezioni, per loro natura, propongono una linea più "accessibile" e indossabile perché diretta soprattutto al cliente, ma credo che Alessandro Michele abbia esteso questa concezione all'intera produzione. Gucci è diventato pop più di quanto non lo sia mai stato, conquistando così sempre maggior pubblico e fasce d'età più giovani. 




Tornando alla collezione pre-Fall, i capi singolarmente sono impeccabili e la collezione nel suo complesso funziona. Funziona talmente tanto che annoia

Ecco allora la conclusione a cui sono arrivata: Gucci mi annoia. Cioè, superato il boom di questa nuova formula estetica, per quanto ancora il brand italiano cavalcherà l'onda delle tendenze? Per quanto ancora i suoi capi ci faranno urlare al miracolo? Fino a quando Alessandro Michele sarà considerato un innovatore della moda? Nonostante apprezzi questa svolta del brand – che ormai è tutto tranne che Gucci – e molti capi sono nella mia wishlist, personalmente la mia risposta è "ancora per poco". Ma posso sbagliarmi. 


Cecilia 

Basta, avete trent'anni!

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Perché nel 2015 vedo ancora gente vestita di merda? Ma, soprattutto, perché nel 2015 ci sono dei trentenni che si vestono di merda?

Io capisco la moda, capisco i prezzi bassi di H&M e di Asos, e capisco benissimo quanto siano belli gli unicorni e gli arcobaleni, ma credo che, arrivati a una certa età, sia necessario mettere la testa a posto e crescere. 




Dopo l'ennesima foto su Instagram di una trentacinquenne con i calzettoni di American Apparel, ho pensato a tutti quei trend e quei capi che non posso più vedere e ho stilato una simpatica lista. Ecco tutta quella robaccia che dovete ridurre dal vostro guardaroba intorno ai ventotto anni, per poi eliminarla completamente una volta superati i trenta. 

Attenzione: purtroppo l'abbigliamento è un terreno scivoloso ed è difficile distinguere quando un cappello di Hello Kitty è indossato con ironia concettuale o seriamente. Nel dubbio, io condanno tutto per non fare discriminazioni sbagliate.



  • Basta t-shirts con slogan simpatici, avete trent'anni.
  • Basta calzettoni di American Apparel, avete trent'anni.
  • Basta maglioni kitsch natalizi, avete trent'anni.
  • Basta vestirsi da fricchettoni, avete trent'anni.
  • Basta bigiotteria di H&M, avete trent'anni.
  • Basta calzini colorati e fantasiosi in bella vista, avete trent'anni.
  • Basta beanie con scritte simpatiche, avete trent'anni.



  • Basta pattern con stelle, avete trent'anni.
  • Basta stampe brutte con animali, avete trent'anni.
  • Basta capelli di colori che non esistono in natura, avete trent'anni.
  • Basta Kefiah, avete trent'anni.
  • Basta calze strappate, avete trent'anni. 
  • Basta calze fantasia e colorate, avete trent'anni.



  • Basta calze a rete, avete trent'anni.
  • Basta Nails Art, avete trent'anni.
  • Basta bombetta, avete trent'anni.
  • Basta vestirsi da zoccola, avete trent'anni.
  • Basta Ray Ban colorati, avete trent'anni.
  • Basta leggings fantasia, avete trent'anni.



  • Basta braccialetti con charms, avete trent'anni.
  • Basta Pimkie, Bershka, Jennyfer, Brandy Melville, ecc…, avete trent'anni.
  • Basta brutte stampe con renne, pinguini, orsi polari, ecc…, avete trent'anni.
  • Basta brutto merchandising di Star Wars, avete trent'anni.
  • Basta magliette con gli emoji, avete trent'anni.
  • Basta unicorni e arcobaleni, avete trent'anni.
  • Basta pochette cartoon, avete trent'anni.



  • Basta poliestere, avete trent'anni.
  • Basta gonnapantalone, avete trent'anni.
  • Basta vestirsi mezze nude con -10 gradi, sperando che la gente vi scambi per norvegesi, avete trent'anni. 
  • Basta scarpe Mary Jane, avete trent'anni.
  • Basta biker boots con le borchie, avete trent'anni.



  • Basta truccarsi come Moira Orfei, avete trent'anni.
  • Basta pattern con cibo, avete trent'anni.
  • Basta Hello Kitty, avete trent'anni.
  • Basta décolletés con fantasie cartoon, avete trent'anni. 
  • Basta t-shirt di Zara di band punk, avete trent'anni.
  • Basta corona di fiori in testa, avete trent'anni.







Ovviamente la lista è lunga e piena di terrori, quindi verrà continuamente aggiornata ogni volta che una gallery di una serata su Facebook mi ricorderà altre brutture. 

Segnalazioni, opinioni e haters sono ben accetti, commentate qua sotto senza vergogna.


Cecilia

Amélie Pichard X Pamela Anderson

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Tutti a pensare alle Yeezy Boost, alle Yeezy Boost nere, a tutte le collaborazioni di Supreme, di Adidas, della Nike ecc.. che ogni volta sembrano le collezioni definitive, quelle senza le quali non potete vivere per poi scoprire che ne è uscita un'altra nuova e allora da capo a smaniare per avere quelle scarpe. 

Insomma, mentre eravamo tutti presi a monitorare le varie Capsule Collection del momento, ci è sfuggita LA collezione DEFINITIVA del 2015, ovvero:

AMÉLIE PICHARD X PAMELA ANDERSON SHOES COLLECTION



Se non sapete chi è Amélie Pichard quella è la porta perché non posso tollerare di avere lettori così ignoranti. Tuttavia, visto che è Natale – merda merda merda – e che dobbiamo essere tutti un po' più buoni, vi farò un piccolo recap:


Toro ascendete Ariete, Amélie Pichard è una presumibilmente francese designer di scarpe. Dopo il diploma in styling e model-making presso la Mod'Art di Parigi, dopo aver lavorato per alcuni pezzi grossi com Sonia Rykiel e Karine Arabian e dopo tante altre cose belle bla bla… nel 2010 realizza la sua prima collezione ufficiale American Girl per Bata. Altre cose belle bla bla… e nel 2011 lancia la sua linea di calzature AMELIEPICHARD con tre collezioni. E da allora la sua popolarità è andata aumentando. 

Io adoro Amélie Pichard. Pensate che l'anno scorso il suo sito aveva come sfondo alcune foto di Cicciolina, cioè come non amarla? Le sue scarpe e le sue borse – sì, ha iniziato anche a realizzare borse glitterate e pelosine – sono ispirate agli anni Ottanta e Settanta, prendono spunto dal cinema e dall'arte, il tutto condito da atmosfere girly e da un pizzico di erotismo d'altri tempi. Colori pop, materiali glossy e quel mood trash chic che ci piace tanto.
Avete mai visto i suoi lookbook? Bombette da Tumblr, scattati da Nicolas Coulomb.


FW 2015/16







Ebbene, Amélie Pichard ha di recente collaborato con il personaggio che forse, dopo Raffaella Carrà, incarna tutta la filosofia del mood: Pamela Anderson.



























La collaborazione ha dato origine a una collezione di scarpe che racchiude i tre interessi che accomuna le due donne: dieta vegan, i diritti per gli animali e le scarpe, of course. 
Sono nate allora delle scarpe 100% vegan che sembrano uscite direttamente dalla peggiore – in senso buono – scarpiera degli anni Novanta. Sabot, ciabatte da piscina, decolletes con frange e, immancabili, modelli in denim. Come se non bastasse, il 10% degli incassi saranno devoluti alla PETA. 






























La collezione sarà disponibile solo su Opening Ceremony da Gennaio 2016, ma nel mentre potete ammirare la campagna pubblicitaria scattata da David LaChapelle e iniziare a scegliere quale sarà il modello che comprerete. Per una giusta causa, eh.






























A questo punto, aspetto la collaborazione tra Amélie e Raffaella Carrà.



Cecilia 

2015 Trend: Frayed Jeans DIY

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Qualche settimana fa, su Highsnobiety ho letto un articolo suI 10 Trends Più Gettonati del 2015e, come era immaginabile, nella classifica troviamo anche i jeans shreddati. 

Pensavate che dopo il 2010 non avreste più dovuto sentire la parola shred e invece. Si sa, la moda è ciclica, quindi adesso ci tocca beccarci di nuovo la gente vestita da finto poveri. 

Se è vero che il denim non è più un trend stagionale, ma il trend senza tempo, è vero anche che quest'anno il jeans è stato uno dei protagonisti delle tendenze e che la sua versione "strappata"è tornata alla grande tra le persone #troppomoda.



Galeotto fu sempre quel Demna Gvasalia che ha dettato la maggior parte delle tendenze di questo 2015. Tra le tante cose, a lui dobbiamo il jeans sfrangiato che tanto ci piace.





Tutto molto amaaaazing, sogno proibito di molte di noi, must-have del momento e chissà fino a quanto. E poi ho pensato: ma hey!è una cazzata farli in casa!
Se ci pensate bene, sono solo i jeans che indossavate a quindici anni quando, da soli, vi tagliavate i pantaloni che erano troppo lunghi e a cui poi non avevate sbatta di farci l'orlo. True Story. Quanti jeans ho rovinato perché volevo fare la #troppopunk, ma poi non sapevo cucire e allora mia madre mi urlava contro in arabo perché uscivo di casa come una barbona.

Perfetto, grazie al nuovo trend dei Frayed Jeans anche voi potete rivivere il mio dramma adolescenziale ed essere trendy allo stesso tempo!


Per aiutarvi nell'impresa, ho trovato un articolo su Refinery29 che fa proprio al caso nostro. È una semplice guida per realizzare dei frayed jeans in casa in cinque steps e pochi strumenti del mestiere. 








Insomma, non perdete tempo e mettetevi subito a lavoro, che avete ancora tre giorni di tempo per sfoggiare il trend più gettonato del 2015.


Cecilia

I migliori post del 2015

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Ci siamo, è giunto il momento di tirare le somme di questo anno ormai giunto al termine. 
Le classifiche su I Migliori Dischi del… I Migliori Album del… Il Miglior Stilista del… Il Cazzo che me ne frega del 2015 hanno invaso ogni angolo del nostro spazio virtuale. 
Potevo forse essere da meno e non prendere parte al giochino più gettonato del momento? Ovviamente no. Ecco allora che, come ultimo post di questo 2015, vi beccate un non poco autoreferenziale:

I 5 POST PIÙ LETTI DEL 2015

Ovvero: i migliori post in assoluto che sicuramente vi hanno cambiato la vita durante l'anno.


5) GUIDA (PER UOMINI) ALLA MENSWEAR FW2015


Colgo l'occasione per ringraziare tutti gli uomini che mi leggono. Ciao amici siete pochi e timidi, ma so che ci siete.





Il momento più alto del mio impegno sociale nella comunità l'ho toccato con questa ricerca di costume tra gli umarells bolognesi. Ringrazio la mia collega e amica Beatrice Cassarini per avermi seguito in questa idea. E per aver fotografato dei gran vecchietti, of course.





E qui saluto i due profili Instagram che tutti voi dovreste seguire: 





Uno dei post di cui vado più fiera e che ha fatto divertire anche voi. Bravi, diffondiamo il verbo della Jessicona Nazionale.





E la risposta è ovvia: perché dovete seguire me. Visto che siamo in tema, vi ricordo anche il mio nickname: santa.cecilia. Mi dicono che sono bravina, quindi followatemi, dai.



Spero di avervi insegnato un po' di valori importanti e, soprattutto, come si sta al mondo in questi ultimi dodici mesi. Il prossimo anno cercherò di essere una persona più seria e matura, e una fashion blogger migliore con daily outfit su Instagram e consigli sulle borse da comprare #credeteci.

Come mi stanno dicendo tutti in questi giorni: allora, se non ci vediamo prima, buona fine e buon inizio!


Cecilia

Donatella Versace instagramma come noi

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È passato già un mese da quando la Donatellona ha debuttato su Instagram. Le aspettative erano alle stelle, grandi speranze avevo riposto sul profilo pubblico della signora e infatti non mi ha delusa.
Forse sto esagerando, ma non prendetemi per pazza se dico che la Donatella, se continua di questo passo, potrebbe arrivare ai livelli di Robertone Cavalli, che, come ben sapete, è il mio prefe su Instagram.



In soli trenta giorni la signora Versace ha capito come catturare l'amore dei followerz e i cuoricini della sottoscritta. Se pubblicasse più foto di animali e qualche scatto imbarazzante di vita vera volerebbe altissimo nell'Olimpo dei Top del Top dell'Instagram. Ma diamole tempo, ha ancora molto da imparare. 

Intanto, gli ingredienti vincenti ci sono tutti: un cane che fa sempre Like, foto vintage con vipz, pose di legno e tanto sfarzo che ci ricorda quanto siamo poveri. Se avete sempre seguito la filosofia di vita Al Ristorante ordina quello che ordinerebbe Donatella Versace, adesso potete aggiungere Instagramma come Instagrammerebbe Donatella Versace.

Ecco allora che in un solo mese Donatella Versace ha messo in campo quasi tutti i cliché dell'Instagram. Insomma, fa tutto quello che fate voi, ma meglio. 



Foto con brindisi per lo scoccare della mezzanotte del 31 Dicembre: fatto.



Cane con albero di Natale: fatto.



Foto con albero di Natale + cane: fatto.



Foto sulla neve (finta): fatto.



Foto in aereo mentre fate finta di leggere: fatto.



Cane: fatto.



Mazzo di fiori + salotto di casa vostra: fatto.


























Foto di serate pazze con la vostra local gang: fatto.



Selfie con amica: fatto.



Scatto rubato mentre siete al cellulare: fatto.



























Foto con la bff: fatto.



















Foto "new shoes/new baby"fatto.




























Foto con parenti: fatto.


























Foto "at work": fatto.



 Foto "#tb with my mega babes": fatto



Dopo questa breve carrellata, possiamo constatare che a Donatella mancano solo:

- le foto soft porno
- le foto del cibo – o forse non mangia e si nutre solo del profumo delle banconote da 500?
- le foto ai piedi dall'alto
- selfie allo specchio 
- foto "tette"
- foto in piscina/mare
- foto di culo… di schiena davanti a un paesaggio mozzafiato
- foto ritoccate male
- foto #MoltoTumblr
- selfie mentre dorme (per finta)

Dony hai ancora tempo per recuperare le tue lacune. Io credo in te. Tvb.


Cecilia

Le migliori sbronze di Kate Moss in meme

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Ieri, 16 Gennaio, era il compleanno di Kate Moss. Tuttavia, era sabato e quindi nessuno si è preso la briga di festeggiarla con i giusti tributi. Lei sicuramente avrà festeggiato come Dio comanda, ma voi? Voi come avete reso omaggio alla modella più top di sempre, eh? Cosa avete fatto ieri per gioire del suo  quarantaduesimo compleanno? Cosa, eh, cosa avete fatto? Ve lo dico io: niente.
Rega, nemmeno un meme su Kate Moss è apparso sulla mia bacheca Facebook, nemmeno su Twitter avete speso 140 caratteri per lei. Vergognatevi.
Fortuna che ci sono io che sono una bella persona e colmerò questa grave lacuna, espiando anche le vostre colpe. 


Visto che stiamo parlando di Kate Moss e visto che è domenica mattina, ho pensato che il modo migliore per festeggiare la top model, e farvi passare piacevolmente dieci minuti di hangover, potesse solo essere quello di regalarvi – a voi e a lei – una bella carrellata delle sue migliori foto da #troppowasted

Ma non è finita qui. Visto il successo del post su Jessica Fletcher Parla come Noi su Twitter, ho realizzato qualche memes sulla Moss perché, cioè, la Signora in Giallo sì e lei no? Come sempre, fatene buon uso.

Tanti auguri (in ritardo) Kate e buon hangover a voi.











Work in progress



Cecilia

Menswear per signorine

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Settimane della Moda Uomo e tutte noi buuuhh… vogliamo vede' i vestiti per noi! Vogliamo vede' le gonne di Prada, noi vogliamo gli orecchini di Célinee… datece le nuove collezioni… eccetera.

Ma cosa dite? 

Allora, a parte il fatto che: 
1) la Moda Uomo è interessante e da qualche anno ha conquistato sempre più interesse mediatico e bla bla bla; 
2) ci sono un sacco di bei modelli minorenni di poter guardare; 
3) ma soprattutto: ma chi vi ha detto che la Moda Uomo non può essere anche per noi?


foto @ Versace via NSSMag.com

E infatti ogni volta, puntualmente, mi ritrovo a scrollare le gallerie delle sfilate maschili desiderando che qualche capo fosse per noi femminucce. A volte, mentre sono sola in casa, illuminata solo dalla fredda luce dello schermo del Mac, mi piace immaginare che ciò che mi piace su Nowfashion.com improvvisamente, diventa mio. Una specie di carrello per lo shopping mentale che ti spedisce i capi scelti direttamente nel tuo armadio, ma senza spendere cash e senza lo sbatti delle spedizioni, così, per magia. Ecco, spesso, questo giochino tanto fantasioso quanto triste, lo faccio anche con le collezioni maschili.

Che poi, siamo nel 2016, le barriere tra maschile e femminile mi sembrano allegramente abbattute, soprattutto nella moda, quindi perché non possiamo indossare gli abiti realizzati per gli uomini? Ma soprattutto, PERCHÉ ALCUNE, MOLTE COSE PER UOMINI SONO PIÙ FIGHE DI QUELLE FEMMINILI? PERCHÉ GLI UOMINI SI STANNO VESTENDO SEMPRE PIÙ MEGLIO DI NOI? 

Non lo so, ma mi piacerebbe molto approfondire la questione. Ma, purtroppo per voi, ho una vita, poco interessante e a tratti noiosa, ma è comunque una vita che non mi permette di passare l'intera giornata qui a scrivere e farneticare da sola – sig sob. 

Dunque, solo per questa volta, fermiamoci ai vestiti. Per il resto, ai posteri l'ardua sentenza.


PIGALLE FW 2016


La review recita: sportswear sensuale. E io aggiungerei che è anche un tripudio di femminilità. Colori pastello, tessuti cangianti e materiali soffici soffici che renderebbero tenero anche il più rude degli uomini. Perfetto esempio dell'inflazionata espressione "quando il guardaroba di lui incontra quello di lei". Esatto, ma in questo caso il sodalizio è intelligente – nei capi, nei tagli, nella palette – e non banale. Insomma, niente gonna plissettata sul modello e maglie rosa attillate. E poi, vogliamo parlare di quel cappottino rosa? Metto subito nella wishlist.



GUCCI FW 2016


Ok, conoscete già la mia opinione su Gucci – per chi avesse poca memoria. E devo ammettere che il nuovo Gucci lo preferisco per la linea maschile. Chiudete gli occhi, allungate la mano e prendete una qualunque cosa a caso dall'ultima collezione menswear di Gucci: scommetto che andrà benissimo per il vostro guardaroba. Questo perché ad Alessandro Michele piace giocare con i generi. E a noi va benissimo così, visto i risultati. Tuttavia, se ancora non siete pronte al look androgino da completo maschile, di sicuro non potete dire di no a quella pelliccia fatta di nuvola e panna montata, e nemmeno al bomber rosa con ricami. Metto in wishlist?



N. 21 FW 2016 


Ho sempre pensato che Alessandro dell'Acqua fosse dotato di una poetica estetica che pochi altri hanno. Idee chiare e ben realizzate, semplicità e femminilità, anche quando si tratta di portare in passerella delle giacche militari, Dell'Acqua riesce sempre a realizzare una femminilità sobria, mai stucchevole. Ecco, questa sua capacità emerge anche per la linea maschile. Una collezione raffinata e "femminile" in senso lato del termine, che appare in controluce nei dettagli, nei tessuti e nei colori utilizzati. Detto questo, io darei un rene per quel cappotto maculato. 



DOLCE & GABBANA FW 2016



Sono ormai anni che gli stilisti Dolce e Gabbana sembrano aver trovato la ricetta vincente per il loro brand, ovvero la sicilianità come fil rouge delle loro collezioni. Mai decisione fu così azzeccata, secondo me. Dunque, ogni stagione il duo interpreta la tradizione della loro terra in chiavi sempre diverse: questa volta è toccato al Western incontrare l'immaginario siciliano. Impossibile, ma vero, anche in questo tripudio di mascolinità e muscoli, ho trovato qualcosa che potremmo desiderare anche noi: denim con ricami. 



VERSACE FW 2016


Glaciali uomini futuristici dallo spiccato senso del gusto. Gli uomini di Donatella Versace indossano completi da business man nei toni del viola, morbidissimo maglioni color pastello e perfino borse bauletto in plastica rosa. Il loro aspetto austero non ci scoraggia dal trovare qualcosa nel loro guardaroba che potremmo voler indossare, come i maglioni qua sopra ad esempio. 




J.W. ANDERSON FW 2016


Lo stilista ha ormai fatto della contaminazione di genere il suo biglietto da visita. Il suo ultimo lavoro – presentato in streaming sull'app Grindr – sviluppa il concetto di velocità e si interroga sui ritmi frenetici della nostra cultura. Dovute presentazioni a parte, la collezione è una fantasia distorta di lumachine, soffici nuvole e stampe disneiane che ben si adeguano allo stile urban-sperimentale del brand. Ma tutto questo non mi impedisce di trovare qualcosa che vorrei indossare anch'io, come i cardigan oversize e qualche pelliccia. Ma anche sugli accessori ci farei un pensierino. 



KTZ FW 2016


Difficile catalogare il lavoro dello stilista Marjan Pejoski. Più che modelli, sembra far scendere in passerella veri gruppi sociale ogni volta diversi. Questa stagione è il turno degli sportivi, come quelli dei college americani, i quarterback del liceo oppure i campioni del baseball che infiammano le tribune. In tutto questo tripudio di divise e tute da corsa, io ho adocchiato questi due capispalla: un po' squadra di calcio, un po' Iodosan, ma comunque da aggiungere alla wishlist. 



AU JOUR LE JOUR FW 2016


Ecco, la collezione Au Jour Le Jour è particolarmente indicata per quegli uomini eterni giovani senza cura, i Peter Pan che non vogliono crescere, magari di segno zodiacale Cancro. Ciò non vuol dire che anche noi non possiamo apprezzare la bellezza di qualche toppa infantile sulla giacca in denim oppure di un bomber con pennacchi colorati. A buon intenditor poche parole.



RAF SIMONS FW 2016


Una collezione da toni cupi quella di Raf Simons, che attinge all'immaginario scolastico e che ricorda Maison Martin Margiela– o vuole essere un omaggio? I capi sono scuciti, logori, sono indossati "a strati" caotici e, soprattutto, sono over che più over non si può. E visto che noi donzelle siamo amanti dei capi fuori taglia, quelli che ci stanno enormi, ma che ci ostiniamo a indossare, la collezione maschile di Raf Simons sembra offrire qualcosa anche a noi. 



Adesso, oltre a piangere davanti alle collezioni di Prada che non potremmo mai avere, ci tocca disperarci anche con quelle Uomo di Prada. Che vita triste, che destino crudele.


Cecilia

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